La Dottrina della Ragione: differenze tra le versioni

Da La DOTTRINA della RAGIONE.
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<u>'''La Suprema ricerca dell’arte'''</u> (1975 - 2012) ha completato la “Conoscenza generale della Natura” da cui si estrae questa dottrina e ha fuso insieme, nell’<u>''''''Io puro e assoluto'''''</u> dell'uomo, l’'''''Io puro''''' soggettivo della ragione pienamente consapevole di sé per essersi identificata alla coscienza (Dio) e l’assoluto spaziotempo oggettivo della fisica (“dio”), testimoniato da ogni “particella” elementare di Energia.  
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<u>'''La Suprema ricerca dell’arte'''</u> (1975 - 2012) ha completato la “Conoscenza generale della Natura” da cui si estrae questa dottrina e ha fuso insieme, nell’<u>''''''Io puro e assoluto'''''</u> dell'uomo, l’'''''Io puro''''' soggettivo della ragione pienamente consapevole di sé per essersi identificata alla Coscienza (Dio) e l’'''assoluto''' spaziotempo oggettivo della fisica (“dio”), testimoniato da ogni “quanto” di Energia.  
  
 
L’''Io puro e assoluto'' dalla “I” maiuscola che spezza la “cattiva infinità” dell’io assoluto di Hegel, è il frutto di un movimento “dialettico/rappresentativo” triadico che si manifesta dopo che il ''principio immateriale dell’Energia'' e lo spaziotempo relativo  scoperto da Albert Einstein entrano a far parte della creatività di un artista, studente in architettura il quale ha una la consapevolezza che l’'''''assoluto''''' dell’Energia, “dio” o “coscienza fisica”, può essere disegnato e reso visibile all’io impuro della ragione indagando rappresentativamente l’assoluto soggettivo: l’Io puro del Pensiero (Dio) della coscienza umana, unica realtà manifesta nel mondo dei sensi. Le due increate coscienze, “dio” (assoluto) e Dio (Io puro), fonti inesauribili di conoscenza diventano l’approdo, la meta ambita della creativa e purificata ragione.
 
L’''Io puro e assoluto'' dalla “I” maiuscola che spezza la “cattiva infinità” dell’io assoluto di Hegel, è il frutto di un movimento “dialettico/rappresentativo” triadico che si manifesta dopo che il ''principio immateriale dell’Energia'' e lo spaziotempo relativo  scoperto da Albert Einstein entrano a far parte della creatività di un artista, studente in architettura il quale ha una la consapevolezza che l’'''''assoluto''''' dell’Energia, “dio” o “coscienza fisica”, può essere disegnato e reso visibile all’io impuro della ragione indagando rappresentativamente l’assoluto soggettivo: l’Io puro del Pensiero (Dio) della coscienza umana, unica realtà manifesta nel mondo dei sensi. Le due increate coscienze, “dio” (assoluto) e Dio (Io puro), fonti inesauribili di conoscenza diventano l’approdo, la meta ambita della creativa e purificata ragione.
  
In sintesi: nell'universo fisico <u>''“dio” dell’Energia''</u> è il ''reale'', è il principio immateriale rappresentativo causale/finalistico, testimoniato dalle incommensurabili “particelle” elementari (l’Uno diviso nell'incommensurabile molteplice) che configurano il ''relativo apparente'' della natura visibile dalla quale sorge l’intelletto umano.
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In sintesi: nell'universo fisico <u>''“dio” dell’Energia''</u> è il ''reale'', è l’assoluto, il principio immateriale causale/finalistico, testimoniato dalle incommensurabili “particelle”, è l’Uno che divenendo nel molteplice configura il ''relativo apparente'' della natura visibile dalla quale sorge l’intelletto umano.
 
   
 
   
Nell'intelletto esistono, il <u>''Pensiero puro''</u> o principio oggettivo etico/estetico testimoniato dalla '''coscienza''' umana (''Io puro'') e il <u>''Pensiero impuro''</u> o principio soggettivo espresso dalla '''ragione''' (io impuro) vincolata all’organo della vista, la quale, per esprimere certezze attraverso la parola e il verbo deve guardare e conoscere tutto lo spaziotempo visibile e invisibile naturale, anche quello assoluto.
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Nell'intelletto esistono, il <u>''Pensiero puro''</u> o principio oggettivo etico/estetico testimoniato dalla '''Coscienza''' umana (''Io puro'') e il <u>''Pensiero impuro''</u> o principio soggettivo espresso dalla '''ragione''' (io impuro) vincolata all’organo della vista, la quale, per esprimere certezze attraverso la parola e il verbo deve guardare e conoscere tutto lo spaziotempo visibile e invisibile naturale, anche quello assoluto.
  
C’è sempre una prima ragione! La ragion pratica soggettiva di un artista dall’<u>'''io impuro'''</u>, osserva l’''apparente materialità'' della natura visibile configurata dall’''assoluto dell’Energia'', <u>'''si oppone a sé'''</u> e all’apparente natura osservata, rappresenta l’''assoluto dell’Energia'', rivela e si identifica all’''Io puro del Pensiero'' della coscienza oggettiva, e <u>'''ritorna in sé'''</u> arricchita consapevole di esprimere, attraverso l’uomo reale del terzo millennio, l’'''''Io dall’Amore assoluto'''''.  
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C’è sempre una prima ragione! La ragion pratica di un artista dall’<u>'''io impuro'''</u>, osserva l’''apparente materialità'' della natura visibile configurata dall’''assoluto dell’Energia'', <u>'''si oppone a sé'''</u> e all’apparente natura osservata, rappresenta l’''assoluto'', rivela e si identifica all’''Io puro del Pensiero'' della Coscienza e <u>'''ritorna in sé'''</u> arricchita consapevole di esprimere, attraverso l’uomo reale del terzo millennio, l’'''''Io dall’Amore assoluto'''''.  
  
Identificata la ragione con la coscienza, tutto è piena consapevolezza.
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Identificata la ragione con la coscienza, tutto è piena consapevolezza: tutto è ragione.
  
 
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L’uomo, infatti, per determinare la sua storia con l’''Io assoluto'' dalla “I” maiuscola, deve chiudere il percorso della '''''filosofia dialettica espressiva''''' che si fonda sul dialogo apparente tra ''ragione impura'', fenomeno e storia e aprire il percorso alla '''''filosofia dialettica rappresentativa''''' e, quindi, visiva dell’arte che si fonda sul dialogo reale tra la ''ragione pura'' e le due coscienze rivelate dal sapere sicuro (“dio” e Dio).  
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L’uomo, infatti, per determinare la sua storia con l’''Io assoluto'' dalla “I” maiuscola, deve chiudere il percorso della '''''filosofia dialettica espressiva''''' che si fonda sul dialogo apparente tra ''ragione impura'', fenomeno e storia e aprire il percorso alla '''''filosofia dialettica rappresentativa''''' e, quindi, visiva dell’arte che si fonda sul dialogo reale tra la ''ragione purificata'' e le due coscienze rivelate dal sapere sicuro (“dio” e Dio).  
Questo incessante dialogo è l’unica via per spezzare la “cattiva infinità” del ''divenire relativo'' dell’io apparentemente assoluto e miseramente titano di Hegel, occupato a risolvere la crescente e paradossale complessità del vivere; è l’unica via e per oggettivare la storia dell’uomo interrogando l’''assoluto Io puro'' del Pensiero.  
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Questo incessante dialogo è l’unica via per spezzare la “cattiva infinità” del ''divenire relativo'' dell’io apparentemente assoluto e miseramente titano di Hegel, occupato a risolvere la crescente e paradossale complessità del vivere; l’unica via e per oggettivare la storia dell’uomo è interrogare l’''assoluto dell’Energia e Io puro'' del Pensiero.  
L’io soggettivo, ha smesso di produrre il non-io che alimenta la complessità e il degrado della storia la quale sfocerà nell’ultima ''“sintesi chiusa”'': nel divenire de “Lo Stato provvidente” in cui ogni uomo è felice ed è assolutamente libero di agire e di pensare.
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L’io soggettivo, ha smesso di produrre il non-io che alimenta la complessità e il degrado della storia la quale sfocerà nell’ultima ''“sintesi chiusa”'': nel divenire de '''“Lo Stato provvidente”''' in cui ogni uomo è felice ed è assolutamente libero di agire e di pensare.
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Versione delle 04:23, 17 apr 2017

“La DOTTRINA della RAGIONE”
Tutte le risposte alle domande che riguardano l’assoluto dell’Energia (“dio”) e l’Io puro del Pensiero (Dio).


Indice

Il titolo, “La Dottrina della Ragione”, dato a questo sito indica specificatamente il percorso intellettuale visibile da seguire per indottrinare la ragione all’Io puro e assoluto: all’unione tra soggetto e “oggetto”, tra mente e natura. Questo percorso disegnato, con il quale la ragione osserva, riflette e si esprime, è stato tracciato dall’arte.


L’arte, può sembrare incredibile, risolvendo il dualismo corpuscolo/onda della meccanica quantistica, ha scoperto e rappresentato lo spaziotempo assoluto, l’“oggetto" che fonda l’universo, tassello mancante per completare La Conoscenza Generale della Natura e convertire in Paradiso l’Inferno in cui l’uomo è caduto.


A quanto si illustra si possono assegnare altri titoli magnifici, come: “Teoria unificatrice delle cinque vie de La Conoscenza artistica, fisica, filosofica, teologica e architettonica”; oppure “La scoperta dello spaziotempo assoluto della fisica”; a seguire, “Scoperto l’increato “dio” dell’Energia e rivelato l’increato Dio del Pensiero” e tanti altri titoli deducibili dallo stesso trattato.


Anche se il titolo, “la Dottrina della ragione”, può apparire ambizioso, sicuramente è il più umile; ma, il sano ambire è complementare all’umiltà tipica dei veri artisti, pronti a superare fatiche inesprimibili pur di raggiungere obiettivi godibili da tutti e che appaiono ambiziosi a chi umile non è. Di certo l’arte, la cenerentola delle tre sorelle, che con umiltà e senza danni, si è emancipata sino a rappresentare l’“amore assoluto”, già siede da regina sul trono de La Conoscenza ed è la prima a narrare il percorso visivo a ritroso che unisce l’uomo al “dio” dell'Energia e al Dio del Pensiero.


L’arte, che ha evoluto, con la sensibilità degli artisti e architetti, la storia delle civiltà, alla fine del ‘900, fatte proprie le due ultime scoperte della scienza fisica lo SPAZIOTEMPO unificato e l'ENERGIA che lo configura, ha abdicato la sua attività estetica per assumere il più arduo dei suoi compiti quello di dare soluzione all’insostenibile irrazionalità umana disegnando non l’apparente visibile della natura, né l’immaginario della mente ma, il reale invisibile che configura l’universo, coincidente con l’Assoluto della filosofia, la forma dell'arte e dell’architettura, lo spaziotempo assoluto della fisica, "dio" della teologia naturale, "padre" e dell’universo.


Ebbene, autore di questo sito, con la forma dello spaziotempo assoluto testimoniato da ogni “quanto” , da ogni “particella” elementare, ha rappresentato l’increato "dio" (non creato dall'esterno) fonte primigenia indifferenziata di ogni rappresentazione visibile e invisibile, e perciò di ogni via espressiva de La Conoscenza.


    • Questa dottrina che narra del "pensiero" increato dell'ENERGIA attraverso l'"energia" creativa del PENSIERO ha valore sicuro perché si fonda sulla traduzione lessicale, ìn PENSIERO, PAROLA e VERBO, delle entità che rappresentano l'universo visibile e invisibile: l’ENERGIA, lo SPAZIO e il TEMPO.


La Conoscenza ha inizio con la ragione che osserva l’esteriorità degli oggetti, senza comprendere cosa li rappresenta e come; poi la ragione dello scienziato, costretta a oltrepassare il limite della visione, inizia il percorso inverso de La Conoscenza che dal mediamente grande dell’universo, porta al limitatamente piccolo, scopre così che alla base di ogni “oggetto” e di ogni fenomeno c’è un’entità invisibile affine al PENSIERO: l’ENERGIA costantemente in moto, che rappresenta ogni SPAZIO, modellandolo con il TEMPO sempre-presente della testimonianza. Superata la visione, per ragionare correttamente su un “oggetto” o un fenomeno invisibile occorre prima renderlo visibile, cioè conoscere come l’ENERGIA lo rappresenta attraverso lo SPAZIOTEMPO, e poi capire cosa esprime e perché esiste; quindi, per conoscere cosa fonda l'universo e ragionare su di esso, occorre rendere visibili le entità naturali ENERGIA, SPAZIO e TEMPO e si può soltanto con la rappresentazione.


Esiste, dunque, la via semplice della conoscenza, quella visiva della rappresentazione scaturita dall'arte che ha aggiunto, ai due livelli di conoscenza acquisita visiva e relativa, il terzo: quella assoluta di "dio" quantico.

L’uomo artista per estendere creativamente la bellezza della natura visibile e vivere felicemente la sua irripetibile esperienza di vita ha sempre desiderato osservare, conoscere i principi rappresentativi naturali. A questa esigenza estetica si è aggiunta l'urgenza etica che all’inizio del terzo millennio è diventata di vitale necessità; "dio" della teologia naturale è il reale e l’uomo sarebbe rimasto apparente e irrazionale, con il pericolo di alienare la sua esistenza, se non avesse conosciuto l’immagine, il “pensiero vibrante" di suo "padre", il massimo della razionalità rappresentativa e, quindi, dell'emozionalità espressiva.


Ogni uomo attraverso la via semplice della rappresentazione può, finalmente, osservare e conoscere l’invisibile spaziotempo assoluto dell'Energia ("dio"), rivelare lo spaziotempo puro del Pensiero (Dio) che lo ispira a personificare l’uomo reale del terzo millennio, giustiziere dei peccati nati dall'ignoranza di non conoscere il “dio” "oggetto" o "coscienza fisica" che tutto configura, unifica e spiega e il Dio oggettivo dell'intelletto o Coscienza umana ovvero l'amico amorevole e fedele della ragione umana Torna su





Introduzione


Per facilitare l’apprendimento di questo percorso rappresentativo occorre ricordare com’è nata la ragione , come l’uomo ha concepito la separazione intellettuale del ‘tempo’ dallo ‘spazio’ e alcune conoscenze del comune buonsenso già acquisite dalla scienza fisica che ancora sfuggono alla nostra limitata ragione. Tutti gli uomini della terra dimenticano che cos’è la visione, la sua funzione e il suo campo di azione; anche fisici, filosofi e studiosi non riconoscono lo spaziotempo che scrutano, il sempre-presente che esso testimonia e soprattutto non riconoscono nel paradosso ENERGIA = PENSIERO nato ricercando la «particella di dio» durante la sperimentazione strumentale dell’Energia il Principio dell’esatta conoscenza. L’esatta comprensione di queste conoscenze consente all’uomo del terzo millennio di riflettere e inoltrarsi in questo percorso rappresentativo dell’invisibile che approda a La scoperta dello spaziotempo assoluto.


- la nascita della ragione -

All’origine l’uomo era corpo, mente e natura insieme cioè istinto. Poi, con un “gioco” alterno con l’ambiente, ha separato la mente dalla natura. Questa separazione, che identifica il peccato originale della teologia cristiana, ha determinato la nascita della ragione limitata al senso della vista, un passaggio obbligato e fondamentale per l’uomo, che deciderà di conoscere la natura in tutti i suoi aspetti. La natura in sé è soltanto corporeità e non può indagare se stessa; la mente, invece, posta fuori dalla natura e quindi dal corpo, si stupisce della stessa natura e desidera conoscerla. Lo stupore verso la natura, quindi, è all’origine della separazione tra corpo e mente; infatti, agli albori dell’uomo sapiens quello bestiale, sotto lo stupore dei sensi, è scosso da smanie improvvise; nulla potrebbe sollevarlo dall’animalità, se la sua stessa natura non gli offrisse il modo di ricordare le sue rudimentali esperienze. Si sviluppa così nell’uomo bestiale l’encefalo plastico sede dell’intelletto.

Con l’encefalo plastico l’Energia si converte in Pensiero.

Con le esperienze innate e acquisite riferite all’ambiente si dilatano i ricordi e le percezioni simboliche riferite allo spaziotempo che configura gli “oggetti” naturali o creati, manifestano il loro inconsapevole significato; nascono, così, le prime emozioni, rudimentali sensazioni e primitivi sentimenti. L’uomo bestiale, nel suo ambiente, manifesta inevitabilmente e senza volontà l’autoregolamentazione di tutte le esperienze, innate e acquisite, e di tutte le percezioni; nasce nel primitivo intelletto, insieme alla ragione espressiva della parola e del verbo, la Coscienza' rappresentatrice simbolica dello spaziotempo.

La coscienza è natura increata (non-creata dall’esterno) riferendosi all’ambiente e ai suoi oggetti evolve con le simboliche percezioni spaziotemporali (immagini) le emozioni dell’Essere, sensazioni e sentimenti e la sfuggente idea pura dell’Amore e della Bellezza.
La ragione è mente creativa, ingannata dall’inevitabile illusione visiva, evolve, le sue esperienze separando il ‘tempo’ dallo ‘spazio’ e, facendo coincidere lo ‘spazio’ rappresentato dall’“oggetto” con la parola per distinguerlo e il ‘tempo’ con il verbo della sua funzione, evolve il lessico del Divenire e fa muovere i primi passi a La Conoscenza.

L’uomo con il suo intelletto è solo, creatore nell’increato universo; ma l’impervio viaggio della ragione lo riporterà al punto di partenza, là dove la separazione tra natura (“dio”) e mente (uomo) era iniziata.


- La separazione intellettuale del ‘tempo’ dallo ‘spazio’ –

L’origine della separazione intellettuale del ‘tempo’ dallo ‘spazio’ coincide con la separazione della mente dal corpo. Su un sistema in moto nell’universo come la Terra, “viaggiano” altri oggetti naturali, il rapporto tra la velocità del pianeta e quella degli oggetti naturali posti su di essa è uguale a zero; ciò è tipico dei sistemi inerziali su cui non si avverte da fermo nessun movimento. Nell’illusione dei sensi, l’uomo dimentico dello spaziotempo interiore sempre-presente della Coscienza, riferendo il '‘tempo’ esteriore della ragione al moto della nostra stella lo separa dallo ‘spazio’ e lo fa scorrere in esso liberamente in tutte le direzioni secondo un passato che non c’è più, un presente che è solo adesso, e un futuro che non c’è ancora. Quando la mente non si separa dal corpo, anche lo spaziotempo non si separa e si testimonia la naturalità: tutti gli esseri viventi animali vivono istintivamente lo spaziotempo sempre-presente consumando energia pari alla durata (‘tempo’) della loro azione coincidente con la distanza (‘spazio’). Ciò certifica che il comportamento di tutte le specie animali segue istintivamente le percezioni visive (esperienze simboliche) derivate dallo spaziotempo rappresentato da altri esseri viventi e dall’ambiente in cui le stesse specie vivono, quindi, non ci si deve meravigliare se sono le emozioni a guidare, senza ragionamento, l’istinto animale di ogni specie. L’uomo invece, che ha separato il ‘tempo’ dallo ‘spazio’, assopisce l’emozionalità istintivamente legata alla percezione della coscienza e con ragionata esperienza può dosare la sua energia misurando lo ‘spazio’ che percorre in tutte le direzioni con un lasso di ‘tempo’ a lui gradito. Con la separazione intellettuale del ‘tempo’ dallo ‘spazio’ l’uomo domina la natura ma non sarà felice; pur essendo più debole di altre specie animali, può attuare strategie, dosando la sua energia riferendola a istanti sempre uguali scanditi dal tempo spazializzato degli orologi.


- La visione -

Senza la visione esisterebbero universi bui; la luce caratterizzata da un’ampiezza limitata di onde elettromagnetiche pur esistendo non è percepita, il sole non brilla, la luna non riflette, il pianeta Terra si potrebbe immaginare pieno di organismi vegetali e animali adattati all’oscurità assoluta, incapaci di evolvere la bellezza e, quindi, La Conoscenza. Così non è! Sul pianeta Terra con la comparsa dei primi organismi pluricellulari semplici che hanno evoluto i successivi tre regni pluricellulari complessi tra cui quello animale, alcune cellule foto sensibili captano quella ristretta ampiezza di onde elettromagnetiche che caratterizzano la luce bianca diretta e riflessa. Con il regno animale si evolve quel meraviglioso “meccanismo” dell’organo della vista: l’occhio. Le onde elettromagnetiche della luce del sole, percepite dall’occhio animale illuminano il giorno e quelle riflesse della luna illuminano la notte. L’occhio animale ha diviso il buio dalle tenebre ma nonostante ciò l’universo resterà invisibile e inesistente sino al sorgere dell’occhio umano, quello intellettivo de La Conoscenza che lo osserverà, lo comprenderà, lo racconterà e lo farà esistere in tutta la sua bellezza.

- La visione è la capacità dell’organismo vivente animale di percepire attraverso l’organo della vista quella ristretta ampiezza di onde dello spettro elettromagnetico che caratterizzano la luce diretta e riflessa dagli “oggetti” visibili.
- La funzione della visione è di far percepire e distinguere, attraverso le onde elettromagnetiche della luce riflessa viaggiante nei volumi meno densi di Energia (“vuoti”), i volumi molto densi di Energia che configurano gli “oggetti” naturali e tutti gli organismi viventi (“pieni”).
- Il campo di azione della visione è rappresentato dai volumi, dalle superfici e dai segni che, riflettendo la luce cromatica, distinguono l’“oggetto” naturale dallo sfondo, il “pieno” dal “vuoto”.

È l’occhio animale che divide, attraverso la luce riflessa, l’apparente “vuoto” dell’increato spaziotempo relativo meno denso di Energia, dall’apparente “pieno” dell’increato spaziotempo relativo più denso di Energia configurante gli “oggetti” fisici e tutti gli organismi viventi rappresentati internamente, quindi, increati, da incommensurabili “quanti” di Energia. L’uomo deve definitivamente comprende che con il senso della vista percepisce, secondo una ristretta ampiezza di onde elettromagnetiche, la luce riflessa dell’increato e apparente spaziotempo relativo che configura “oggetti” come pietre e montagne, oceani e laghi e tutti gli organismi viventi vegetali e animali, quindi, non osserva l’increato e reale spaziotempo assoluto ancora da scoprire. Ciò che si osserva in natura non è il reale ma ciò che appare di esso; ciò che si osserva, quindi, non è la realtà ma, ciò che immagina e costruisce la nostra mente. L’uomo ancora non vede e non può conoscere il reale invisibile coincidente con la forma dell’arte e dell’architettura, l’‘Assoluto’ della filosofia, lo spaziotempo assoluto della fisica quantistica, “dio” della teologia naturale. L’uomo ancora non riflette e si lascia ingannare dal suo senso della vista e dalla sua stessa ignoranza!


- Spaziotempo increato e creativo -

Lo studio delle “particelle” o “quanti” di Energia che configurano tutti gli atomi esistenti in natura dà l’opportunità di riflettere sul loro movimento rotazionale. Nel movimento rotazionale dei “quanti” negli atomi e dei pianeti riferiti a dei centri orbitali, non esiste il tempo del primo e del dopo; in assenza di eventi causali, in natura esiste soltanto lo spazio finito modellato dal tempo infinito della testimonianza: lo SPAZIOTEMPO relativo sempre-presente dell’esistenza. I “quanti” di Energia e le loro interazioni elettromagnetiche, configurano dagli atomi all’intero universo e tutti gli organismi viventi vegetali e animali. Con la chimica inorganica e organica a un singolo atomo si aggiunge il secondo, ai due atomi si aggiunge il terzo, il quarto … e, allo scheletro carbonioso dell’atomo di carbonio, se ne aggiunge tanti, quanti sono necessari a originare la vita.


Spaziotempo increato (non creato dall’esterno, nato spontaneamente) è quello geodetico o sferico dell’atomo configurato dal «primo motore» dell’universo (“quanti”), viaggianti a velocità prossima a quella della luce; spaziotempo increato è quello geodetico o sferico denso di incommensurabili atomi che rappresenta soli, lune, pianeti e galassie del nostro universo; spaziotempo increato è quello delle molecole e biomolecole costituite da più atomi; spaziotempo increato è quello che configura ogni organismo vivente animale e vegetale in ogni sua parte interna e in ogni particolare esterno; spaziotempo increato pieno di Energia è la montagna, un sasso, un albero, le sue foglie, ogni petalo di rosa; spaziotempo increato è la bella superficie di un corpo femminile e i segni che caratterizzano il suo sorriso. Spaziotempo increato, non creato dall’esterno, è tutto ciò che è nell’universo; ciò che non si rappresenta attraverso lo spaziotempo increato non esiste in natura, può sussistere soltanto perché ideato dal Pensiero della ragione limitata e illusa dal senso della vista come lo “spazio” privo della testimonianza del “tempo”.

Spaziotempo increato pieno di Energia è tutto ciò che è a noi visibile e invisibile!

Spaziotempo increato è anche quello che interconnette tutto ciò che è stato menzionato. Lo spaziotempo di interconnessione planetaria e intergalattica, apparentemente vuoto, è modellato dall’energia magnetica/gravitazionale emanata dalle varie masse di atomi (astri) esistenti nell’universo; in questo spaziotempo trova riscontro la fascinosa “teoria della relatività generale” di Albert Einstein la quale certifica che un corpo “celeste” denso di Energia produce l’effetto di curvare lo spaziotempo che lo circonda e, poiché lo spazio non può essere mai separato dal tempo, anche il tempo è influenzato dallo spazio curvo e scorre in esso con ritmi differenti in punti diversi dell’universo. Occorre, quindi, distinguere lo spaziotempo denso di Energia, il “pieno”, dallo spaziotempo meno denso di Energia, l’apparente “vuoto” e iniziare a prendere, responsabilmente, distanza da ciò che non esiste in natura: lo “spazio” vuoto di contenuti separato dal “tempo” privo di emozioni, ideati dall’uomo.


L’universo e tutto ciò che in esso esiste è spaziotempo increato configurato internamente da incommensurabili “quanti” e dalle loro interazioni.
Nell’universo esistono tre livelli di spaziotempo increato quello assoluto del «primo motore» testimoniato dagli stessi “quanti” i quali, condividono i Principi universali della libera rappresentazione fisica emanati attraverso le loro stesse interazioni elettromagnetiche. Con tali principi che si rappresenteranno in questo percorso, gli stessi “quanti” modellano dall’interno lo spaziotempo relativo o geodetico di tutti gli atomi esistenti in natura.
Gli atomi, piccole e invisibili “sfere”, con i loro legami configurano tutti gli oggetti immensamente grandi dell’universo e, nel mondo delle medie dimensioni come la terra, configurano il limitatamente piccolo delle molecole, delle biomolecole semplici e complesse; gli stessi atomi configurano e testimoniano l’increato spaziotempo biologico mediamente grande relativo all’ambiente degli organismi viventi.
Dalla semplice e causale variazione composita di base delle nostre “sferette” invisibili all’occhio umano deriva tutta la fantasmagorica e variegata apparente complessità degli organismi viventi vegetali e animali. La vita stessa è frutto di un “gioco divino” causale/finalistico interno alla natura volto al fine, mai pensato e desiderato, della testimonianza (sempre-presente) e alla rivelazione dello spaziotempo assoluto della libertà e della bellezza che è la rappresentazione esteriore dell’“amore assoluto”.


Albert Einstein insegna che tutto ciò che esiste nell’universo sono increate configurazioni spaziotemporali di Energia. È la stessa formula di Einstein d’inerzia dell’Energia: E = m x e2 che certifica l’esistenza di ogni spaziotempo increato della massa o volume, pieno di “quanti” e dalle loro interazioni elettromagnetiche. L’uomo è approdato nel terzo millennio e ancora deve istruirsi a distinguere lo spaziotempo increato denso di Energia (“pieno”), dallo spaziotempo increato meno denso di Energia (“vuoto”) in cui è immerso, facilmente misurabile, percorribile e convertibile in spaziotempo creativo.


Spaziotempo creativo (creato dall’esterno, nato volontariamente dall’uomo) ha evoluto l’encefalo plastico dell’uomo che ha convertito l’Energia in Pensiero. Con il Pensiero l’uomo ha trasformato lo spaziotempo increato pieno di Energia visibile di un albero, in spaziotempo creativo del legno; lo spaziotempo increato visibile di una roccia in spaziotempo creativo di conci di pietra e lastre di marmo; lo spaziotempo increato della sabbia in spaziotempo trasparente del vetro. L’uomo ha modellato lo spaziotempo naturale, i volumi visibili (“materia”) in opere d’arte; ha costruito all’interno dello spaziotempo visivo apparentemente vuoto e all’eterno di se arredi, tecnologie e città secondo la sua esigenza funzionale e intuizione estetica; troppo spesso ha aggredito lo spaziotempo visivo della natura, l’apparente “vuoto” con manufatti spazializzati privi di emozionalità temporale (spazio senza tempo). Può sembrare difficile eguagliare la bellezza dell’architettura spaziotemporale increata di un paesaggio naturale o di un fiore, ma se l’uomo inizia a riempire di contenuti estetici ed etici svelati con la rappresentazione dello spaziotempo assoluto, può convertire l’apparente spaziotempo visivo in reale spaziotempo creativo in cui vivere l’Io puro e assoluto dell’Amore fraterno.


- Il sempre-presente dello spaziotempo -

Dalla relatività dello stesso Albert che lega inseparabilmente lo spazio al tempo si deduce che: il movimento dell’Energia rappresenta ogni quantità di spazio finito modellandolo con la qualità del tempo infinito della testimonianza sempre-presente. Questa inconfutabile deduzione decreta l’esistenza dell’Energiaspaziotempo ovvero del termine unico che testimonia: il sempre-presente spaziotempo assoluto posto a base dell’universo configurato dalle incommensurabili ”particelle”. È evidente! Il sempre-presente spaziotempo assoluto delle “particelle”, configura il sempre-presente spaziotempo relativo o orbitale degli atomi i quali addensandosi in pianeti, sistemi planetari e galassie configurano il relativo dell’intero universo; e, su un sistema inerziale come la Terra, gli atomi più leggeri configurano molecole, biomolecole e tutti gli organismi viventi i quali testimoniano il sempre-presente spaziotempo biologico o riproduttivo relativo all’ambiente.

Il sempre-presente spaziotemporale, annichilisce il passato, il presente e il futuro, spazializzato della ragione e si oppone al significato del termine “infinito” riportato dal nostro dizionario.

L’uomo ancora non riesce a osservare il sempre-presente dello spaziotempo assoluto quantico che tutto configura, unifica e spiega. Nelle “particelle” limitatamente piccole di Energia per questo perfette, si cela la VISIONE OLISTICA che fonde l’uomo al suo universo.


- Le implicazioni del paradosso Energia = Pensiero -

Un’altra certificata riflessione che semplifica l’apprendimento di questo percorso conoscitivo verte sul paradosso della scienza fisica apparentemente insormontabile, ENERGIA = PENSIERO, nato dalla difficoltà di interpretare e rappresentare l’esperimento subatomico riferito alla «particella di dio». Se per i fisici questo paradosso è insormontabile, non lo è per l’artista/architetto che, sull’esempio di Leonardo da Vinci, ha emancipato con la rappresentazione le scoperte della scienza fisica odierna.

Il paradosso ENERGIA = PENSIERO generato dalla ragion teoretica sancisce che, l’esatta conoscenza si fonda sulla coincidenza di due universi paralleli, quello rappresentativo dell’ENERGIA e quello espressivo dal PENSIERO dell’uomo; di fatto, questo paradosso, decreta la comunione tra “oggetto” e soggetto e la conseguente esistenza di due divinità increate naturali nate spontaneamente dal moto assoluto dell’ENERGIA (“dio” “oggettivo” della natura) e dal movimento puro del PENSIERO (Dio “oggettivo” della mente); queste divinità permettono all’uomo giacché “oggetto” (corpo = Energia) di esistere e, poiché soggetto di pensare alla sua perfezione (mente = Pensiero). Un brutto colpo per i non credenti! Invece di una divinità se ne ritrovano due.


Le due divinità naturali sono: l’increato “dio” dell’Energia o “coscienza fisica” testimoniato da incommensurabili e ancora non rappresentate e, quindi, sconosciute “particelle” che configurano tutto l’invisibile e il visibile dell’universo, e l’increato Dio del Pensiero o Coscienza umana che rappresenta simbolicamente lo spaziotempo delle emozioni, che “dio” dell’Energia rappresenta nella natura visibile.

Esiste un principio de La Conoscenza che risolve il paradosso ENERGIA = PENSIERO? La risposta è sì! È il Principio di determinazione di Raffaele Baglivi, l’autore di questo sito, con il quale l’ENERGIA e il PENSIERO “disegnano” lo stesso spaziotempo per rappresentare alla visione i fenomeni, visibili e invisibili, della NATURA e della MENTE.


Principio di determinazione di Baglivi stabilisce che per descrivere un fenomeno quantistico e intellettivo c’è un solo modo: fare a meno della sperimentazione strumentale dell’Energia sostituendola con la rappresentazione del Pensiero.
L’Energia, di fatto, non rappresenta ogni spaziotempo senza strumenti e tecnologie?


Il Principio di determinazione di Baglivi riesce a spiegare ogni fenomeno fisico e intellettivo, dalle vibrazioni ondulatorie delle “particelle” alle emozioni del vivere, illustrate attraverso le stesse vibrazioni ondulatorie. Il suo modello rappresentativo pone le basi della VISIONE OLISTICA DELLA NATURA, priva di misurazioni quantitative ma qualitativamente basata sulle vibrazioni che dal limitatamente piccolo spiegano tutti i fenomeni fisici e intellettivi immensamente grandi.

Con questo principio si è dato inizio nel 1975 alla “Suprema ricerca dell’Arte” ovvero all’indagine più proficua della storia umana, sintetizzata in questo esposto solo nei suoi aspetti fisici e intellettivi essenziali ma che dimostrano come la complessità apparente del conoscere può risolversi con semplici e sintetiche intuizioni rappresentative e, quindi, visive coincidenti con la semplice rappresentazione dei “quanti”.


Ogni via della conoscenza ha l'obiettivo di far osservare l’“amore assoluto” che configura la natura cioè “dio” della teologia naturale che si rappresenta in ogni “quanto” di Energia. Se nel linguaggio umanistico il termine “amore” esprime il sentimento dell'armonia suprema e il termine “assoluto” lo qualifica come il più libero, in fisica i due termini rappresentano l’eterna testimonianza dello spaziotempo assoluto sempre-presente il quale, giacché libero e perfetto, è un volume limitatamente piccolo e fonda l’universo. Al limitatamente piccolo dell’universo, quindi, appartengono le incommensurabili “particelle” elementari di Energia, “oggetti” invisibili di cui si conosce l’esistenza, ma non la loro esatta rappresentazione e come testimoniano, per l’appunto, l’“amore assoluto” della fisica.


Che sia un “oggetto” limitatamente piccolo a rappresentare l’espressione dell’Amore puro e libero dell’uomo, non deve meravigliare nessuno poiché, alla fine del percorso conoscitivo naturale, l’“oggetto” che lo rappresenta configurato dall’Energia e il soggetto che lo esprime con il Pensiero, saranno perfettamente conciliati tanto che, non ha più motivo di esistere la differenza tra persone, animali e cose. Questa preziosa conciliazione non “ristruttura” soltanto l’edificio della conoscenza ma riordina e converte la vita dell’intera umanità è il suo rapporto con la natura che sta perdendo la sua provvidenza.


Nell’era del relativismo intellettuale, l’uomo non riesce a superare le dure avversità della vita imposte dalla sua stessa ignoranza e non può più arginare la sua irrazionalità, giunta alla perversione. La scienza fisica da un secolo ha esaurito il suo primo compito quello di demolire il mondo “materiale” e di scoprire la madre dell’universo: l’invisibile e increata Energia affine al creativo Pensiero. Durante la prima fase del suo percorso la scienza fisica, colpa la poca comprensione dei significati delle scoperte fine ‘800 inizio ‘900, ha alimentato la cultura spazializzata della meccanica e si è fermata, da più di un secolo, davanti all’apparente paradosso ENERGIA = PENSIERO. Come ogni paradosso, anche questo non è nella natura, ma nella mente dell'uomo, in questo caso in quella dello scienziato e non può risolverlo con la sua ragion teoretica perché esclude dalle indagini l’increata del Pensiero: la coscienza cioè Dio. La scienza fisica per ripartire deve con umiltà riconoscere i propri limiti e affidarsi a un'altra mente.


L’uomo del terzo millennio che sia politico o economista, anche se operoso, non essendo supportato da una scienza e da una cultura stagnante, non può invertire il destino infausto che si è assegnato senza la visione dell’increato “dio” dell’Energia, fonte originaria della cultura temporizzata dell’Amore fraterno. La cultura temporizzata delle emozioni è indispensabile per diffondere l’etica sociale e l’estetica liberale e a istruire l’uomo al libero lavoro creativo e alla felice e civile convivenza dei popoli.

“Dio”, l’“amore assoluto” della fisica, deve essere osservato, ragionato e goduto da tutti.

La visione di "dio" dell’Energia su cui ragionare, dà l’idea dell’importanza storica della ricerca artistica: l’uomo occidentale, indottrinato dalla rappresentazione e, quindi, dalla visione, può raggiungere il più alto grado di consapevolezza e il massimo della razionalità. L'uomo torna a ripercorrere la via salvifica dell’Amore priva di leggi e falsi dogmi; via che non è soltanto espressa con buoni propositi, ma è anche concretamente e visivamente disegnata. Non potrebbe esserci scoperta di grande interesse, come quella dell’increato "amore assoluto" dell’Energia (“dio” della natura) e della seguente rivelazione dell’increato Amore puro del Pensiero (Dio della mente), se un uomo non avesse preparato l’humus per il suo germoglio. Quali verità sono mancate alla conoscenza per pervenire alla scoperta dell’“amore assoluto” della teologia e filosofia naturale? Certamente sono mancate le verità dell’arte, mai considerate da chi si occupa di scienza e conoscenza.

Le verità dell’arte permeano quelle razionali della filosofia e della scienza fisica e intuitiva della teologia tanto da costituire un'unica verità; occorre perciò puntualizzare quelle filosofiche teologiche, scientifiche e artistiche che hanno permesso all'uomo di scoprire l’increato “dio” dell’Energia, di rivelare l’increato Dio del Pensiero e di personificare il creativo uomo reale del terzo millennio.

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Conoscenze a supporto della Dottrina


In aggiunta alle precisazioni introduttive riguardanti la visione dello spaziotempo del vissuto quotidiano, occorre puntualizzare le verità della conoscenza acquisita utili a ogni lettore affinché possa padroneggiare un supporto cognitivo e critico adeguato alle argomentazioni che sta per affrontare. Si considerino le verità con le quali l’uomo occidentale svolge il suo pensiero e la sua esistenza. L’uomo occidentale convive essenzialmente con le verità provenienti dalla conoscenza razionale o filosofica e fisica, dallaconoscenza intuitiva o teologica e dalla conoscenza intuitiva/razionale o artistica poco considerata nonostante unifichi le altre conoscenze. I successivi paragrafi contengono una serie di verità filosofiche, scientifiche e artistiche che dovrebbero far parte del corredo culturale di ogni uomo. Tali verità sono conoscenze necessarie per giungere razionalmente, con l’aiuto decisivo della conoscenza artistica alla visione dell’amore assoluto rappresentato dall’Energia (”dio”) e dell’Amore puro espresso dal Pensiero (Dio). Per svolgere tutto il percorso della ragione con il quale si conosce visivamente l’“amore assoluto” che rappresenta la natura, è necessario sintetizzare e tenere sempre presente le seguenti conoscenze:


  • Per la conoscenza razionale o filosofica e fisica è necessario apprendere come è nato e come si e sviluppato il dibattito filosofico occidentale sull’Assoluto filosofico sfociato nell’io assoluto hegeliano e le verità ultime scaturite dal tortuoso “viaggio” della ragione dello scienziato iniziato nel ‘500 e fermo, da più di un secolo, davanti all’apparente paradosso Pensiero = Energia.


  • Per la conoscenza intuitiva o teologica è necessario apprendere i concetti più autorevoli delle “filosofie” orientali e come è nato l’atto di fede del credo nell’unico Dio dall’Amore fraterno della teologia cristiana; tutte intuizioni che non si avvalgono della sperimentazione scientifica e della rappresentazione artistica.


  • Per la conoscenza intuitiva/razionale o artistica è necessario apprendere le verità dell’arte decisive per scoprire con la forma la rappresentazione dello spaziotempo assoluto fisico, l’‘Assoluto’ filosofico, l’“amore assoluto di dio” della teologia naturale, l’Amore puro e fraterno di Dio testimoniato dalla Coscienza dell’uomo.


La Conoscenza, in generale, esprime con il lessico della ragione, con la parola e il verbo, verità collegate allo spaziotempo che rappresenta “oggetti” naturali e allo spaziotempo simbolico rappresentato dalla Coscienza; quindi, la conoscenza razionale filosofica e fisica ha come riferimento l’apparente natura visibile, mentre la conoscenza intuitiva teologica ha come riferimento il reale della Coscienza umana, l’invisibile e increato Dio del Pensiero.


La mente, esterna alla natura, osserva gli apparenti “oggetti” visibili, ciò significa che le espressioni della ragione collegate alla conoscenza razionale filosofica e fisica, e all’intuitiva teologica, anche se distorte dalla stessa ragione, devono essere al centro delle più scrupolose attenzioni; esse, sperimentando l’universo visivo, testimoniano l’esistenza dell’universo non visivo delle due coscienze,al quale non accede né la conoscenza razionale filosofica e fisica, né la conoscenza intuitiva teologica, prive di esperienze rappresentative che finalizzate possono rendere visibile l'invisibile; infatti, c’è anche la conoscenza intuitiva/razionale artistica che come già accennato, unisce l’universo non visivo delle percezioni simboliche e l’universo visivo delle esperienze rappresentative, poiché non ha mai separato la natura dalla mente, la Coscienza dalla ragione, Dio dall'uomo.


La ragione, durante il suo millenario viaggio dedicato alla conoscenza della natura, si è servita dei suoi tre singolari modi di ragionare; si è servita della ragion pratica dell’artista, della ragione metafisica del filosofo e della ragion teoretica dello scienziato. Nella seconda metà del ’900 sia la ricerca filosofica sull’Assoluto, giunta al suo apice con Hegel (fine ‘700 inizio ’800), sia la relatività dello spaziotempo di Albert Einstein (inizio ‘900) della ricerca fisica, entrano a far parte della ricerca artistica (1971) che guiderà la ragione a esplorare la Coscienza, a rappresentare quella fisica e a completare La Conoscenza Generale della Natura.

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Le verità razionali della filosofia occidentale


La FILOSOFIA ("amore per la sapienza"), che si fonda sulla logica della ragione, nasce nel 600 a. C. in Grecia nel periodo dell’arte classica; le sue verità metafisiche provengono dalla ragione del singolo filosofo e lievitano sino ai nostri giorni con la dialettica che è l'arte di ragionare con la parola* e il verbo*.

Parola: spaziotempo quantitativo che identifica la rappresentazione dell’“oggetto” naturale o creato.
Verbo: spaziotempo qualitativo che esprime la funzione dell’“oggetto” naturale o creato.

Il filosofo, non attingendo percezioni dall’universo non visivo ovvero dalla rappresentazione polare o simbolica della Coscienza umana, non può fornire verità metafisiche assolute ma soltanto relative di contorno; infatti, il filosofo, ancora oggi esprime verità sull’Assoluto oggettivo, impersonale o personale che sia, senza fare riferimento alla sua rappresentazione scoperta nel 1975 con il concorso dell'arte.


Prima di questa sintesi storica/filosofica, per meglio incastonare concetti dei filosofi citati e i loro termini che similmente indicano l’‘Assoluto’, si elencano anticipatamente le parole più rappresentative dell’ENERGIA ed espressivi del PENSIERO che lo contraddistinguono associate ai vocaboli della loro negazione o opposizione (→←) che giustificano l’esistenza.

Come in natura non esiste l’assoluto senza il suo opporsi in relativo così nell'intelletto, non esiste la ragione, il non-io impuro, senza opporre a se stessa la Coscienza, l’Io puro della sua perfezione.


L’ENERGIA per esistere oppone →← a se stessa l’assoluto spaziotempo sempre-presente, testimoniato dalle incommensurabili “quanti” o “particelle” elementari che fondano l’universo:

L’assoluto per esistere oppone a se stesso →← il non-assoluto e diviene “oggetto” relativo.
L’Essere per esistere oppone a se stesso →← il non-Essere e diviene esistenza.
Il reale per esistere oppone a se stesso →← il non-reale e diviene apparente natura visibile.
La forma oppone a se stessa →← la non-forma e diviene configurazione negli “oggetti” della natura.
La “coscienza fisica” oppone a se stessa →← la non-coscienza fisica e diviene sogno: Paradiso.
“dio” per esistere oppone a se stesso →← il non-“dio” e diviene “oggetto” relativo.
L’“oggetto” relativo per esistere oppone a se stesso →← il non-“oggetto” e diviene soggetto relativo.


L'uomo o soggetto relativo evolve l’encefalo plastico sede dell’intelletto e l’ENERGIA biochimica si converte in PENSIERO (associazione di tutte le conoscenze, esperienze e percezioni). Esistendo nell’universo due divinità increate, l’assoluto dell’Energia(“dio”) e l’Io puro del Pensiero (Dio), si sintetizza con le “formule” della dialettica rappresentativa il percorso immanente di andata dell’assoluto che configura l’uomo e il percorso trascendente di ritorno con il quale l’uomo si ricongiunge all’assoluto.


Il percorso immanente di andata libero e privo di volontà dell’assoluto che diviene soggetto relativo:

L’assoluto increato dell’Energia o “coscienza fisica”, pone se stesso.
L’assoluto nel porsi oppone a se stesso →← il non-assoluto e diviene “oggetto” relativo(natura).
L’“oggetto” relativo oppone se stesso →← il non-“oggetto” e diviene soggetto relativo (mente).

Il percorso trascendente di ritorno libero e pieno di volontà del soggetto che diviene Io puro e assoluto.

La ragione impura o non-io(soggetto relativo) pone se stessa (nasce il peccato originale).
La ragione impura o non-io nel porsi oppone a se stessa →← l’increata coscienza umana o Io puro.
La ragione impura o non-io si oppone a se stessa e all'apparente natura →← e si identifica alle due coscienze: all’Io puro e assoluto.


Con la ragione che si identifica con le due coscienze, con la naturale o rappresentativa di “dio” (assoluto) e quella umana dall'espressione simbolica di Dio o (Io puro) vere ragioni rappresentative, si completa il percorso trascendentale dell’uomo pronto a vivere l’Io puro e assoluto dell’Amore fraterno che non fa differenze tra persone, animali e cose.


Il percorso dell’‘Assoluto’ filosofico si snoda in tre lunghi periodi della storia umana sinteticamente paragonabili alla crescita culturale di ciascun individuo.


  • Il primo periodo storico che caratterizza l’impulso del pensiero filosofico verso l’Assoluto è quello dell’“ingenua armonia” originaria, espressa dai Greci in cui le divinità erano presenti nella natura delle cose e tra gli uomini; un aspetto del pensiero che distingueva le prime religioni (animismo).
  • Il secondo periodo storico è quello della separazione dell’‘Assoluto’, di ‘Dio’ dall’uomo, introdotta dalle religioni di Abramo. L'uomo caduto nell’inevitabile peccato originale (nascita della ragione) sperimenta l'angoscia e il dolore della separazione da ‘Dio’.
  • Il terzo periodo storico è quello della riconciliazione scandito dalla ragione che cerca l’‘Assoluto’ elevando il Pensiero a una consapevolezza compiuta.

L’uomo filosofo idealista desideroso di riconciliarsi con il mondo e con ‘Dio’, cerca di sperimentare espressivamente l’autocoscienza e genera l’‘io assoluto’, dalla “i” minuscola apparente consapevole di se ma incapace di unire il soggetto con “oggetto” e di troncare la “cattiva infinità” del divenire dell’uomo nella storia. Sarà l’uomo artista a visualizzare l’‘Assoluto’ e a consegnarlo alla storia.


L’Assoluto nella storia della filosofia ha assunto molti termini da attribuire ai vari filosofi riconducibili, con diverse piccole sfumature, allo stesso significato. .

Nei secoli dell’“ingenua armonia”

l’‘Assoluto’ indifferenziato, “oggetto” e soggetto della filosofia è l’Uno e l’Essere di Parmenide, l’arché di Pitagora, il lògos di Eraclito, le Idee di Platone, il «motore» di Aristotele.

Nei secoli della separazione dall’uomo

l’‘Assoluto’ è ‘Dio’ trascendente di Sant’Agostino, San Tommaso e Cusano, “dio” immanente e ‘Dio’ trascendente di Giordano Bruno e di Spinoza; l'Assoluto sono le monadi illimitate di Leibniz.

Nei secoli della riconciliazione tra “oggetto” configurante (“dio”) e soggetto pensante (uomo)

l’‘Assoluto’ è il noumeno oggettivo di Kant, il noumeno soggettivo di Jacobi, il noumeno rappresentativo di Reinhold, il noumeno della coscienza di Maimon, l’Io assoluto di Schulze, l’io assoluto di Fichte, l’Io assoluto razionale di Schelling, l’io assoluto soggettivo di Hegel nel suo ‘infinito’ divenire relativo e infine l’Io puro e assoluto (oggettivo e soggettivo insieme) dell’autore di questo sito (R. Baglivi) con il quale l’uomo spezza la “cattiva infinità” del divenire relativo dell’uomo nella storia che edifica direttamente attraverso il Pensiero reale dell’uomo assolutamente libero e felice.


- L’Assoluto -

Nella Storia della Filosofia, l'Assoluto, privo di rappresentazione è l’Invisibile, è il reale la cui esistenza non dipende da nessun'altra, esiste in sé e per se medesimo. La parola “Assoluto” deriva dall’unione dei termini latini ab + solutus, che significa «sciolto da» cioè libero.


Periodo dell’“ingenua” armonia tra l’uomo e le divinità
(Fase descrittiva dell’‘Assoluto’)


Per Pitagora (575 a. C.) l’‘Assoluto’ è l’Uno che possiede la qualità del limite, equivalente alla perfezione. L’Uno è l’arché, il principio fondante e unificatore della sua incommensurabile moltitudine che diviene nel molteplice.


Parmenide (515 a.C.), della scuola alleatica riconduce all’Uno l’espressione del Reale. Secondo Parmenide il molteplice del mondo “materiale” non è il reale, contrariamente al senso comune, è illusorio e apparente; esiste soltanto la realtà dell'Essere: ingenerato, increato, immutabile, eterno, finito e indivisibile. L'Essere è Uno, se fossero due, occorre postulare qualcosa di diverso; ma qualcosa che sia diverso dall’Essere è il non-essere o esistenza.


Eraclito (535 a. C.) a differenza di Parmenide considera l’Uno e il molteplice, un identico sostrato o Lògos che varia con il divenire: «tutte le cose sono Uno e l'Uno tutte le cose». Eraclito è perfettamente consapevole che l'attenzione debba essere indirizzata alla percezione del lògos stesso e non, profeticamente parlando, all’ascolto della sua parola. In questo senso il verbo greco eidénai (εἰδέναι) indica un "conoscere per immagini", un "intuire". Tale analisi filologica, evidenzia quella peculiare tensione del mondo greco antico a legare l'atto stesso della conoscenza alla percezione e non all’esperienza visiva.

In tal senso, circa un secolo dopo, Platone userà il termine "eidòs" per enfatizzare il carattere interiore e, quindi, percettivo della conoscenza: infatti, il conoscere è, per Platone, risvegliare nell'uomo l’idea perfetta visibile nell’iperuranio, oltre la volta stellare, prima che divenisse corpo materiale. Emerge così la natura stessa del lògos eracliteo: il tutto che permeando il tutto, si rivela indirettamente e si rende afferrabile con l’intuizione percettiva.

L'unità dei contrari è l'aspetto più originale del pensiero filosofico di Eraclito. Il principio rappresentativo dell’universo risiede nel rapporto di interdipendenza di due eventi opposti che, in quanto tali, “lottano” tra loro ma, nello stesso tempo, non possono fare a meno l'uno dell'altro, poiché esistono solo l'uno in virtù dell'altro: ciascuno dei due infatti può essere definito solo per opposizione, e niente esisterebbe se allo stesso tempo non esistesse anche il suo opposto. Così, ad esempio, una salita può essere pensata come una discesa da chi vi si trova in cima. Due eventi opposti alla vista possono apparire in guerra, ma è invisibile la loro armonia; in questa armonia Eraclito percepiva ciò che lui definiva il logos indiviso, l’l’‘Assoluto’ che origina la natura.


Platone (427 a. C.), erede di Parmenide, cerca una soluzione che salvaguardi l’Uno, l’Assoluto e non riduca il molteplice che appare ai sensi a semplice illusione. Il problema che si trova ad affrontare è il seguente: come e perché l’Uno genera il molteplice? Platone suppone che l’Uno, da lui identificato con l’Idea del supremo Bene, implicito nell’armoniosa opposizione, che configura il mondo dei sensi. Platone considerava il mondo delle Idee o Iperuranio come una realtà indipendente e autonoma, appunto perché "sciolta da" ogni altra, non relativa ad altro, da sé. Viceversa il mondo sensibile esiste per le Idee, poiché dipende ontologicamente da queste ultime. Alle Idee attribuiva l'Essere di cui già parlava Parmenide. L'Assoluto, infatti, è ciò che ha l'Essere in sé e per sé medesimo, essendo causa sui (causa di sé). Relativo è invece ciò che, secondo, Platone non ha l’Essere, bensì soltanto l’esistenza, dipendente da qualcos'altro; esistenza vuol dire, in senso etimologico, "essere da", cioè ricevere l’Essere da un altro (dal latino ex + sistentia).


Aristotele (384 a. C.) contesta la soluzione di Platone e gli rimprovera di sdoppiare le entità, quando, ogni entelechia (dai vocaboli en + telos, che in greco indica, "dentro" e "scopo", a significare una sorta di "finalità interiore") ha in se stessa, e non in cielo, i principi del proprio costituirsi. L’Essere è dentro all’esistenza non potendo configurarla a distanza. Anche per Aristotele, come già in Platone, la molteplicità riguarda solo un aspetto transitorio della ragione, mentre il carattere essenziale delle varie entità è dato appunto dalla loro unità e unicità. Si conserva così il primato dell'Assoluto, inteso al vertice come il «motore» responsabile del divenire e della sua finalità. In Aristotele, l’‘Assoluto’ è azione pura, cioè Dio, perfetto in sé e non mosso da altro se non da sé essendo il motore dell’universo.


Per Plotino (205 d. C.) l’Assoluto è l'Uno, ossia la realtà suprema che non contiene al suo interno alcuna divisione; tutto potenzialmente in esso senza contenerlo perché da esso ha origine il tutto. Pur rifacendosi a Parmenide, per la prima volta Plotino pone l'Uno prima dell’Essere di Platone, prima del del Pensiero Reale. L’Uno di Plotino è l’“Essere oggetto” da cui scaturisce l’Essere soggetto. Per spiegare l'origine del molteplice originato dall’Uno, Plotino pensa l’‘Assoluto’ non come una realtà statica, perché in tal caso significherebbe oggettivarlo e renderlo conoscibile, bensì lo concepisce come libertà o potenza infinita, come attività che rigenerando continuamente se stesso e oggettivandosi genera il mondo. L’emanazione dell'esistere scaturisce da uno stato di estasi auto-contemplativa dell’Uno; estasi significa appunto "uscire fuori di sé". Si tratta di una concezione assolutamente nuova e originale nel panorama della filosofia greca, con tratti decisamente simili a quelli delle filosofie orientali. Plotino ricorre a immagini semplici per farci comprendere il modo in cui l’Uno dispiega il molteplice; egli lo paragona a una sorgente luminosa che diffonde nel buio la propria luce, la quale tende ad affievolirsi via via che si allontana. I due estremi, luce e tenebra, sono uno solo, perché non esiste una sorgente dell'oscurità: si tratta del tema tipicamente neoplatonico della polarità complementare degli opposti che si risolve in unità dialettica. L’Uno riempie ogni molteplice visibile articolandosi ma restando se stesso; ogni molteplice è composto armoniosamente di tante singole parti che non sono montate dall'esterno, ma dall’interno (natura increata). L’Uno o ‘Assoluto’, essendo all'origine di tutto lo è anche della ragione; quest’ultima nel risalire alla propria fonte deve negare se stessa, infatti, l’Uno non può ridursi a oggetto della ragione, perché quando la ragione stessa si identifica all’Uno viene a cadere la complementarietà dialettica tra soggetto conoscente e “oggetto” conosciuto. Per questo l’Uno è la prima ipostasi, cioè la realtà rappresentativa del molteplice la cui conoscenza non è alla portata della semplice ragione espressiva. Per Plotino il filosofo non può oggettivare l’Uno nonostante la consapevolezza del molteplice. Plotino va oltre e confessa che esiste un limite alla ragione metafisica perché, la stessa ragione, non può parlare perfettamente dell'Uno senza conoscerlo visivamente.

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I filosofi in questa prima fase descrivono diversi aspetti dello spaziotempo assoluto quantistico e con Plotino si riconosce il limite dell’indagine filosofica e anche fisica: la ragione non può parlare correttamente di un “oggetto” senza vederlo.


La separazione tra ‘Dio’ personificato e l’uomo.
(Fase trascendente dell’‘Assoluto’)


Dal pensiero greco alla Scolastica – Sulla scia della filosofia greca che contemplava l’Assoluto tra gli uomini, la teologia cristiana identifica l’‘Assoluto’ con ‘Dio‘ trascendente della rivelazione biblica.

Sarà il pensiero cristiano a raccogliere l'eredità di Plotino, interpretando l’"Uno" in senso monoteistico. Nella Scolastica appare evidente come la conoscenza filosofica dell’Assoluto dovesse passare per un atto di fede o attraverso l'immediatezza dell’intuizione: conoscere, infatti, significa collegare ciò che si deve conoscere con qualcos’altro da sé; ma l’‘Assoluto’ per la scolastica ha già tutto dentro, non ha un termine di riferimento esterno con cui possa collegarsi perciò si ritiene trascendente, eppure Platone aveva già concepito il termine esterno relativo che contiene l’Assoluto.

In particolare Sant’Agostino (354) concepisce ‘Dio’ come la meta naturale cui la ragione aspira, e nel quale finalmente la discordanza dualistica tra soggetto e "oggetto", pensiero ed esistenza, si riconcilia in unità.

Respingendo l'ottica manichea del dualismo tra bene e male, per Sant’Agostino l’Uno è la radice dell'amore, che unendo nel sentimento umano l’eros platonico e l’àgape di ‘Dio’, sana la frattura con l'umanità verificatasi a causa del peccato originale: nascita della ragione che si basa sul senso della vista.

Le cinque vie proposte da Tommaso d’Aquino per elevare la ragione alle verità rivelata dell’‘Assoluto’ consentono, con la sola logica espressiva, di arrivare a una conoscenza intuitiva dell'esistenza di Dio, senza la possibilità di dimostrarla e di rappresentarla.

1) Ex motu et mutatione rerum (tutto ciò che si muove esige un movente primo perché, come insegna Aristotele nella Metafisica: "Non si può andare all'infinito nella ricerca di un primo motore");
2) Ex ordine causarum efficientium (cioè "dalla causa efficiente", ogni essere finito, dipende nell'essere da un altro detto causa; richiede una causa prima incausata);
3) Ex rerum contingentia (cioè "dalla contingenza". L'esistenza di esseri generabili e corruttibili è in sé insufficiente metafisicamente, rimanda ad esseri necessari, dapprima dipendenti da altro, quindi a un essere assolutamente necessario);
4) Ex variis gradibus perfectionis (le cose hanno diversi livelli di perfezioni, ma solo il massimo livello di perfezione li rende possibile, perché causa, i livelli intermedi);
5) Ex rerum gubernatione (cioè "dal governo delle cose" sono ordinate secondo un fine, quindi, non essendo in loro l'intelligenza, ci deve essere un'intelligenza che le governa).

Le cinque vie anche se riferite a ‘Dio’ trascendente descrivono qualitativamente l’“oggetto” ‘Assoluto’. In epoca illuminista, le cinque vie di Tommaso illudono la ragione espressiva del filosofo di possedere la capacità di «dimostrare» i fondamenti della fede. Cosa impossibile.


L'era moderna – Riprendendo il neoplatonico Agostino, Niccolò Cusano (1401) dirà che l'Uno, l’Assoluto è il punto supremo in cui non c'è più distinzione tra gli oggetti della molteplicità. L'Uno non può essere compreso dalle esperienze della ragione, ma solo a un livello intuitivo della Coscienza pur essendo all'origine della razionalità stessa. ‘Dio’, infatti, è l'Unione di Pensiero ed esistenza, quindi, la complementarietà dialettica tra soggetto e “oggetto”, che permette all’uomo di cogliere esternamente l’“oggetto” e di razionalizzarlo, in ‘Dio’, si ricompone annullandosi. Di conseguenza, l’Uno è conoscibile soltanto oltre l'opera mediatrice della ragione, ed è totalmente trascendente (in senso intellettuale). In Dio si trova la comune radice di tutto ciò che appare contraddittorio alla ragione.

Il neoplatonico Giordano Bruno (1548 - 1600) reinterpreta l’Uno ora in senso trascendente (Dio «Mens super omnia»), ora in senso immanente (“dio” «Mens insita omnibus»), identificandolo con la totalità dell'universo, tutto vivo e animato come un grande e gigantesco organismo, la cui complessità e molteplicità, discende dall'armoniosa articolazione di un principio unico, semplice e immediato. Una visione analoga a quella bruniana è ripresa da Spinoza (1632 - 1677), che mira a ricomporre il dualismo di Cartesio tra res cogitans e res extensa, tra pensiero ed esistenza, tra soggetto e “oggetto”, ponendo un'unica entità a fondamento del suo sistema filosofico: Dio che diviene natura (Deus sive Natura).

Secondo Spinoza è assurdo postulare due sostanze come sosteneva Cartesio: tutto in natura è causato da un principio unico e infinito che non è da intendersi come il primo anello della catena, ma come principio unitario della stessa catena.

In seguito Leibniz (1646 – 1716)suddivide l’esistenza in un numero illimitato di monadi alle quali attribuiva loro le caratteristiche dell’Uno come parti di energia vitale che danno esistenza alla rappresentazione del molteplice. Leibniz conserva una visione organica e unitaria che è data da quella armonia prestabilita con cui ‘Dio’ riassume in sé, nella propria a-percezione, tutte le altre monadi.

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In questa fase si ipotizzano, due divinità una immanente oggettiva testimoniata dall’ENERGIA (“coscienza fisica”) l’altra trascendente soggettiva testimoniata dal PENSIERO (Coscienza umana); queste divinità similari esprimono un principio unico e infinito (Principio dell’Amore) che l’uomo può cogliere con una specifica ragione.


La riconciliazione dell’uomo con le sue due divinità.
(Fase conoscitiva dell’‘Assoluto’)


Da Kant all'idealismo tedesco - Il tema filosofico dell’‘Assoluto’ trova uno sviluppo fulmineo e di eccezionale rilevanza nella storia del pensiero europeo a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo.

Nel 1781 esce la prima edizione della Critica della ragion pura, di Immanuel Kant.

L'intenzione del filosofo è di inserirsi nel dibattito sulla scienza e sui fondamenti della conoscenza, spostando l'indagine dall'“oggetto” (natura), al soggetto (mente). Egli cerca di stabilire una differenza non più discutibile tra ciò che è conoscibile alla ragione (fenomeno) e ciò che non lo è (noumeno), così l’‘Assoluto’ determinerà il dibattito che si aprirà in Germania.

Kant, avendo separato la filosofia teoretica dalla filosofia pratica, Kant dà l'impressione di studiare l’‘Assoluto’ senza la dovuta profondità, ciò devia l'attenzione dei critici e dei lettori verso esiti completamente diversi da quelli che egli aveva immaginato.

I temi filosofici di quel periodo cercano di giustificare la cosa in sé dell’‘Assoluto’ la cui esistenza richiede la “causa prima incausata”, e di superare la dualità kantiana tra ragione soggettiva che necessita dell’‘Assoluto’e Coscienza oggettiva, superabile soltanto quando la lievitata sensibilità percettiva dell’artista, permette di indagare rappresentativamente la Coscienza.


Nel 1787 Friedrich H. Jacobi esprime le sue obiezioni sull'inconoscibilità del noumeno pubblicando David Hume sulla fede. Jacobi difende la fede perché la ritiene un sentimento incondizionato verso ‘Dio’ donato dallo stesso ‘Dio’; infatti, la fede si fonda sul postulato di assoluta libertà che investe la ragion pratica e non può essere dimostrata dalla ragione filosofica. Contemporaneamente Kant fa uscire una seconda edizione, riveduta e corretta, della Critica, proprio allo scopo di chiarire le difficoltà di interpretazione sorte attorno al noumeno e all'ipotesi dell'intuizione pura. Nello stesso anno esce anche la Critica della ragion pratica, nella quale Kant distingue nettamente la filosofia pratica dalla filosofia teoretica: mentre la prima sa attingere liberamente dall’‘Assoluto’, perché obbedisce soltanto alle leggi che sono dentro di sé provenienti dalle rappresentazioni simboliche della Coscienza (noumeno), la seconda sul piano conoscitivo, è vincolata dai limiti fenomenici osservati con i sensi e con i quali la ragione costruisce l'apparente “oggetto” (fenomeno).


Nel 1789 Karl Leonhard Reinhold scrive il Saggio su una nuova teoria della facoltà umana della rappresentazione; con quest'opera l'autore, che si considera un fedele seguace di Kant, cerca di unificare fenomeno (“oggetto” apparente) e noumeno (“oggetto” reale), considerandoli non più come elementi opposti ma originati dalla stessa attività unificatrice dell'intelletto umano. Secondo Reinhold, la cosa in sé oggettiva del noumeno non è esterna al soggetto, ma appartiene alla sua stessa rappresentazione; di fatto sia il fenomeno conoscibile prodotto dalla ragione sia il noumeno inconoscibile (Coscienza umana), sono nell’intelletto dell’uomo. Con questo pensiero Reinhold indirizza il dibattito verso la conoscenza dell’Assoluto interiore del soggetto esistente nell'intelletto che non sarà più abbandonato.


Nel 1790, mentre Salomon Maimon, con le sue Ricerche sulla filosofia trascendentale, compie un passo importante indicando la via per conoscere l’‘Assoluto’; considera il noumeno espressione della Coscienza.

Intanto esce la Critica del giudizio, ultima delle tre opere massime di Kant, che nel dibattito in corso affianca al concetto di Assoluto quello di libertà. Secondo Kant, il soggetto è libero quando esprime giudizi estetici, senza sottoporli alle leggi conoscitive di causa-effetto; se si esprimono liberamente i propri legami associativi, si vive la dimensione dell’‘Assoluto’ che è preclusa al puro ragionamento.


Nel 1792 Gottlob Ernst Schulze col suo libello intitolato Enesidemo vira le teorie kantiane su posizioni scettiche. Secondo Schulze né Kant né Reinhold dimostrano l'esistenza della cosa in sé e non sono riusciti a fondare la filosofia sulla conoscenza dell’a priori: questa constatazione di fatto non esclude la possibilità che una filosofia trascendentale sia elaborata attraverso il solo soggetto. Schulze in questo modo prepara la strada alla filosofia idealista di Fichte il quale recensendo l’Enesidemo ne raccoglie l'indicazione e, a partire dall'io penso kantiano ritenendo di poter dimostrare la possibilità di una conoscenza assoluta tutta basata sul soggetto.

Fichte, per rispondere alle obiezioni di Schulze e difendere le ragioni del criticismo, elabora, tra il '793 e il '797, i fondamenti della sua Dottrina della scienza, opera con cui si gettano le basi definitive dell'idealismo. In questo percorso, che rappresenta solo la prima fase del dibattito, l’‘Assoluto’, che appariva in Kant come il limite invalicabile dalla conoscenza umana, viene a coincidere con la Coscienza stessa. L’‘Assoluto’ è trasformato nell'atto trascendentale di auto-determinazione della ragione soggettiva. L’uomo non ha più soltanto un noumeno esterno che lo rappresenta, ma ne ha anche un noumeno interno che egli percepisce inconsapevolmente: la Coscienza ovvero l’increato Dio del Pensiero.

La contrapposizione tra soggetto e oggetto è così ricondotta a un principio unitario: all’Io assoluto, l’unione tra soggetto e “oggetto” al quale si accede con un atto di libera rappresentazione creativa, perché sul piano del ragionamento logico permane la contrapposizione io/non-io, tra mente e corpo.


Il movimento idealista - Non si può comprendere il grande movimento idealista e i suoi filosofi, Fichte, Schelling ed Hegel, se non si ha come riferimento il “Principio universale di complementarietà degli opposti” che testimonia l’esistenza in ogni fenomeno fisico e intellettivo del noumeno: l’assoluto oggettivo della natura (l’increato “dio” dell’Energia o “coscienza fisica”) e l’Io puro oggettivo della mente (l’increato Dio del Pensiero o Coscienza umana). Viceversa lo stesso principio testimonia l’opposizione del corrispettivo noumeno a ogni fenomeno fisico e intellettivo ammissibile.

L’assoluto per esistere oppone se stesso →← il non-assoluto e diviene “oggetto” relativo (mente).
L’“oggetto” relativo oppone a se stesso →← il non-“oggetto” e diviene soggetto relativo (mente).
Il soggetto relativo o non-io impuro della ragione, per esistere, oppone a se stesso l’Io puro o assoluto del Pensiero: la Coscienza umana vera ragione.

I due assoluti o noumeni, Io puro (Dio) e assoluto (“dio”), si incontrano alla fine del processo cognitivo. Per gli idealisti l’‘Assoluto’ della naturaa non può conoscersi partendo dall’“oggetto”, infatti, gli empiristi per scoprire l’‘Assoluto’ con il metodo induttivo, sono caduti nello scetticismo come anche i razionalisti che, con il metodo deduttivo a priori, sono stati costretti a un passaggio dogmatico per giungere all’‘Assoluto’ .

Gli idealisti si occupano, della validità logica e non della genesi empirica dell’‘Assoluto’ perciò spostano la loro ricerca sul falso 'io assoluto del soggetto e abbandonano la cosa in sé, l’assoluto del soggetto: l'Io puro oggettivo del Pensiero o Coscienza umana. Eppure la cosa in sé per Kant è causa delle intuizioni, che muovono il processo conoscitivo.

Kant implicitamente ammette l’esistenza nel soggetto dell’Io puro con la “I” maiuscola (la cosa in sé dell’intelletto) ovvero ammette l’esistenza della coscienza oggettiva, madre delle intuizioni e delle emozioni simboliche; diversamente la ragione o non-io impuro non può esiste se non ha una meta da raggiungere e nella quale identificarsi: l’Io puro e assoluto delle due coscienze rivelate (“dio” e Dio).

Nonostante la critica all’empirismo e al razionalismo l'idealista, Hegel, convinto dell’inconoscibilità del noumeno compie un gravissimo errore: da inizio al suo sistema filosofico ponendo l’io assoluto' dalla “i” minuscola ad un uomo, legislatore della natura e della storia, che si basa sulla consapevolezza della ragione (non-io impuro) senza cogliere l’Io puro della Coscienza: l’assoluto oggettivo dell'intelletto.

Fichte stesso implicitamente nella sua prima formula della dialettica, «l’io pone se stesso», pone l’esistenza dell’Io assoluto con la “I” maiuscola, cioè del noumeno del Pensiero: la sconosciuta e trascurata, da parte degli idealisti, coscienza. L’io di fichtiano nel porre se stesso, infatti, pone sé come soggetto e, per esistere, si pone anche come entità, come una cosa, quindi, ponendo inizialmente l’io dalla “i” minuscola, si pongono sin dall’inizio il sapere e l’esistere, l’intelligenza della cosa e la “cosa”, il soggettivo e l’oggettivo dell'intelletto. Così «l’io nel porre se stesso pone il non-io» e poiché l’io per gli idealisti è consapevolezza di sé, è la ragione criticata da Kant, è l’intelligenza della cosa, di fatto è il non-io impuro della ragione, mentre la “cosa” è l’Io puro oggettivo dell’Intelletto: l’increata Coscienza generatrice delle intuizioni e delle emozioni simboliche che nessuna ragione fondata sulla logica o sulla dialettica può rivelare ed esprimere.

La seconda formula della dialettica espressiva di Fichte espressa con la dialettica rappresentativa dell’arte è così corretta: “ l’io della ragione o non-io impuro per esistere, oppone a se stessa l’Io puro o coscienza, vera ragione”.

La ragione è il non-io impuro dell’intelletto quindi è irrazionale, così com’è assurda l’attuale esistenza; diversamente non avrebbero senso né la filosofia, né l’arte né questo trattato.

Di fatto tutti gli idealisti chi più chi meno, incluso lo stesso Hegel, con l’io assoluto dalla “i” minuscola foggiano l’uomo dall’“assoluta” personalità consapevole di sé che ha poco realismo e molto «relativismo». Da ciò deriva l’impossibilità da parte degli idealisti e di tutti i filosofi di conoscere l’‘Assoluto’ oggettivo della natura e della menteche plasma l’Io puro e assoluto di ogni uomo sciolto da vincoli e assolutamente libero.

Dopo aver chiarito il paradosso conoscitivo, del falso io assoluto nel quale sono caduti gli idealisti, è interessante rilevare il loro contributo che ha messo in luce le problematiche non risolte dell’esistenza umana. Occorre quindi approfondire i filosofi del movimento idealista per cercare le cause del suo fallimento che non riguarda la mancata rivelazione dell’‘Assoluto’, negato alla filosofia, ma la sua influenza nel rapporto dell’uomo con la storia odierna.


Johann Gottlieb Fichte (1762 -1814) - All’origine del primo momento logico di Fichte «l’io pone se stesso», escludendo la coscienza (Io puro dalla "I" maiuscola), c’è l’io della ragione dalla “i” minuscola, questo vuol dire che all’origine dell’esistere c’è la libertà assoluta, perché l’io anche se razionale non ha condizionamenti fuori di sé, non ha un non-io che lo limiti, quindi è assoluto e libero.

Se nel secondo momento logico «l’io oppone il non-io», l’io non è più l’“io assoluto” iniziale, ma è diverso, perché limitato dal non-io, quindi, non è più l’io assoluto (assoluto significa ab-solutus, cioè sciolto da vincoli) assolutamente libero ma diventa io relativo, che tende alla libertà come tendono i moltissimi uomini o io relativi esistenti sulla Terra.

Per la dialettica rappresentativa dell’arte Il secondo momento logico di Fichte diventa l’inammissibile “l’io della ragione o non-io oppone il secondo non-io”; questa formula conferma la “cattiva infinità” del divenire dell’uomo nella storia; nella sfera del pensiero di Fichte manca l’“oggetto”, la “cosa” da raggiungere, il fine della Vita: l’Io puro oggettivo della Coscienza assolutamente libera, nella quale il non-io della ragione impura trova il suo approdo e la sua purificata identità.

Riepilogando l’“io assoluto” fichtiano, essendo consapevolezza in fieri, per esistere oppone a sé un non-io dalla conoscenza limitata, ma nel momento in cui c’è un non-io che si oppone all’“io assoluto” dalla “i” minuscola, l’“io assoluto” non è più assolutamente libero e illimitato, bensì è limitato dal non-io, e quindi diventa esso stesso un non-io limitato, cioè un io empirico fondato sulla sola esperienza dialettica.

Il terzo momento logico di Fichte: «l’io oppone, nell’io, all’io divisibile un non-io divisibile» conferma la nascita dell’io empirico nei soggetti umani concretamente esistenti che, vivendo consapevolmente, aspirano all’io “assolutamente” libero.

L’io empirico non è l’uomo che scaturisce dall’Io puro e assoluto con la “I” maiuscola assolutamente libero, in grado di costruire la sua libertà nalla storia dopo aver eliminato ogni paradossale non-io identificando la ragione con la Coscienza rivelata; di conseguenza, l’io empirico, non essendo libero il suo fine esistenziale è l’irraggiungibile libertà, infatti, per l’uomo nato libero di godere il Paradiso della natura provvidente, la vita è diventata sacrificio; per raggiungere la libertà deve superare, di volta in volta, gli ostacoli imprevedibili provocati dal non-io, nati dall’azione, in apparenza consapevole e libera dell’io assoluto.

È il paradosso immenso di chi definisce razionale l’attuale esistenza, eppure ogni paradossale non-io partorito dall’‘io assoluto’, non è nella natura ma nasce dalla nostra mente.

Secondo Fichte la storia avanza con il tentativo dell’uomo di ritornare all’‘io assoluto’ di assoluta libertà; quindi, tutta la storia umana narrata sarà la storia “infinita” della progressiva liberazione dell’uomo, liberazione dal non-io, cioè da quello che non è umano, da quello che non è razionale.

Per Fichte la storia dell’umanità è una storia di vittorie contro le malattie che limitano la libertà dell’uomo; tutta la storia delle scienze, della tecnica, è una storia di progressivo avanzamento della libertà, è la storia di liberazione dell’uomo dalla schiavitù, dalle oppressioni, dai dispotismi. Il non-io è tutto quello che non è ragione, quindi il non-io si annida anche in ciò che l’uomo intellettualmente produce; è presente nella società, nelle tirannie, in tutti i modi in cui la libertà dell’individuo è ostacolata. La storia . L’uomo si deve liberare anche dal non-io interno e dei suoi ostacoli; il che equivale a dire che la stessa ragione dovrebbe suicidarsi.

L’uomo, quindi, deve lottare per superare anche gli ostacoli interni alla propria liberazione.

La propria liberazione consisterebbe nell’arrivare alla libertà assoluta, alla razionalità assoluta, alla consapevolezza assoluta delle origini: libertà, che come l’arte insegna è razionalità metafisica, è emozionalità sull’esperienza, è conoscenza della libertà assoluta che non può essere raggiunta quando il non-io, la ragione impura (non-io)dialoga direttamente con l’Io puro e assoluto della Coscienza.

Siamo alla presenza di una visione falsamente titanica dell’uomo (il titanismo è uno degli aspetti del romanticismo): per Fichte l’uomo, come un titano, continuamente lotta contro il non-io, contro la natura, contro gli altri uomini che ostacolano la sua libertà e contro gli ostacoli interni che porta dentro di sé, vincere lottando significa aggiungere un pezzo di libertà alla propria.

Questa visione fichtiana dell’uomo ha molto del materialismo violento e poco spiritualismo fraterno.

È una visione apparentemente eroica e bella del destino umano; una volta che l’uomo, per Fichte, ha superato un ostacolo, un non-io, e amplia la libertà, vede riemergere a un livello più complesso, un altro ostacolo, cioè un altro non-io, e deve continuamente proiettarsi contro nuovi ostacoli più complessi per affermare l’‘io assoluto’, l’indipendenza da ogni condizionamento: la libertà.

Intanto l’ultimo non-io prima di dissolversi nell’ultimo io ha generato danni alla natura e allo stesso uomo.

È chiaro che questo processo è illimitato; molte generazioni non bastano a esaurirlo e a raggiungere la libertà che nella sua purezza sembra irraggiungibile.

L’uomo progressivamente amplia i propri orizzonti di libertà, ma non può illudersi di raggiungere la perfetta libertà, cioè ritornare allo stadio dell’‘io assoluto’. Per Fichte conoscere il non-io serve a capire come affrontarlo: la sua conoscenza subordinata alla pratica è finalizzata a superare gli ostacoli del non-io.

Questa visione implica una centralità del ruolo dell’intellettuale. Il dotto deve individuare quali sono gli ostacoli che il non-io pone nell’epoca storica, per aiutare l’uomo a elaborare la strategia migliore, atta a superare questi ostacoli.

Ogni epoca storica presenta determinati aspetti del non-io, perché superati certi ostacoli, ne nascono altri.

L’uomo di cultura ha uno sguardo più lucido, ha il compito di guardare più lontano, cioè di vedere quali sono gli ostacoli che si frappongono al successivo passo verso la liberazione dell’umanità, deve costituire l’avanguardia che combatte per la libertà, deve essere quello che, col suo lucido intelletto, scorge prima degli altri gli ostacoli e segna la rotta del progresso.

Sicuramente non si è liberi se l’azione di un uomo deve essere suggerita da un dotto perché ogni uomo deve essere dotto di se stesso. In questo senso si adopera “La Dottrina della Ragione”.


Friedrich Schelling (1755 - 1854) ha enunciato e teorizzato un importante elemento del romanticismo presente anche in Hölderlin: la poesia e l’arte sono l’organo della filosofia.

La filosofia è esercizio critico della ragione, è demolizione delle certezze date per scontate dal senso comune. La demolizione è possibile se il filosofo ha contemplato la pura bellezza, l’armonia della natura, ha contemplato la pienezza dell’esistere, al cui confronto l’esistente odierno è inadeguato; così si mette romanticamente in viaggio verso una conciliazione con l’‘Assoluto’ cercando di cogliere in esso l’armonia, la compenetrazione tra ideale e materiale attraverso la riflessione e contemplazione estetica. Nel 1797, a soli 14 anni dai Prolegomeni ad ogni metafisica futura di Kant, Schelling compone Idee per una filosofia della natura con la quale sposta ulteriormente l'orizzonte tematico del criticismo, coinvolgendo nello scenario le figure maggiori della cultura romantica tedesca, tra le quali Schiller, Goethe, Hőlderlin. Moltissimo, contarono nella stagione schellinghiana le ricerche naturalistiche di scienziati e medici gravitanti attorno alle nuove frontiere della fisica e della chimica e l'impegno intellettuale di uno scrittore come Goethe che orbita attorno al nuovo filone della "Filosofia della natura". Schelling obietta che l’io assoluto fichtiano, aveva bisogno di restare vincolato al non-io, dal momento che un soggetto può esistere solo in rapporto al suo essere anche “oggetto”. Così egli coglie nell’‘Assoluto’ filosofico due principi separati con pari dignità: l’Io ideale che è nel soggetto e l’assoluto materiale che è nell’“oggetto”. L’Io assoluto razionale, quindi, è l'unione intellettuale tra mente e natura. Con Schelling la ricerca kantiana di un principio dell’Io assoluto unitario si espande sino all’estremo limite di un idealismo spinoziano, di cui gli elementi centrali sono l'arte e la religione.

Il filosofo se ha in sé il ricordo dell’armonia, della piena compenetrazione della materia da parte dell’ideale o spirituale, tutto quello che è nel mondo non lo soddisfa.

La poesia e l’arte e, quindi, la contemplazione estetica sono le matrici dell’atteggiamento filosofico che deve,assecondando Holderlin, cimentarsi con il problema di Eraclito, vale a dire con l’Uno che si divide in se stesso e diviene molteplice negli “oggetti” naturali. L’uno diviso in se stesso è il grande problema della filosofia idealista. Tutta la filosofia di Schelling cerca di dare soluzione al problema di conciliare l’Uno con il molteplice, l’assoluto infinito/finito con il relativo finito dell’uomo e dell'uomo con la propria moltitudine.

Tutta la sua filosofia non è altro che il tentativo di risolvere questo problema; prova non riuscita perché l’arte non era ancora giunta alla consapevolezza di poter rappresentare l’Uno (“dio” dell’Energia).

Schelling non poteva esprimere ciò che l’arte avrebbe rappresentato, il finito che esprime l’infinito ovvero il finito/infinito: l’Uno diviso incommensurabilmente in se stesso configurante il molteplice.

Il problema schellinghiano dell’Uno che si scinde in se stesso per divenire molteplice, supera l’io assoluto irraggiungibile di Fichte posto alla fine della storia.

Schelling ha avuto una parabola molto particolare. Le idee di cui si parla sono state concepite da lui prima dei venticinque anni. Poi c’è stata una pausa lunghissima dominata dalla figura di Hegel; dopo il tramonto dell’hegelismo riemerge Schelling che ha approfondito il suo rapporto con l’‘Assoluto’.

L’‘Assoluto’ è indifferentemente nel soggetto e nell’“oggetto”, non si può dire quale dei due è prioritario. In queste parole c’è già tutto Schelling:«Non c’è qui un primo e un secondo: sono entrambi contemporanei e formano un tutto unico. A volere spiegare questa identità devo già averla soppressa»; «se parlo dell’identità, se me la pongo come “oggetto” di conoscenza, essa non è più identità tra soggetto e “oggetto”, diventa “oggetto” della mia conoscenza di soggetto, e allora sono già all’interno del dualismo io/non-io, così non posso più cogliere l’identità, non la posso più esprimere». Qual è la conseguenza?

La conseguenza è che l’‘Assoluto’, come assoluta identità, soggetto e “oggetto”, si potrà cogliere soltanto con un atto extrarazionale, con una facoltà che non è della ragione espressiva, non passa dal linguaggio.

Quindi sono possibili due filosofie: se si va dalla natura → all’io, dall’“oggetto” al soggetto, si ha la filosofia della natura, se si va dall’io → alla natura partendo dal soggetto per spiegare l’“oggetto”, si ha la filosofia dello spirito, la filosofia trascendentale. Secondo Schelling non è possibile la filosofia della natura senza la trascendentale: ciascuna coglie solo un aspetto dell’‘Assoluto’. Occorre congiungere l’una con l’altra.

È doveroso precisare che ogni conoscenza o esperienza avvicina l’uomo all’‘Assoluto’ oggettivo e soggettivo, quindi ogni attività conoscitiva, indifferentemente se si parte dall’“oggetto” o dal soggetto, è trascendentale come lo è la stessa “filosofia della natura”.

Riepilogando, per Schelling ci sono tre fasi di sviluppo dell’io. Nella prima fase l’io è rivolto semplicemente all’esterno e riceve passivamente i dati; è la fase dell’empirismo ingenuo o fase emozionale. Poi l’io riflette sui suoi modi di organizzare la conoscenza esterna, e si ha la fase della riflessione, equivalente al kantismo. Infine l’io supera questa fase e pone se stesso nel mondo attuando la filosofia di Fichte.

Una volta che l’io si è pienamente sviluppato e ha maturato questa terza fase, si oppone alla storia e dà luogo alla filosofia pratica o della dialettica rappresentativa.

Mentre nella prima fase l’io che apprende è passivo secondario all’oggetto, nella filosofia pratica, si è pienamente costituito come soggetto autocosciente e cerca di plasmare l’“oggetto” per conoscere l'ideale. Prima dipendeva dal materiale, adesso cerca di calare l’ideale nel materiale: c’è un movimento inverso. L’uomo da una parte conosce il mondo, dall’altra parte agisce sul mondo: c’è un io teoretico e un io pratico. Anche qui si è ancora nello schema fichtiano io/non-io; a questo punto Schelling si pone un problema radicale: come fa l’uomo, l’io, il soggetto a comprendere l’“oggetto”? Come fa a imprimere la propria volontà sull’“oggetto” ? Se questo avviene, è sempre perché tra soggetto e “oggetto” c’è una relazione forte; infatti, esiste nell'intelletto quell’intima comunicazione simbolica tra la Coscienza (Io “oggettivo”) e la ragione (io soggettivo).

Schelling va oltre, cerca di cogliere l’identità stessa tra soggetto e “oggetto”, cerca un’attività visiva della conoscenza che gli permetta di cogliere l’“oggetto” e il soggetto insieme, e approda alla sua identificazione; postula, così, che nel soggetto esiste simultaneamente l’attività conscia e inconscia. Per Schelling, “conscio” vuol dire soggettività, “inconscio” vol dire oggettività; “conscio” vuol dire spirituale, “inconscio” vol dire materiale, esiste, quindi, l’oggettività naturale del soggetto.

«Una simile attività è soltanto estetica».

L’attività estetica per Schelling risolve il problema della compresenza di soggettivo e oggettivo, di conscio e inconscio e, essendo presenti tutti e due gli elementi della conoscenza, decifra il problema dell’io assoluto.

Schelling sostiene che l’opera d’arte è il frutto dell’ispirazione inconsapevole, non cosciente, inconscia dall’artista e della sua volontà consapevole, cosciente per comunicare.

L’opera d’arte stessa è il regno dell’incontro tra il materiale e lo spirituale, perché nell’opera d’arte ovviamente non ha validità la materia usata: si attribuisce un valore estetico all’opera d’arte non perché è fatta di materiali preziosi ma per l’elemento ideale, spirituale che è calato profondamente e inscindibilmente nell’elemento materiale. Quindi sia da parte del genio artistico, sia da parte dell’”oggetto", c’è una fusione di spirituale e materiale, di soggettivo e di oggettivo, di conscio e di inconscio, e lo stesso avviene anche nel momento felice dell’estasi da parte di chi contempla l’opera d’arte.

Chi contempla l’opera d’arte, a un certo punto si immedesima nell’opera stessa, viene rapito dalla bellezza dell’opera ritrovandosi in uno stato estatico, si identifica con l’“oggetto”, superando la propria finita soggettività. Quindi la sfera dell’arte, sia dal punto di vista di chi la crea, sia dal punto di vista di chi la fruisce, sia dal punto di vista dell’opera d’arte, per se libera, è un luogo di incontro, di intreccio inscindibile di spirituale e di materiale, di soggettivo ed oggettivo, di conscio e di inconscio.

Fino a questo punto siamo ancora nell’ambito della grande filosofia idealista, però Schelling non si accontenta di questo: la dottrina dell’arte come organo della filosofia è per lui interna al romanticismo e alla filosofia trascendentale. Ha individuato la sfera dell’arte, il luogo dell’appuntamento tra conscio e l’inconscio, ma non sa quando questo incontro avverrà e come l’‘Assoluto’ sarà rappresentato.

Lo sforzo titanico di Schelling è di arrivare a una visione coerentemente monistica nel principio dell’Uno assoluto che incommensurabilmente diviso, configura il molteplice relativo senza perdere la sua l’identità.

In fondo tutto il pensiero di Schelling manifesta uno sforzo di fondare il monismo intellettuale che concili l’uomo con la sua moltitudine; ma, egli osservando il molteplice dell’esistenza umana, si ritrova nell’imperfezione del male, e non sa come conciliarlo con l’Uno. Sarà la stessa arte a farsene carico.


Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770 -1831) con la sua filosofia esprime una delle linee di pensiero più complesse e per certi versi più inquietanti della tradizione occidentale. Partendo dal pensiero dei suoi predecessori idealisti, Fichte e Schelling, influenzato da altri sistemi di pensiero (come Immanuel Kant), sviluppò una filosofia articolata. La sua visione storicista e idealista dell’esistenza nel suo complesso ha rivoluzionato il pensiero europeo, gettando le basi della filosofia continentale sfociata nel relativismo sociale e liberale. Hegel sviluppò un quadro teorico sistemico di idealismo assoluto molto convincente pervenendo ad una filosofia della totalità, in grado di mascherare qualsiasi contraddizione e opposizione paradossale tra natura e libertà, tra immanenza e trascendenza, tra Coscienza e ragione, quest’ultime dannosamente fuse, senza la conoscenza dell’‘Assoluto’, nell’io assoluto soggettivo di un uomo falsamente consapevole di sé. L’uomo di Hegel, nel suo divenire nella storia non è artefice a priori ma a posteriori e a tratti del suo destino; quest’uomo è costretto a rincorrere e a risolvere le contraddizioni o paradossi del non-io sempre più complessi generati dall’io assoluto soggettivo rimasto di fatto a un relativo soggetto che ha smarrito la “spiritualità”, l’emotività e la testimonianza del divenire.

Hegel nella premessa della Fenomenologia dello spirito afferma in maniera categorica: «Il vero è l’intero», ricordando implicitamente che sia il vero sia l’intero, hanno la “struttura” del finito espresso in modo infinito e da questa “struttura” sceglie l‘infinità: l’io assoluto. Il suo impianto filosofico costituisce un illusorio completamento della filosofia: l’io assoluto della consapevolezza, della libertà assoluta emerge da tutto l’insieme della storia della filosofia del pensiero occidentale e in particolare dall’idealismo.

L’idealismo aveva superato il criticismo kantiano, debole dal punto di vista teoretico per il suo sistema dualista, perché scindeva il fenomeno dal noumeno; Kant aveva il difetto, a suo dire, di aspirare alla conoscenza del finito, del fenomeno, senza lo slancio, tipico del romanticismo, a cogliere l’infinità del noumeno: l’‘Assoluto’ partendo dal soggetto. Fichte, Schelling e Hegel invece hanno la pretesa di cogliere la struttura dialettica dell’Assoluto, senza trascurare il molteplice.

Secondo Hegel, Fichte ha compiuto un enorme passo in avanti rispetto a Kant perché ha abolito la cosa in sé, il noumeno della natura e, spostando l’attenzione dall’“oggetto” al soggetto, ha avviato l’unificazione della filosofia con la storia intorno al concetto dell’io dall’assoluta libertà, ma Hegel lo accusa di “cattiva infinità”: l’io assoluto di Fichte continua a rimanere staccato dalla storia.

La storia umana avanza continuamente verso l’io assoluto, dell’assoluta libertà, ma non lo raggiunge mai, c’è sempre qualche ostacolo del non-io che si frappone.

Hegel dice in sostanza: Fichte ha compiuto un grande passo in avanti rispetto a Kant, ma ha posto l’io assoluto dall’assoluta libertà, da una parte e la storia, l’uomo, dall’altra parte.

Un altro passo l’aveva compiuto Schelling, che sosteneva la presenza simultanea di Io (coscienza) e non-io (ragione) all’interno del soggetto, quindi aboliva la distanza che permaneva in Fichte.

La Fenomenologia dello spirito segna il momento in cui Hegel prende le distanze anche da Schelling, rimproverandolo di aver avuto una visione dell’‘Assoluto’ quale «una notte in cui tutte le vacche sono nere», come dice con ironia.

Che cosa gli vuol rimproverare?

Se l’assoluto del soggetto è unità indifferenziata di Io oggettivo o Coscienza e non-io o ragione, ne consegue che non c’è nessun principio che permetta di capire come dall’‘Assoluto’ naturale, l’Uno generi il molteplice.

Per Schelling c’è un modo di conoscere superiore al pensiero, c’è qualche cosa che sta più in alto della filosofia che si occupa soltanto dell’io assoluto della ragione; questa cosa è sicuramente nella sfera estetica dell’arte. Per quale motivo?

Perché la realtà suprema è l’Assoluto, l’Io assoluto, assolutamente libero con la “I” maiuscola, che si può cogliere con un atto irrazionale legato all’intuizione, molto simile a quello con cui si intuisce simbolicamente la bellezza in un’opera d’arte.

Secondo Hegel con la caratterizzazione dell’Io assoluto che unifica soggetto e “oggetto”, Schelling è caduto nell'irrazionalismo. Hegel si sbagliava

Da questa critica si deve partire per capire la visione diversa e incoerente di Hegel riguardante l’‘Assoluto’ .

Hegel dice: l’‘Assoluto’ non è statico, non è “oggetto”, bensì è in fieri, è in divenire, è soggetto che non potrà essere colto nella sua essenza mediante un’intuizione puntuale, bensì mediante un discorso dilatato, mediante il ragionamento. A questo punto bisogna rifarsi alla distinzione tra intuizione e discorso.

Hegel sostiene: non si deve accettare la conoscenza intuitiva, immediata di Schelling, ma, essendo l’‘Assoluto’ in divenire, uno sviluppo, un processo, esso può essere colto soltanto mediante la discorsività, mediante il ragionamento, mediante il passaggio da un termine all’altro.

A questo punto Hegel fa l’affermazione forse ancora più decisiva: l’Assoluto è un risultato; se per Fichte e per Schelling, l’‘Assoluto’ è l’inizio, per Hegel l’‘Assoluto’ è il risultato, è alla fine di tutto il percorso di mediazioni, è il risultato dello smisurato ragionamento di cui si compone la storia.

Possiamo quindi riscontrare il vero carattere che identifica l’io assoluto hegeliano: l’io assoluto, a suo dire è soggetto, è divenire, è risultato, è soprattutto totalità. Se l’io assoluto di Hegel è divenire evidentemente esso è io relativo e non può determinare il procedere della storia in cui tutti gli uomini sono assolutamente liberi perché guidati da un unico Io assoluto; l’io relativo di Hegel mascherato di assoluto è semplicemente il divenire della storia umana influenzata dai crescenti incontrollabili ignoranti e falsi, io assoluti.

È stato detto che Hegel è una sorta di Eraclito moderno per aver ripreso, in maniera più complessa, la centralità del divenire di Eraclito.

La storia per Hegel, è l’insieme dei suoi momenti, dal primo fino all’ultimo; l’io assoluto hegeliano è la verità razionale (?) che influenza i momenti dello sviluppo storico. Cosa ne consegue? Se la storia si studia semplicemente a un singolo momento, si ha una visione falsata della storia e, quindi, dell’io assoluto; questo è stato l’errore della filosofia precedente.

Ogni momento, invece, è teso al superamento di se stesso, e qui si arriva alla logica di tipo nuovo, alla logica dialettica che Hegel introduce considerando l’io assoluto razionale’.

Prima di Hegel la filosofia, tranne qualche accenno in Fichte si basava sul principio dell’identità.

Il principio di identità implica che ogni cosa è uguale a se stessa, se è diversa da A, è B.

Il principio di identità e il principio di non contraddizione sono alla base del ragionamento logico e alla base della filosofia dello stesso Kant. Quando Kant ha abbozzato una dialettica, nella Critica della ragion pura, ha contrapposto tesi e antitesi, cioè un’affermazione è uguale a se stessa (A = A) e il suo contrario è uguale a se stesso (B = B). La dialettica kantiana è dicotomica, cioè consta di due termini.

Con Fichte si è introdotto un terzo termine e i termini della logica dialettica sono diventati tre: l’io pone se stesso, ma l’io nel porre se stesso pone anche il contrario di sé, il non-io; e dalla genesi del non-io scaturisce l’io empirico.

La dialettica dei tre termini di Fichte, è accolta da Hegel che la estende a tutto il divenire storico.

Per Hegel ogni fenomeno è identico a se stesso, ma, inserito nella temporalità della storia, tende ad andare oltre se stesso; posto nel processo temporale, tende a negare se stesso e tende a diventare diverso dal suo stato originale. Questo significa che ogni fenomeno della storia, che si può chiamare tesi (“tesi” nel senso etimologico da títemi, il verbo greco che significa porre), tende a trasformarsi in antitesi.

Ogni fenomeno posto nella storia è auto-contraddittorio, è identico a se stesso e tende a diventare diverso da sé, quindi, alle tesi corrispondono altrettante antitesi.

L’antitesi è la negazione della tesi, ma non è una negazione assoluta, che distrugge la tesi: come Hegel dice, è una negazione determinata, cioè circoscritta; l’antitesi è l’annientamento di una parte della tesi che pone in luce altri aspetti, quindi, l’antitesi, non è un processo di distruzione della tesi, bensì è un processo di superamento (Aufhebung) della tesi stessa.

Attraverso il contrasto tra quello che il fenomeno è, e quello che lo stesso fenomeno tende a essere, nasce un nuovo equilibrio, nasce una nuova entità, che è la sintesi di questo processo di opposizione.

Riepilogando: ogni fenomeno (tesi) diventa auto-contraddittorio, negazione di sé, opposizione (antitesi), questo nuovo fenomeno si può superare conseguendo un nuovo equilibrio che è la sintesi.

Nasce la triade di tesi, antitesi e sintesi. Naturalmente la sintesi a sua volta costituirà un equilibrio del fenomeno cioè una nuova tesi; questo equilibrio può essere più o meno duraturo e stabile, ma è comunque destinato a entrare in squilibrio per l'auto-contraddittorietà che cresce nel suo interno.

In Hegel non c’è mai un riferimento all’esteriore, tutto ciò che avviene, è dovuto al dinamismo interno per l’auto-contraddittorietà del fenomeno. Anche la sintesi (nuovo io), a sua volta diventata per i nuovi equilibri, tesi (io) e darà luogo per auto-contraddizione a una nuova antitesi (non-io), e così via, all’infinito.

Il divenire per auto-contraddizione ha un significato ben preciso: presa un’entità qualsiasi, un vivente, una figura logica, oppure un sistema sociale, un'idea essa tende a trasformarsi in qualche cosa di altro, ma non in qualsiasi altra cosa, perché, appunto, il meccanismo che la anima è di una negazione determinata.

Ogni entità o fenomeno porta in sé qualche cosa di diverso, ma di preciso: il suo sconosciuto opposto il quale cancellerà ciò che è superato e ciò che è fecondo sarà inverato e portato a un nuovo livello.

Hegel ha dimostrato come la filosofia dialettica può influenzare la storia, ma, così, ha anche dimostrato perché l’io ‘assoluto’ nel suo divenire resterà per sempre relativo e non raggiungerà mai l'assoluta libertà.

In sintesi: per Hegel il vero è l’intero, è la totalità, il divenire dell’uomo ordinato dalla logica dialettica che l’uomo stesso è perfettamente in grado di cogliere per produrre la sua storia. È il trionfo della “cattiva infinità” che Hegel cerca di mascherare con una “sintesi chiusa”, con un preciso punto di arrivo: Lo Stato. Hegel ha piena consapevolezza che noi viviamo in un’epoca di trapasso e di trasformazione: c’è un travaglio doloroso, che sembra implicare solo disgregazione, ma che è la preparazione di una nuova era.

La storica sta per partorire un’Idea nuova. Secondo le leggi della dialettica, la quantità si sta trasformando in qualità che si accumula e alimenta le condizioni di un totale cambiamento.

Stanno lievitando le condizioni di una nuova nascita; si sentono, ogni tanto, i gemiti di un parto che non si è ancora visto, «ma io sono certo, dice Hegel, che lo spirito, cioè il divenire dell’uomo, sta per generare una nuova era, che sboccerà all’improvviso».



Le critiche all'hegelismo – La soluzione hegeliana per il raggiungimento dell’uomo libero darà motivo a numerose e giustificate critiche da parte dei suoi contemporanei: ad esempio, secondo Schelling, il pensiero logico può stabilire condizioni negative all’esistenza poiché la libertà non può essere determinata dal pensiero logico dialettico se nasce dalla ragione che si limita ad agire assecondando la storia.

Le condizioni positive che rendono possibile l'esistenza scaturiscono invece da un atto incondizionato che è superiore a ogni spiegazione dialettica; Hegel, infatti, intendeva giungere all’io assoluto con la mediata riflessione dialettica del soggetto a cui manca la parte oggettiva della sua esistenza: l’Io puro della Coscienza. Ciò che resta di vero della filosofia hegeliana è la mediata riflessione dialettica che non può essere soltanto espressiva.

L’unificazione tra soggetto e “oggetto” di Hegelfu anche criticata da filosofi attratti da temi esistenziali, come Schopenhauer e Kierkegaard, ai quali la dottrina hegeliana appariva come la vana pretesa di comprendere razionalmente ciò che per natura può essere conosciuto solo quando la ragione supera l’universo esperienziale: quel che Hegel aveva trovato era un «relativo» mascherato da assoluto.

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Dopo l'idealismo, il termine ‘Assoluto’ che indistintamente sta ad indicare l’assoluto naturale e l’Assoluto intellettuale è stato ripetutamente ripreso dalle varie correnti filosofiche, in accezioni analoghe a quelle elaborate dagli idealisti. I filosofi, Victor Cousin (1792 – 1867), William Hamilton (1788 – 1856), H. Mansel (1820 – 1871), F. H. Bradley (1846 – 1924), B. Croce (1866 – 1952) e G. Gentile (1875 – 1944) hanno tutti espresso suggestivi concetti di contorno riguardanti l’‘Assoluto’, rimasto sconosciuto sino al 1975, l’anno della sua rappresentazione. Tutti i filosofi, compresi quelli odierni, non hanno considerato che all’alba delle civiltà con la nascita del “linguaggio” rappresentativo o simbolico dell’arte, si è interrato il seme della dialettica rappresentativa che è l’arte di ragionare osservando la rappresentazione visibile dell’increato assoluto dell’Energia e l’increato Io puro del Pensiero. Questo seme che inconsapevolmente, con i suoi capolavori, ha segnato tutta la storia dell’arte, dopo una millenaria attesa germoglia nell’uomo artista-architetto e lo guida a identificare la ragione con la Coscienza e a fondere nell’Io puro e assoluto le due divinità, Dio oggettivo del’intelletto e “dio” “oggetto”, nell’uomo reale del terzo millennio.


La Suprema ricerca dell’arte (1975 - 2012) ha completato la “Conoscenza generale della Natura” da cui si estrae questa dottrina e ha fuso insieme, nell’'Io puro e assoluto dell'uomo, l’Io puro soggettivo della ragione pienamente consapevole di sé per essersi identificata alla Coscienza (Dio) e l’assoluto spaziotempo oggettivo della fisica (“dio”), testimoniato da ogni “quanto” di Energia.

L’Io puro e assoluto dalla “I” maiuscola che spezza la “cattiva infinità” dell’io assoluto di Hegel, è il frutto di un movimento “dialettico/rappresentativo” triadico che si manifesta dopo che il principio immateriale dell’Energia e lo spaziotempo relativo scoperto da Albert Einstein entrano a far parte della creatività di un artista, studente in architettura il quale ha una la consapevolezza che l’assoluto dell’Energia, “dio” o “coscienza fisica”, può essere disegnato e reso visibile all’io impuro della ragione indagando rappresentativamente l’assoluto soggettivo: l’Io puro del Pensiero (Dio) della coscienza umana, unica realtà manifesta nel mondo dei sensi. Le due increate coscienze, “dio” (assoluto) e Dio (Io puro), fonti inesauribili di conoscenza diventano l’approdo, la meta ambita della creativa e purificata ragione.

In sintesi: nell'universo fisico “dio” dell’Energia è il reale, è l’assoluto, il principio immateriale causale/finalistico, testimoniato dalle incommensurabili “particelle”, è l’Uno che divenendo nel molteplice configura il relativo apparente della natura visibile dalla quale sorge l’intelletto umano.

Nell'intelletto esistono, il Pensiero puro o principio oggettivo etico/estetico testimoniato dalla Coscienza umana (Io puro) e il Pensiero impuro o principio soggettivo espresso dalla ragione (io impuro) vincolata all’organo della vista, la quale, per esprimere certezze attraverso la parola e il verbo deve guardare e conoscere tutto lo spaziotempo visibile e invisibile naturale, anche quello assoluto.

C’è sempre una prima ragione! La ragion pratica di un artista dall’io impuro, osserva l’apparente materialità della natura visibile configurata dall’assoluto dell’Energia, si oppone a sé e all’apparente natura osservata, rappresenta l’assoluto, rivela e si identifica all’Io puro del Pensiero della Coscienza e ritorna in sé arricchita consapevole di esprimere, attraverso l’uomo reale del terzo millennio, l’Io dall’Amore assoluto.

Identificata la ragione con la coscienza, tutto è piena consapevolezza: tutto è ragione.


L’uomo, infatti, per determinare la sua storia con l’Io assoluto dalla “I” maiuscola, deve chiudere il percorso della filosofia dialettica espressiva che si fonda sul dialogo apparente tra ragione impura, fenomeno e storia e aprire il percorso alla filosofia dialettica rappresentativa e, quindi, visiva dell’arte che si fonda sul dialogo reale tra la ragione purificata e le due coscienze rivelate dal sapere sicuro (“dio” e Dio). Questo incessante dialogo è l’unica via per spezzare la “cattiva infinità” del divenire relativo dell’io apparentemente assoluto e miseramente titano di Hegel, occupato a risolvere la crescente e paradossale complessità del vivere; l’unica via e per oggettivare la storia dell’uomo è interrogare l’assoluto dell’Energia e Io puro del Pensiero. L’io soggettivo, ha smesso di produrre il non-io che alimenta la complessità e il degrado della storia la quale sfocerà nell’ultima “sintesi chiusa”: nel divenire de “Lo Stato provvidente” in cui ogni uomo è felice ed è assolutamente libero di agire e di pensare.

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Le verità intuitive delle "filosofie" orientali


Dopo aver sintetizzato la nascita e il percorso dell’Assoluto della filosofia occidentale e il suo approdo con il contributo decisivo della “Suprema ricerca dell’arte”, si sintetizza il pensiero di alcune “filosofie” orientali che hanno elaborato credenze mistiche della liberazione della condizione umana particolarmente veritiere concordanti con i risultati emersi dalla ricerca artistica.

  • La filosofia induista riscontra il concetto che il mondo visivo è un’illusione, apparenza della realtà la quale è posta a fondamenta di tutti i fenomeni sensitivi che ci circondano.
Quando si è liberi dall’illusione, si vive in armonia con la Natura.
  • Il buddismo rivela l’importanza che si dà al risveglio dall’illusione.
Il mondo visivo è apparenza e l’uomo deve raggiungere, con l’esperienza mistica, lo stato dell’impensabile dove la realtà è essenza assoluta, indivisa e indifferenziata.
  • Il pensiero cinese riflette sul concetto ciclico degli opposti, considerati complementari.
Ogni coppia di opposti crea è una inscindibile unità. Questo concetto esprime il Primo Principio Universale su cui si fonda la Natura.

Le “filosofie” citate che si basano su solide intuizioni, insieme alla filosofia occidentale, sintetizzano il panorama filosofico planetario che in questa dottrina riscontrano tutte la verifica delle loro verità e la loro unificazione, tanto da poter considerare questa dottrina, su scala planetaria, la madre di tutte le filosofie.



- L’Induismo –


Nonostante gli Indù fossero stati in maggioranza dei semplici contadini, tra loro sono nati eminenti saggi che hanno trasmesso profonde intuizioni. Il loro credo si fonda sulla convinzione che la moltitudine di cose ed eventi che ci circondano sono differenti manifestazioni della stessa «Realtà Ultima» (Brahmann), intesa come l’essenza intima (fondamenta) di tutte le cose. Il tema fondamentale di tutta la filosofia indù è la creazione del mondo mediante il sacrificio che ‘Dio’ fa di se stesso, «Sacrificio» nel senso originale del termine: «rendersi sacro» per mezzo del quale ‘Dio’ diviene Natura. Questa attività “creativa” di ‘Dio’ è chiamata lìlà, il gioco di ‘Dio’, e la natura visibile è considerata lo scenario nel quale si svolge il gioco divino. Sino a quando si confondono le miriadi configurazioni dell’attività “creativa” (lìlà) con la Realtà, si è sotto l’incantesimo della màyà. Màyà non significa che il mondo è un’illusione; significa semplicemente che l’illusione si trova nel nostro punto di vista, se si pensa che le cose e gli eventi osservati nella Natura siano Realtà, mentre sono concetti della nostra Mente influenzata dal senso della vista. Màyà è l’illusione che deriva dall’interpretare questi concetti come Realtà. Finché si osserva il mondo frammentato, finché si è sotto l’incantesimo del màyà, finché si percepisce di essere separati dal nostro ambiente e di poter agire indipendentemente in esso e dai nostri simili, non si può comprendere l’Unità e l’armonia di tutta la Natura e agire di conseguenza. Essere libero dall’incantesimo del màyà significa provare concretamente e personalmente che tutto, compreso il nostro stesso io, è Brahmann, è «Realtà Ultima». Questa esperienza è chiamata moksa o «liberazione», è la vera essenza dell’induismo. L’immaginazione degli induisti ha creato molte divinità che appaiono in innumerevoli sembianze. Attualmente le tre divinità più venerate in India sono Siva, Visnu e Sakti.

Siva assume molte configurazioni, compresa quella del Re, Danzatore Cosmico, Dio della creazione e della distruzione che con la sua danza dà ritmo a tutto l’universo.
Visnu appare anche lui in molte sembianze e la sua funzione è di conservare l’Universo.
Sakti è la madre divina, l’archetipo della divinità femminile, che nelle sue innumerevoli configurazioni rappresenta l’Energia dell’universo. Sakti appare anche come moglie di Siva e i due sono spesso rappresentati nelle splendide sculture dei templi sacri in appassionati amplessi che irradiano una sensualità straordinaria di un livello totalmente sconosciuto dall’Arte religiosa occidentale.

Tutte le divinità presenti nella mitologia indù dimostrano l’aspetto sessuale e complementare della Natura (maschile e femminile) che è una parte integrata e imprescindibile della «Realtà Ultima» (Brahmann). L’uomo occidentale si disorienta facilmente di fronte al numero favoloso di divinità. Per comprendere come gli Indù riescano a tener conto di tantissime divinità, dobbiamo essere consapevoli dell’atteggiamento concreto dell’Induismo, secondo il quale tutte le divinità sono identiche manifestazioni della stessa «Realtà» che nell’illusione dei sensi diventa indubbia Apparenza.



- Il Buddhismo –


Il Buddhismo è stato per molti secoli la tradizione religiosa dominante nella maggior parte dell’Asia; diversamente dall’induismo esso risale a un unico fondatore: Siddhàrtha Guautama, il cosiddetto Buddha (IV a.c.). Buddha non è interessato a soddisfare la curiosità umana sull’origine del mondo, sulla natura del Divino e sui problemi analoghi, ma si è preoccupato unicamente della condizione umana, delle sofferenze e delle frustrazioni degli uomini. La sua dottrina perciò non è una metafisica ma una terapia della mente. Egli ha indicato l’origine delle frustrazioni umane e il modo per superarle servendosi dei tradizionali concetti induisti di màyà (illusione), karman (Energia creatrice), nirvana (risveglio), ecc. ai quali ha dato un’interpretazione nuova e di immediata rilevanza pratica. Il Buddhismo non si perde mai in pensieri speculativi; la mente apre la strada all’esperienza mistica diretta che i buddisti chiamano «risveglio». Il significato profondo di quest’esperienza mistica consiste nell’andare oltre il mondo visibile e delle distinzioni per raggiungere il mondo dell’a-cintya, dell’impensabile, dove la Realtà si manifesta come «essenza assoluta», indivisa e indifferenziata. Buddha nella famosa enunciazione delle «Quattro Nobili Verità», presenta la parte essenziale della Dottrina, non diversa dalla diagnosi di un medico, prima identifica la causa dei mali dell’umanità e poi afferma che questi mali possono essere curati e, infine, descrive il rimedio.


La prima Nobile Verità indica la principale caratteristica della condizione umana, duhkha, che è dolore e frustrazione, derivanti dalla difficoltà dell’uomo nell’affrontare il mondo precario e transitorio che lo circonda. “Tutte le cose fluiscono” diceva Buddha; il fluire e il mutare sono aspetti fondanti la natura. Secondo la concezione buddista, la sofferenza nasce ogni qualvolta l’uomo si oppone al fluire della Vita e cerca di legarsi a modelli fissi i quali sono tutti màyà (illusione), siano esse cose, eventi, persone e idee. Il Buddismo ritiene che l’idea di un sé individuale separato dalla Natura sia un’illusione, sia semplicemente un’altra màyà. Legarsi al sé individuale, al corpo come a qualsiasi categoria fissa della mente, porta sistematicamente alla frustrazione.


La seconda Nobile Verità si occupa della causa di tutte le sofferenze, trsnà, che è l’aggrapparsi al futile della vita da un punto di vista errato detto a-vidyà o ignoranza. L’uomo a causa di questa ignoranza divide il mondo che percepisce in cose separate e distinguendole cerca di racchiuderle in categorie fisse. Sino a quando prevale questo modo di vedere, l’uomo è destinato a subire una frustrazione dopo l’altra. Se si lega a cose e idee che gli appaiono fisse e durevoli, ma che invece sono transitorie e continuamente mutevoli, rimane intrappolato in un circolo vizioso nel quale ogni azione genera altre azioni e la risposta data ad ogni domanda suscita nuove domande. Nel Buddismo questo circolo vizioso è noto come samsàra, il ciclo di nascita e morte, guidato dal Karmann, la catena senza fine di causa ed effetto.


La terza Nobile Verità afferma che si può porre fine alla sofferenza e alla frustrazione superando il circolo vizioso del samsàra, liberandosi dalla schiavitù del Karmann. Si raggiunge così lo stato di liberazione detto nirvana (pienezza della Coscienza, estasi, quiete assoluta). In questo stato è scomparsa la falsa immagine di un sé soggettivo separato dal resto della natura e l’unità con il tutto diventa una sensazione costante. Raggiungere il nirvana significa pervenire al risveglio.


La quarta Nobile Verità è la prescrizione di Buddha per porre fine a tutte le sofferenze mediante l’Ottuplice Sentiero dell’auto-perfezionamento, che porta allo stato di Buddhità (Stato Divino). Le prime due parti di questa via si occupano del giusto vedere e del giusto conoscere. Si attua così una chiara introspezione della condizione umana che è il punto di partenza necessario. Le quattro parti successive del sentiero si occupano del giusto agire; esse danno le regole al modello di vita che è una via media tra due estremi opposti. Le ultime due parti della via si occupano della giusta consapevolezza e della giusta meditazione e descrivono l’esperienza mistica diretta della Realtà che è obiettivo finale.



- Il Pensiero Cinese –


Il pensiero filosofico cinese ha raggiunto il suo apice alla fine del periodo Chon, tra il 500 e il 250 a. C.. Fin dall’inizio questa filosofia ha avuto due aspetti complementari. I cinesi, essendo uomini pratici con una coscienza sociale molto sviluppata, si sono interessati in diversi modi dei problemi della vita e dei rapporti umani nella società. Complementare all’aspetto pratico del pensiero cinese vi è quello mistico che consiste nel trascendere il mondo e la vita quotidiana per arrivare a un livello superiore di consapevolezza. I due aspetti della filosofia cinese hanno originato due scuole filosofiche, il Confucianesimo e il Taoismo. Il Confucianesimo è la filosofia dell’organizzazione sociale, il Taoismo dell’osservazione della Natura e della scoperta del Tao che originariamente significava «la Via». I cinesi come gli indiani sono convinti che alla base della molteplicità delle cose e degli eventi esista la «Realtà Ultima» chiamata, appunto, Tao, Il Tao è il processo cosmico del quale sono costituite tutte le cose; il mondo è visto come flusso continuo dal mutamento ininterrotto. I cinesi non credono soltanto che flusso e mutamenti siano caratteri essenziali della Natura, ma che anche in essi esistano degli schemi costanti osservabili dall’uomo. Il Saggio riconosce questi schemi e regola il proprio agire in conformità ad essi; in tal modo diviene un tutt’uno con il Tao. Quali sono questi schemi della Via cosmica che l’uomo deve riconoscere? La principale caratteristica del Tao è la natura ciclica del suo movimento e mutamento incessante. In Natura tutti gli sviluppi del mondo fisico e delle condizioni umane presentano configurazioni cicliche di andata e ritorno di espansione e contrazione. Quest’idea considerata regola di Vita è stata certamente desunta dai movimenti del Sole e della Luna e dell’alternanza delle stagioni. L’idea di configurazioni cicliche nel mondo del Tao perviene ad una struttura definitiva con l’introduzione delle polarità opposte yin e yang; questi due poli pongono i limiti ai cicli del mutamento:

«quando lo yang ha raggiunto il suo massimo, esso si restringe a favore dello yin; quando lo yin ha raggiunto il suo massimo, esso si restringe a favore dello yang».

Nella concezione cinese tutte le manifestazioni del Tao sono generate dall’interazione dinamica di queste due forze polari complementari. In origine, i termini yin e yang indicavano rispettivamente i fianchi in ombra e al sole di una montagna; immagine che rende bene l’idea della relatività dei due concetti dovuti al senso del Sole. Fin dai tempi più remoti i due poli opposti complementari archetipi della Natura sono stati rappresentati non solo dal luminoso e oscuro, ma anche dal maschile e femminile. Yang è l’elemento maschile, padre forte, pieno di luce da associare al Cielo; yin è l’elemento femminile, madre buia e fertile da associare alla Terra. Nel campo del pensiero cinese, yin è la parte femminile che abbraccia le fatiche del suo re yang e le rigenera nell’abbraccio cosmico dell’Amore Universale. Il carattere dinamico di yin e dello yang è illustrato dall’antico simbolo cinese chiamato T’ai-chi T’u, o «diagramma della Realtà Ultima».


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Questo diagramma è una disposizione simmetrica dell’oscuro yin e del luminoso yang, ma la simmetria non è statica è rotazionale che richiama alla mente, con estrema suggestione un movimento ciclico continuo:

«quando lo yang ritorna ciclicamente sulle sue origini, lo yang raggiunge il suo massimo e lascia il posto allo yang».


I due punti del diagramma rappresentano le due forze; quando una di esse arriva al massimo, contiene in sé il seme del suo opposto. La coppia di opposti complementari è il grandioso motivo conduttore che permea la cultura cinese: «la tua vita dipende dall’armonia con cui si fondono yin e yang» disse Chuang-tzu. I Taoisti ritengono che ogni coppia di opposti sono uniti da una relazione polare in cui ciascuno dei due poli è legato dinamicamente all’altro. L’Uomo occidentale difficilmente accetta l’implicita unità di tutti gli opposti. Sembra del tutto paradossale l’idea che esperienze e valori discordanti e opposti siano aspetti differenti della medesima espressione. Dalla convinzione che i movimenti del Tao sono una continua interazione tra opposti, i Taoisti hanno dedotto una regola fondamentale per la condotta dell’Uomo: ogni volta che si vuole ottenere un risultato, di qualsiasi genere, bisogna iniziare dal suo opposto. Ecco cosa ha detto Lao-tzu:

«Se si vuole restringere, bisogna anzitutto estendere.

Se si vuole far perire, bisogna anzitutto far fiorire.

Se si vuole prendere possesso bisogna anzitutto offrire».


È sorprendente! Quando Lao-tzu e i suoi discepoli hanno elaborato la loro concezione del mondo (VI sec. a. C.), nello stesso periodo, gli aspetti essenziali di questa visione taoista sono stati insegnati anche in Grecia da un filosofo noto per i suoi pochi frammenti: Eraclito di Efeso. Il suo pensiero aveva in comune con quello di Lao-tzu non solo l’importanza data al mutamento continuo, espresso nel famoso detto «Tutto fluisce» ma anche l’idea che tutti i mutamenti sono ciclici e che ognuno di esso è regolato dall’interazione dinamica degli opposti polari che formano un Tutto unico. Dice il filosofo greco «La strada all’insù e all’ingiù è una sola, la medesima»; come i taoisti Eraclito, considera ogni coppia di opposti una inscindibile unità. Questo sommo concetto, come appurato, descrive integralmente il Primo Principio Universale con il quale si rappresenta e si testimonia tutta la natura fisica e vivente e con il quale si dovrebbero esprimere, regolare e ordinare tutte le creazioni e le azioni dell’uomo.

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Le verità intuitive nate dall’atto di fede


L’uomo dei tempi antichi, limitandosi a osservare l’apparenza visiva della Natura, non può comprendere che lo spaziotempo assoluto, rappresentato delle incommensurabili “particelle” elementari di Energia, tradotto in lessico, esprime l’“amore assoluto” di “dio” della teologia naturale che fonda l’universo. L’uomo non può comprendere che dall’increato “dio” dell’Energia testimoniato dalle incommensurabili “particelle” ha origine la varietà fisica e vivente la quale per la sua abbondanza giunge a configurare, con la specie umana, l’encefalo plastico, sede dell’intelletto.


Nell'intelletto la ragione, con le prime esperienze relative riferite alla natura visibile, sancisce la sua esistenza attraverso la percezione assoluta del Perfetto Dio. Dio è il traguardo da raggiungere fonte di certezze su cui ragionare. Se la ragione non pone in essere, nell'esistenza l’Assoluto non ha motivo di esistere.

Così è nato il sempre-presente Amore puro del Pensiero: Dio, testimoniato da ogni coscienza umana, nato a immagine e somiglianza dell’increato “dio” dell’Energia o “coscienza fisica”.

Dio, Amore puro, diviene costante Pensiero dell’uomo.

L’uomo, quindi, non può fare a meno dell’Amore puro che percepisce attraverso l’increato Pensiero della sua coscienza, perciò non può fare a meno della percezione di Dio che accoglie con l’atto di fede.

L’atto di fede in Dio è la virtù della ragione che interpreta, nel modo più consono, la percezione dell’Amore puro del Pensiero originato e testimoniato da ogni increata coscienza umana, unica realtà esistente nel mondo dei sensi.


L’“amore assoluto” (“dio”) e l’Amore puro (Dio), come verificheremo, costituiscono un’unità indifferenziata sia se è testimoniata dalle incommensurabili “particelle” di Energia (“coscienza fisica”) che dal buio del limitatamente piccolo rappresentano l’universo, sia se è testimoniata dalla moltitudine delle coscienze che alla luce dell’immensamente grande esprimono Dio e l’universo, perciò “dio” e Dio, essendo perfetti e di perfezione può esisterne una sola, sono unici e affini e con l’uomo è nato l’unico ‘Dio’.


L’unione totale tra “dio” “oggettivo” e Dio soggettivo è certificata dall'indifferenziata rappresentazione delle due divinità, infatti, l’apparente complessità delle esperienze della coscienza umana (Dio) coincide con la semplicità assoluta della “coscienza fisica” (“dio”). Su questa verità universale mette radici il dogmatico atto di fede del credo nell’unico ‘Dio’ uguale per tutti gli uomini e per tutte le cose, nato dall’intuizione dei Padri delle religioni monoteiste: Abramo, Isacco e Giacobbe anche se narrato dalla limitata ragione visiva.


Il Dio della fede, quindi, nasce dall’intuizione del saggio pensiero dei Padri i quali, per arginare l’irrazionalità umana sfociata nel peccato e in una moltitudine di credenze e divinità, “ascoltano” l’increato Amore puro del Pensiero testimoniato da ogni coscienza e modellano con la ragione limitata al senso della vista, una “conoscenza” ponendo il credo per fede nell'unico ‘Dio’ e, poiché l’uomo dialoga con qualcuno e non con qualcosa, personificandolo, lo trascendono dall'umana esistenza. L’intuizione dei Padri non è facilmente replicabile dall'uomo comune, pochi uomini sanno “ascoltare” la propria coscienza, così Il ‘Dio’ della fede che non è pensato dal soggetto bensì proviene come già pensato, è diffuso avendo fede nella parola “udita”.

Questo ‘Dio’ diventa certezza collettiva e per duemilacinquecento anni dà “speranza e sicurezza” a un avvenire posto però in un mondo parallelo al nostro che, di fatto, non esiste. L’uomo avendo fede nella parola “udita” conosce un ‘Dio’ trascendente troppo benevolo, quasi assente nella quotidiana esperienza dell’uomo del terzo millennio, bisognoso di equità sociale e, più che mai, di un Dio anch’esso "misericordioso" ma, visibile e "dialogante".


Occorre annoverare tra le verità intuitive l’azione pratica di Gesù di Nazareth. Il Cristo figlio di ‘Dio’ che ha personificato l’increato Dio del Pensiero e ha dato i natali alla teologia cristiana la quale depurata dalle “sante bugie” non si discosta dalla teologia naturale. Inoltre occorre includere, tra le verità intuitive assolute, quell’«amare pensando» espresso da un grande teologo, per grazia di tutti ancora in vita, Joseph Ratzinger, già Emerito Santo Padre Benedetto XVI, il quale ha annunciato il “pensiero” dell’Assoluto che l’arte ha scoperto e rappresentato.


L’azione pratica di Gesù di Nazareth - L'azione pratica di ‘Dio’ della teologia cristiana fondata esclusivamente sull’Amore che si eleva al di sopra di falsi dogmi, leggi e del dovere, si manifesta con Gesù di Nazareth il quale, “incarnando” il ‘Dio’ della fede narrato nel Tempio, coincidente con l’Amore puro del Pensiero della sua coscienza, ha profetizzato la via della redenzione dell’umanità, caduta nel peccato dei sette vizi capitali. Gesù considera i peccati di ogni tempo conosciuti da tutti, nati e ingigantiti a causa dell’ignoranza della ragione visiva legata alla “materialità” e, “ascoltando” il Dio del Pensiero della sua coscienza, ha indicato, in modo pratico, la Via che porta l’umanità alla redenzione dai peccati: “Io sono la Via, la Verità e la Vita”.

La Via è l’uomo figlio di “dio” e unico Dio vivente.

L’uomo risorge a nuova vita se redime i suoi peccati, assumendo con i suoi simili la “Croce della sofferenza”, nata e cresciuta smisuratamente per colpa della ragione illusa dalla materialità. L’uomo figlio di 'Dio' di certo è la via della "resurrezione"; lo ha dimostrato anche Giovanni Paolo II il quale assumendo la “Croce” unisce le coscienze del pianeta e prosegue la via salvifica dell'Amore che tutti unisce tracciata da Gesù; ma, il buon proposito di unire le coscienze con una visita pastorale non si realizza senza l’esperienza visiva del padre, dell’ “amore assoluto” dell'Energia che muove con determinazione la singola azione umana.

La Verità è nell’uomo.

Se "dio" della teologia naturale, padre dell’universo, spaziotempo assoluto della scienza fisica, forma dell'arte e dell'architettura, Assoluto della filosofia, “spirito santo” (parola e verbo) della teologia cristiana non è incarnato nel corpo del figlio, come può il figlio proferire la parola e il verbo del padre, “amare”, se il padre, il figlio e lo “spirito santo” non sono una cosa sola?
Dio esiste e la sua scoperta è nell'intelletto dell’uomo, nel “dialogo” tra l’increata coscienza (natura) e la creativa ragione (mente), tra Dio e l’uomo che soltanto l’arte può istituire.

La Vita dell’uomo dipende dall’uomo.

L’uomo è l’artefice del suo destino e poiché ha intrapreso la via della conoscenza, dovendo esprimere la vita dell’Essere figlio di“dio” per continuare il suo viaggio deve capire l'insegnamento del padre.
L'uomo deve scoprire l’increato “amore assoluto” dell’Energia, conoscere i principi universali della libera rappresentazione fisica, tradurli in principi della libera espressività umana, svelare l’Amore puro del Pensiero della coscienza umana e, da creativo Dio della ragione misericordioso, deve dissolvere il peccato originale nato inevitabilmente al sorgere della ragione; deve, giustiziando tutti i peccati nati dall’ignoranza, redimere l'umanità e incamminarsi verso la sua resurrezione.

Con Gesù di Nazareth - La teologia cristiana ha espresso inconfutabili verità, ma con esse è stato dato alla Chiesa di Roma, considerando il suo costante dialogo tra fede e ragione, un compito impossibile quello di avviare con la sua teologia priva di rappresentazione la Nuova Evangelizzazione; un compito che richiede la conversione del credo in ‘Dio’ con la fede, in credo in Dio con la ragione. Ciò impone anche alla Chiesa di Roma, giacché il ragionare è subordinato all’organo della vista, chi vede ragiona e crede, il naturale insegnamento razionale fondato sulla rappresentazione.


«Amare pensando» - Joseph Ratzinger, già Emerito Santo Padre Benedetto XVI, avrebbe preso tutt’altre decisioni se durante il suo pontificato, se avesse conosciuto la rappresentazione di quell’«amare pensando» che Egli stesso ha espresso in cui l’azione di «amare», riscontrata in “dio” dell’Energia, anticipa qualsiasi pensiero; quell’«amare pensando» che, esprimendo la “filosofia della natura”, si pone a fondamento dell'increato universo, della nuova Chiesa di Roma e dello Stato provvidente.


Enorme è stato il mio stupore nel costatare la coincidenza dell’espressione teologica, «amare pensando», con la rappresentazione dell’increato “amore assoluto” dell’Energia. L’arte, infatti, rappresentando il pensiero teologico di Benedetto XVI, ha conciliato la fede, la ragione espressiva o pura di Dio del Pensiero testimoniato dalla coscienza, con la “ragione” rappresentativa o assoluta di “dio” dell’Energia. Questo «amare pensando» di Joseph Ratzinger è il seme del nuovo emozionante umanesimo profondamente religioso che fonde insieme il linguaggio rappresentativo o simbolico dell’Arte e quello espressivo de “La filosofia dell’Assoluto”, l’uomo e “dio” della teologia naturale.


Con “dio” e Dio scoperto dall'arte, incarnato nell’umano unico ‘Dio’, la Chiesa di Roma può purificare dalle “sante bugie” la celebrazione eucaristica e avviare la Nuova Evangelizzazione, affinché tutti possano umanizzarlo e riportarlo per sempre sulla Terra.


È fondamentale per la vita dell’uomo che il ‘Dio’ del Pensiero o della fede, personificato da Gesù di Nazareth, coincidente espressivamente con il “dio” dell’Energia o della ragione, sia personificato da ogni nascente uomo reale del terzo millennio.


Il “trascendente” ‘Dio’ della fede ha avuto un’importante funzione storica: “Consolare” gli uomini per due lunghi millenni, sostenendoli a sopportare le sofferenze e le ingiustizie causate e imposte dall’ignoranza di non vedere e conoscere il padre. Adesso “consolare” non basta; al percepito ‘Dio’ della fede deve subentrare il creativo Dio della ragione personificato dall’uomo reale del terzo millennio il quale, conosciuto l’Assoluto (“dio” dell’Energia), può giustiziare i peccati sradicando tutto il male nato dall’ignoranza dell’uomo apparente.


In sintesi: se alla base della teologia cristiana c'è il rapporto dialettico tra fede e ragione; se la fede si basa sulla percezione non visiva dell’increato Dio del Pensiero sempre-presente in ogni coscienza umana e la ragione si basa sull’esperienza visiva che con l’arte lievita sino a osservare l’increato “dio” dell’Energia; di fatto, il “dio” dell’Energia o della ragione, scoperto e rappresentato dall’arte per la sua naturale provenienza e identità increata, è già conciliato con il ‘Dio’ della fede della teologia cristiana, la quale dissolvendo le “sante bugie” «può sfociare nell'accoglienza della rivelazione, senza venire meno ai propri principi e alla propria autonomia». (Dall'enciclica Fides et ratio di Giovanni Paolo II, pr. 67).

Adesso sarà semplice convertire il credo con la fede in Dio in credo con la ragione.

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Le verità razionali della scienza fisica


Se le verità filosofiche e teologiche riguardanti Dio sono conoscenze intuitive invisibili, percepite dalla coscienza e narrate dalla ragione senza l’ausilio della prova, le verità scientifiche riguardanti l’invisibile "dio" dell’Energia si basano su conoscenze esperienziali visibili elaborate dalla ragione dello scienziato il quale da più di un secolo, senza districare l'universo percettivo della coscienza, pensa di poter scoprire “dio” interpretando l’evento nato dalla sperimentazione, ma non è così.

Lo scenziato, infatti, quando sperimenta l’invisibile Energia per conoscere le fondamente dell'universo, ne osserva gli effetti e, non riuscendo a tradurre in parola e verbo l'immagine spaziotemporale nata dall'esperimento, deve superare apparenti paradossi per fornire conoscenze oggettive dal valore sicuro.


Nei seguenti sottoparagrafi si narrano la nascita della ragione, la separazione intellettuale del "tempo" dallo "spazio" e si sintetizza l’impervio “viaggio” della scienza fisica che ha rivelato alla conoscenza l’Energia, la madre purissima di “dio” padre dell’universo e l’inesistenza in natura del “tempo” separato dallo “spazio”. Si riassumono, quindi, le verità essenziali provenienti dalla scienza fisica che, sottoposte alla riflessione artistica, hanno contribuito a scoprire rappresentativamente, il «motore» dell’universo.



- La nascita della ragione -


All’origine l’uomo era corpo, mente e natura insieme cioè istinto. Poi, con un “gioco” alterno con l’ambiente, egli ha separato la mente dalla natura. Questa separazione, che identificala il peccato originale della teologia cristiana, ha determinato la nascita della ragione limitata al senso della vista, un passaggio fondamentale per l’uomo, che deciderà di conoscere la natura in tutti i suoi aspetti. La natura in sé è soltanto corporeità e non può indagare se stessa; la mente, invece, posta fuori dalla natura e quindi dal corpo, si stupisce della stessa natura e desidera conoscerla.

Lo stupore verso la natura, quindi, è all’origine della separazione tra corpoe mente; infatti, agli albori dell’uomo sapiens quello bestiale, sotto lo stupore dei sensi, è scosso da smanie improvvise; nulla potrebbe sollevarlo dall’animalità, se la sua stessa natura non gli offrisse il modo di ricordare le sue rudimentali esperienze. Si sviluppa così nell’uomo bestiale l’encefalo plastico sede dell’intelletto.

Con l’encefalo plastico l’Energia si converte in Pensiero.

Con le esperienze innate e acquisite riferite all’ambiente si dilatano i ricordi e le percezioni simboliche riferite allo spaziotempo che configura gli "oggetti" naturali o creati, manifestano il loro inconsapevole significato; nascono, così, le prime emozioni, rudimentali sensazioni e primitivi sentimenti.

L’uomo bestiale, nel suo ambiente, manifesta inevitabilmente e senza volontà l’autoregolamentazione di tutte le esperienze, innate e acquisite, e di tutte le percezioni; nasce nel primitivo intelletto, insieme ragione espressiva della parola e del verbo, la coscienza che rappresenta simbolicamente lo spaziotempo.

La coscienza, è natura increata, riferendosi all’ambiente e ai suoi oggetti evolve con le simboliche percezioni le emozioni dell’Essere, sensazioni e sentimenti e l’idea pura dell’amore e della bellezza.

La ragione è èmente creativa, ingannata dall’inevitabile illusione visiva, evolve le sue esperienze separando il “tempo” dallo “spazio” e, facendo coincidere lo “spazio” rappresentato dall'oggetto con la parola per distinguerlo e il “tempo” con il verbo della sua funzione, evolve il lessico del Divenire e fa muovere i primi passi a La Conoscenza. L’uomo con il suo intelletto è solo, creatore nell'increato universo; ma l’impervio viaggio della ragione lo riporterà al punto di partenza, là dove la separazione tra natura (“dio”) e mente (uomo) era iniziata.



- La separazione intellettuale del “tempo” dallo “spazio -


L’origine della separazione intellettuale del “tempo” dallo “spazio” coincide con la separazione della mente dal corpo.

Su un sistema in moto nell’universo come la Terra, “viaggiano” altri oggetti naturali, il rapporto tra la velocità del pianeta e quella degli “oggetti” naturali posti su di essa è uguale a zero; ciò è tipico dei sistemi inerziali su cui non si avverte da fermo nessun movimento. Nell’illusione dei sensi, l'uomo dimentico dello spaziotempo interiore sempre-presente della coscienza, riferendo il “tempo" esteriore della ragione al moto della nostra stella lo separa dallo spazio e lo fa scorrere in esso liberamente in turre le direzioni secondo un passato che non c'è più, un presente che è solo adesso, e un futuro che non c'è ancora.

Quando la mente non si separa dal corpo, anche lo spaziotempo non si separa e si testimonia la naturalità: tutti gli esseri viventi animali vivono istintivamente lo spaziotempo sempre-presente consumando energia pari alla durata (tempo) della loro azione coincidente con la distanza (spazio). Ciò certifica che il comportamento di tutte le specie animali segue istintivamente le percezioni visive (esperienze simboliche) derivate dallo spaziotempo rappresentato da altri esseri viventi e dall’ambiente in cui le stesse specie vivono, quindi, non ci si deve meravigliare se sono le emozioni a guidare, senza ragionamento, l’istinto animale di ogni specie.

L’uomo invece, che ha separato il “tempo” dallo “spazio”, assopisce l’emozionalità istintivamente legata alle percezione della coscienza e con ragionata esperienza può dosare la sua energia misurando lo “spazio” che percorre in tutte le direzioni con un lasso di “tempo” a lui gradito. Con la separazione intellettuale del “tempo” dallo “spazio” l’uomo domina la natura ma non sarà felice; pur essendo più debole di altre specie animali, può attuare strategie, dosando la sua energia riferendola a istanti sempre uguali scanditi dal tempo spazializzato degli orologi.



- L'impervio “viaggio” della ragione -


Il lungo e tortuoso “viaggio” della ragione con la quale si sviluppa la cultura occidentale inizia nell’antica Grecia. In Grecia vi sono le condizioni per l’affermarsi di una specifica indagine razionale che prende il nome di filosofia (amore per il sapere). Secondo i greci, l’uomo è un “animale ragionevole” e la sua ragione lo spinge a ricercare la verità che è alla base dei fenomeni.

Il sapere greco sin dall’inizio dà struttura all’indagine razionale sulla natura basandosi unicamente sulla forza della sola ragione lessicale. Con la filosofia greca ha inizio il lungo cammino della ragione votata alla conoscenza che dal IV secolo a.C. prosegue sino ai giorni nostri.

Il lungo cammino della ragione inizia con la visione razionalista dei fenomeni inaugurata da Socrate e sviluppata da Platone. Socrate ha esaltato i concetti della ragione a scapito della natura; ha sacrificato all’ideale astratto della perfezione apollinea, la più antica e naturale pulsione dionisiaca.

Socrate non avrebbe mai potuto immaginare che per scoprire “dio”, la stessa ragione si sarebbe ritrovata immersa nelle medesime pulsioni della natura; non avrebbe mai potuto immaginare che soltanto un artista-architetto avrebbe completato La Conoscenza Generale della Natura, identificando Apollo con Dioniso, la ragione con la coscienza, la mente con la natura, il Pensiero con l’Energia, l’uomo con “dio”.


Come la fisica e la filosofia anche l’arte è una via della conoscenza, ma non ha mai avuto una simile considerazione. È difficile immaginare che soltanto attraverso l’arte, l’uomo possa scoprire e rappresentare l’“amore assoluto” posto le fondamenta della natura. Per la ricerca ufficiale ciò appare impossibile, ma se si considera come si è sviluppata la ricerca artistica e il traguardo della ricerca scientifica dell’inizio ‘900, ci si accorge che queste due vie della conoscenza si sono già incontrate più di un secolo fa.

In verità la ricerca artistica sin dalle sue origini si è evoluta non considerando il mondo materiale; la mente dell’artista si è sempre lasciata guidare dalle percezioni(esperienze rappresentative simboliche) della sua coscienza, vera ragione e nel mondo materiale ha sempre cercato di rappresentare con l’opera d’arte lo spaziotempo naturale della coscienza, passaggio obbligato per scoprire e rendere visibile il padre.

Questa è la ricerca libera, senza scopo e senza evidente utilità che l’artista-architetto ha sempre svolto, manipolando attraverso i segni, la materia, il colore, le entità immateriali della natura, l’energia, lo spazio e il tempo inscindibili nell’arte, dispensatrice di emozioni, di sensazioni e sentimenti; infatti, la ragione espressiva dell’artista, essendo a diretto contatto con la sua stessa coscienza rappresentativa, ha disegnato il visibile e spesso inconsapevolmente anche l’invisibile cioè "dio" stesso.

La SCIENZA FISICA che si fonda sulla testimonianza sperimentale, nasce in Italia con Galileo nel ‘500 d. C. durante la fase rinascimentale dell’arte; nella sua prima fase meccanicista considera, per la sua ricerca, soltanto il mondo materiale ed ha intrapreso una via opposta all’arte; poi, ha “sgretolato” questo mondo materiale e invertito la sua direzione, avvicinandosi sempre più all’arte sino a sperimentare infruttuosamente le percezioni.
Per comprendere quest’unione, è necessario considerare che il mondo materiale sia pura illusione suscitata dal senso della vista sensibile a una ristretta ampiezza d'onda dello spettro elettromagnetico. Questo mondo materiale, infatti, è stato demolito dalla fisica della fine ‘800 e sostituito da configurazioni dinamiche di Energia immateriale. ::Nelle sperimentazioni sub-atomiche per spiegare le configurazioni osservate, lo scienziato deve servirsi non solo delle esperienze visive della ragione, ma anche delle percezioni non visive della sua coscienza; così, la sua indagine si accosta alla ricerca artistica, in cui le percezioni della coscienza sono l’oggetto della sperimentazione.
Per sostituire coerentemente la vecchia concezione del mondo materiale con i concetti immateriali, che identificano il Pensiero all’Energia, si analizzano i punti salienti di tale svolta.


La fisica classica rappresenta il mondo materiale sulla base del modello newtoniano meccanicistico dell’universo. Gli elementi del mondo newtoniano che si muovono nello “spazio” assoluto, con un “tempo” assoluto spazializzato, sono le particelle materiali, oggetti piccoli solidi e indistruttibili che costituiscono tutta la materia. Secondo Newton, all’inizio 'Dio' ha creato le particelle elementari e le forze che agiscono su di esse: le leggi fondamentali del moto. L’universo così concepito è posto in movimento e da allora continua a esistere come una macchina governata da leggi immutabili.

All’inizio del milleottocento queste leggi sono considerate fondamentali; tuttavia, meno di cento anni più tardi, sono stati scoperti fenomeni fisici non visibili, i quali hanno fatto emergere i limiti del modello newtoniano che non ha validità nel momento in cui si supera la dimensione dei sensi.

La prima di queste manifestazioni fisiche riguardava la scoperta di fenomeni elettromagnetici che non si potevano studiare con la meccanica classica.


La fisica “moderna" - Alla fine del'800 ha inizio l’impervio “viaggio” della scienza fisica. Il passo più importante per la comprensione dei fenomeni elettromagnetici è stato compiuto dallo sperimentatore Mishael Faraday e dal teorico Clerk Maxwell. Quando Faraday, muovendo un magnete o calamita vicino a una bobina di rame, produsse corrente elettrica, convertendo così in energia elettrica il lavoro meccanico necessario per muovere il magnete, la scienza fisica ebbe una svolta decisiva. Il suo esperimento da una parte ha dato inizio alla vasta tecnologia dell’ingegneria elettrica, dall’altra ha costituito la base dei successivi sviluppi teorici. Faraday e Maxwell non solo hanno studiato gli effetti delle forze elettriche e magnetiche, ma hanno fatto delle forze elettriche l’oggetto principale della loro ricerca, tanto da sostituire il concetto di forza con quello più etereo di campo il quale, avendo una propria configurazione fisica, può essere studiato senza riferimento ai corpi materiali.

L’eccellenza di questa teoria, chiamata elettrodinamica, è la comprensione che la luce è un campo elettromagnetico rapidamente alternante che si sposta nello spazio attraverso la configurazione d’onda.


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Oggi si è consapevoli che le onde ra"dio", radar, onde luminose, raggi x, raggi gamma e raggi cosmici sono tutte onde elettromagnetiche, cioè ampiezze di energie oscillanti che differiscono tra loro per la frequenza dell’oscillazione; la luce visibile è solo una piccola frazione dello spettro elettromagnetico, questo può far capire che l’uomo vede ciò che appare della natura e non il reale increato “dio” dell'Energia che la configura essendo alla base di ogni fenomeno.

All’inizio del ‘900 i fisici avevano due teorie valide capaci di spiegare i differenti fenomeni: la meccanica di Newton e l’elettrodinamica di Maxwell. Il modello newtoniano non costituiva più la base di tutta la fisica.

Nei primi tre decenni del secolo scorso due percorsi scientifici sviluppatisi separatamente, quello della teoria della relatività e quello della fisica atomica, hanno infranto la concezione newtoniana del mondo: la nozione di “spazio e tempo assoluto” e quella delle particelle solide elementari.


Albert Einstein - Al sorgere della fisica del primo ’900 si manifestò la straordinaria impresa intellettuale di Albert Einstein. Egli, con due articoli pubblicati nel 1905, avviò due conoscenze rivoluzionarie: la teoria della relatività speciale e la “meccanica” quantistica, (teoria dei fenomeni atomici), un modo nuovo di concepire la radiazione elettromagnetica. La teoria della relatività speciale da una parte unificava le due teorie della fisica classica, l’elettrodinamica e la meccanica, dall’altra apportava rilevanti cambiamenti nei concetti tradizionali di spazio e tempo. Secondo la teoria della relatività, lo spazio non è separato dal tempo; essi configurano un continuo SPAZIOTEMPO. Non si può mai parlare di spazio senza implicare il tempo e viceversa; non esiste un flusso universale del tempo come nel modello newtoniano, esso è relativo alle masse di energia (astri) che incurvano lo spazio cosmico e al punto di osservazione. Un evento che, sulla Terra, a due osservatori distanti tra loro, appare simultaneo per l’alta velocità della luce, nello spaziotempo cosmico gli stessi osservatori registrano l’evento con tempi diversi.

Con la teoria della relatività si abbandonano i concetti di spazio e tempo assoluti.

L’ultima e fondamentale variazione apportata all’edificio della Conoscenza rivela che la massa di un oggetto è una configurazione di ENERGIA. Qualsiasi oggetto in quiete possiede energia pari alla sua massa.

La relazione tra massa ed Energia è data dalla famosa equazione di Einstein: E = mc2, dove c è la costante velocità della luce, di fondamentale importanza per la teoria della relatività. In questa formula la massa è un campo denso di energia che non ha significato materiale. Non è corretto, quindi, considerare la massa come materia dura, pesante perché impenetrabile al senso della vista.

Nel 1915 Einstein ha elaborato la teoria della relatività generale, nella quale lo schema della relatività speciale è ampliato, tenendo conto della gravitazione, l’interazione reciproca dei campi densi di energia (corpi planetari). Un corpo “celeste” denso di energia ha effetto di curvare lo spaziotempo. Ciò significa che la geometria euclidea non è valida in questo spaziotempo curvo, così come la geometria bidimensionale di un piano non può essere applicata a una superficie curva di una sfera.

Nello spaziotempo non esiste la linea retta e la distanza più breve tra due punti non è la linea retta.

Nella teoria della relatività, poiché lo spazio non può essere mai separato dal tempo, anche il tempo è influenzato da campi densi di energia e scorre con ritmi differenti in punti diversi dell’universo.

La concezione di corpi solidi che si muovono nello spazio vuoto è relativamente valida nella media dimensione fisica, cioè nel campo della nostra esistenza, dove la fisica classica continua, con lo sviluppo delle tecnologie, a essere utile solo al nostro Divenire, ma non per esprimere la vita dell’Essere figli di "dio".

Nel nostro modo di pensare sia il concetto di spazio vuoto, sia la nozione di corpi materiali solidi sono a tal punto radicati che è difficile immaginare una dimensione fisica nella quale essi non siano più validi; infatti, la fisica odierna e l’arte ci costringono a pensare ciò.


La struttura degli atomi - Nel volgere del secolo sono stati osservati numerosi fenomeni in rapporto alla struttura degli atomi che sono inspiegabili in termini di fisica classica. La scoperta dei raggi x e la loro applicazione rivelarono che gli atomi avevano una “struttura” interna. A questa scoperta si aggiunse quella di altre radiazioni emesse da diversi elementi. Il fenomeno della ra"dio"attività ha fornito la prova composita dell’architettura degli atomi. Così Max von Laue usava i raggi x per studiare la disposizione degli atomi dei cristalli ed Ernest Rutherford impiegava come proiettili ad altissima velocità “particelle” di dimensioni subatomiche, emesse da sostanze ra"dio"attive (“particelle” alfa), per esplorare l’interno degli atomi; queste “particelle” furono lanciate contro gli atomi e dalla loro deviazione si dedusse la loro configurazione.

Ernest Rutherford, colpendo ripetutamente gli atomi con le “particelle” alfa, ha ottenuto dei risultati inaspettati. Ben lungi dall’essere “particelle” dure e solide come si riteneva fin dall’antichità, gli atomi erano costituiti invece da uno spazio pieno di interazioni elettromagnetiche dovute a “particelle” estremamente piccole, chiamate elettroni, che si muovevano intorno al nucleo interagendo con esso; anche il nucleo risultava configurato da “particelle”, chiamate protoni e neutroni, che orbitavano intorno al centro della configurazione atomica. Con il modello planetario dell’atomo si è scoperto che il numero di elettroni presenti negli atomi di un elemento determinano le sue proprietà chimiche.

Oggi, in teoria, si può ricostruire l’intera tavola periodica degli elementi aggiungendo gli opportuni elettroni al “guscio” atomico e i corrispettivi protoni e neutroni all’atomo di idrogeno, il più “leggero”.

Sono le interazioni elettroniche tra particelle che danno luogo ai vari processi chimici, cosicché è possibile comprendere tutta la chimica sulla base delle leggi della fisica atomica.


La teoria quantistica ha chiarito che anche le “particelle” elementari che costituivano l’atomo non erano per niente simili a oggetti solidi e che le unità subatomiche si presentavano come configurazioni di energia con caratteristiche di dualità; durante l’osservazione sperimentale sembravano “particelle” (“corpuscoli”) o pacchetti di onde elettromagnetiche.


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È impossibile, infatti, accettare che lo stesso oggetto potesse manifestarsi come un corpuscolo o come un pacchetto, cioè una quantità di energia confinata in un volume piccolissimo oppure un’onda estesa in un ampio spazio considerata la scala subatomica. Questo paradosso della fisica portò alla teoria dei quanti.

La teoria quantistica è nata quando Max Plank scoprì che l’energia della radiazione termica non era emessa in maniera continua, ma si presentava come configurazioni di pacchetti. Einstein ha definito “quanti” questi pacchetti e ha riconosciuto in essi, senza mai riuscire a provarlo, aspetti basilari della natura.

Egli, confortato dalla sua fervida immaginazione e creatività, è stato tanto ardito da postulare che la luce e tutte le configurazioni di radiazione elettromagnetica potevano presentarsi non solo come onde, ma anche come quanti. I quanti di luce, da cui derivava il nome della teoria, erano identificati come “particelle” speciali chiamate fotoni, privi di massa e sempre in moto a velocità assoluta.

La teoria quantistica ha demolito il concetto di materia solida; gli atomi della fisica classica sono costituiti da pacchetti elementari di energia legati tra loro da interazioni elettromagnetiche. Pacchetti e interazioni di energia configurano dal limitatamente piccolo dell’atomo all’immensamente grande dell’universo.

La teoria quantistica ha rivelato che l’universo esiste non solo per le sue singole parti, ma anche per la fitta rete di connessioni che unisce le varie parti e il tutto.


Oggi lo scienziato, per conoscere l'esatta rappresentazione delle invisibili fondamenta della natura individuate nelle “particelle” elementari, pone nell’esperimento Energia secondo il suo Pensiero creativo, traendone conclusioni soggettive: si rende conto infatti, che l’energia posta negli esperimenti configura il suo pensiero e non quello oggettivo della natura. A livello subatomico, si ha la sensazione vera che Energia e Pensiero coincidano. Negli esperimenti, infatti, gli scienziati non osservano l’“oggetto” indagato, ma ciò che la loro mente colloca nell’esperimento e crede di osservare (stallo della scienza fisica).

A livello subatomico, l’esperimento strumentale con l’energia rappresenta il pensiero dello scienziato; è l’ultimo paradosso della scienza fisica (Energia = Pensiero) che per l’esatta conoscenza non è un paradosso.

Per l’esatta conoscenza le rappresentazioni dell’Energia e le espressioni del Pensiero devono coincidere.

In cosa devono coincidere? Sicuramente nel linguaggio!

Il “linguaggio” rappresentativo dell’Energia fatto di spaziotempo deve coincidere con il linguaggio espressivo del Pensiero fatto di parola e verbo. Quale mente può far coincidere lo spaziotempo rappresentato dall’Energia con la parola e verbo espresso dal Pensiero?


Stallo della scienza fisica - Questo faticoso viaggio della ragione giunge là dove l’uomo non avrebbe mai sospettato: la mente dello scienziato si accosta alla mente dell’artista. Entrambe hanno a che fare con percezioni della coscienza la quale, essendo l’increata del Pensiero, è natura quindi, anche il suo “linguaggio” è rappresentativo dello spaziotempo. Poiché lo scienziato dalla sua indagine esclude la coscienza, il paradosso ENERGIA uguale PENSIERO, cioè la coincidenza tra spaziotempo rappresentato e parola e verbo espresso può essere risolto soltanto dalla mente dell’artista-architetto che ha sempre sperimentato con le percezioni lo spaziotempo della sua coscienza cioè quello della natura.

La scienza fisica quindi, si è fermata davanti a quantità di energia limitatamente piccole e le ha rappresentate sia come pacchetti sia come corpuscoli. Con questa concezione duale delle “particelle”,

la stessa scienza è entrata in una ragnatela di complessità inaudita, tanto da concepire con Werner Heisenberg il principio di indeterminazione sulla posizione della “particella” da applicarsi durante l’osservazione sperimentale. Questo principio, come tutti gli assunti teoretici che in esso si rifuggono, condiziona più che mai tutto l’occidente, che nei risultati della scienza fisica ha il suo riferimento culturale. Basta riflettere sul dilagante relativismo intellettuale nato dall’inadeguata interpretazione sperimentale che ha messo insieme il principio di indeterminazione come “atto di verità” oggettiva e quello di relatività come atto di verità soggettiva. Al pari di un nume mistificatore, all'uomo ignorante tutto è permesso.


Tutto ciò che è indeterminato all’osservazione sperimentale, dipende dalla scorretta interpretazione del fenomeno indagato e dall’inadeguatezza della tecnologia utilizzata. È inammissibile l’indeterminazione in natura perché nel limitatamente piccolo delle “particelle” elementari, l’Energia esprime necessariamente tutta la sua determinazione e immanenza; è invece ammissibile la stabile armonia che permette all’uomo di svegliarsi ogni mattina e godere la bellissima visione delll'increato Paradiso terrestre.

La scienza fisica, nonostante i suoi stupefacenti ma ormai datati risultati sulla conoscenza della natura, è in profonda crisi perché, come già asserito, non può dare significato all’esistenza, non può rappresentare e proferire la parola (spazio) e il verbo (tempo) della testimonianza di "dio" dell'Energia: ”Amare".


In sintesi sono due le scoperte della scienza fisica che hanno “animato” la mente dell’artista-architetto.

La prima scoperta è che la “materia” apparentemente dura e pesante è configurata dall'entità invisibile eternamente in moto chiamata ENERGIA affine al Pensiero; questa scoperta ha permesso all’artista-architetto di liberarsi della materialità e di indagare rappresentativamente l’increato e invisibile spaziotempo coscienza umana. La seconda è l’aver rivelato l’inesistenza del tempo separato dallo spazio e sancito l'inseparabilità dello SPAZIOTEMPO naturale; questa scoperta suggerisce all’artista che, se tutto ciò che si osserva è spaziotempo relativo, le emozioni, sensazioni e sentimenti, associate allo spaziotempo della coscienza, sono rappresentate in natura dallo sconosciuto spaziotempo assoluto testimoniato da ogni “particella” elementare.

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Le verità intuitive e razionali dell’arte


Il percorso della ragione che porta l’uomo alla scoperta rappresentativa dell’“amore assoluto” testimoniato da ogni “particella” elementare di Energia inizia dopo la separazione della mente dalla natura (corpo) e con le prime manifestazioni dell’arte. Con l’ARTE che si fonda sulla rappresentazione simbolica delle emozioni della coscienza riferite all'ambiente, si assiste a un processo evolutivo millenario di natura percettiva.


L'arte è l’espressione in cui l’Amore puro del Pensiero, è percepito con immediatezza attraverso l'intuizione sensibile. Nell'arte, infatti, una determinata sensibilità emotiva si configura in maniera tale da lasciare trasparire l’idea pura dell’Amore. Non tutte le vie della conoscenza sono ugualmente adeguate a esprimere l’idea pura dell’Amore. Nel caso dell'arte si assiste a un processo evolutivo di natura percettiva tramite il quale si perviene a una sempre maggiore “consapevolezza” rappresentativa dell’Amore puro coincidente con l’Assoluto ricercato dialetticamente dalla filosofia e con lo spaziotempo assoluto cercato sperimentalmente dalla fisica. I momenti fondamentali di tale processo evolutivo di natura percettiva coincidono con le cinque grandi determinazioni o fasi della Storia dell’Arte.


La prima determinazione risale al 2000 a.C. si riconosce nell’arte simbolica che storicamente corrisponde a quella orientale fino a quella egizia e trova nell’architettura la sua espressione caratteristica. Con l’arte simbolica la ragione artistica non ha consapevolezza dell’Amore puro; per questo anche gli oggetti nei quali si tenta di rappresentarlo mostrano la loro sufficienza intuitiva e insufficienza razionale e possono essere osservati solo come simboli dai significati espressivi letterali sfuggenti. Di fatto con l’arte simbolica inizia il percorso inverso della conoscenza rappresentativa: la ragione artistica inconsapevolmente si allontana dai segni simbolici intuitivi che rappresentano l’Amore puro, per disegnarli consapevolmente nella seconda metà del ‘900 d. C. dopo 4.000 anni di storia.


La seconda determinazione risalente al periodo compreso tra il 1000 a.C. e il 100 a.C. circa è l’arte classica che si esprime prevalentemente nella scultura. Infatti, proprio attraverso la raffigurazione artistica del corpo umano e della sua perfezione (si pensi alle statue di Fidia o di Prassitele), l’arte classica giunge a realizzare il pieno equilibrio tra la rappresentazione intuitiva e il loro contenuto religioso razionale, tra i segni simbolici della bellezza e l’Amore puro testimoniato dall’increato Dio del Pensiero che la stessa arte ancora non può consapevolmente manifestare e disegnare. Con l'arte classica greca si raggiunge l'apice delle possibilità espressive nel campo dell’estetica riferita all’apparente corpo umano; con essa si raggiunge la massima aderenza possibile all'ideale bellezza, che, però, non rappresenta visivamente l’idea pura dell’Amore ma raffinati segni estetici dai significati lessicali non ancora riconoscibili.


La terza determinazione risalente al periodo compreso tra il ‘800 d.C. e il ‘900 d.C. è l’arte romantica la quale trova espressione soprattutto nella pittura, nella musica e nella poesia. Come già nell’arte simbolica, anche in quella romantica accade uno squilibrio tra rappresentazione e contenuto: non più, però, perché non si conosce adeguatamente l’idea pura dell’Amore che deve essere il contenuto della rappresentazione, ma perché si giunge alla consapevolezza che Dio, come contenuto, non può essere adeguatamente espresso con la finitezza della rappresentazione sensibile. L’arte romantica trascura le rappresentazioni artistiche nelle quali l’elemento visibile è più forte, come l'architettura e la scultura, per concentrarsi invece su quelle in cui esso diventa sempre più tenue: nella pittura si perde la corporeità e rimane soltanto il colore, nella musica viene meno ogni dimensione figurativa e resta solamente il suono, nella poesia anche la parola assume un’espressione mistica simile al suono. L’arte romantica segna la morte dell’arte tradizionalmente intesa; ciò non significa che dopo l’esperienza romantica non si possa più fare arte, ma significa soltanto che con essa si giunge disperatamente alla consapevolezza che l’arte, così com’è espressa, è inadeguata a rivelare rappresentativamente “dio”: l’universale invisibile nel particolare visibile dell’opera d’arte.


La quarta determinazione risalente all’inizio ‘900 è l’arte espressionista iniziata dai due corifei tedeschi, Paul Klee e Wassily Kandinsky, i quali eliminano le inadeguatezze della visione, come la materia e il tema della rappresentazione e colgono lidea pura dell’Amore come il risultato della rappresentazione intellettuale. La rappresentazione, infatti, presenta il vantaggio di essere anche la via riflessiva ragionata e privilegiata della conoscenza. Con Klee e Kandinsky la ragione pratica dell’artistica equilibra le sue due parti, quella intuitiva e quella razionale. L’idea pura di Dio, che per definizione è pensiero che pensa se stesso, quindi riflessione, o processo mistico, non è più data soltanto dall'inconsapevole immediatezza della sensibilità percettiva ma, appunto, dalla consapevole riflessione sulla sensibilità rappresentata. D'altra parte, la rappresentazione artistica è conoscenza riflessa, è disegno del particolare finito che nasconde in sé l’universale infinito: l’“amore assoluto” dell’Energia o “coscienza fisica” da rappresentare indagando l’Amore puro del Pensiero della coscienza umana.


La quinta determinazione è l’arte reale e il suo sviluppo universale; essa abdica la semplice funzione rappresentativa per assumere il più greve dei suoi compiti: conoscere visivamente l’Amore puro. L’arte reale arricchendosi di nuovi approcci teoretici provenienti dalla scienza fisica (lo spaziotempo unificato testimoniato dell’Energia), coinvolge nella rappresentazione le entità naturali della conoscenza, ENERGIA, SPAZIO e TEMPO, che identificano l’“idea pura”, dell’“amore assoluto” di “dio” dell'Energia e le pone alla riflessione rappresentativa; rientra così nella ricerca artistica l’'architettura.

L’architettura sin dalle sue origini è l’espressione rappresentativa in cui l’Assoluto del Pensiero della coscienza umana, è colto sia con l’immediatezza dell'intuizione, sia con profonda riflessione. Essa rappresentando su ampia scala la libertà e la bellezza, ha permesso all’artista-architetto, colpito dalla quinta determinazione dell’arte, di riflettere sostando all’interno dello spaziotempo naturale e architettonico rappresentato dal quale ha dedotto decisive considerazioni utili alla scoperta dell’“amore assoluto” di “dio” avvenuta alla fine dello stesso anno (1971).


Sintetizzato il percorso evolutivo dell’arte arricchito dalle verità filosofiche e scientifiche, si pone l'accento sul potenziale intuitivo/razionale dell'artista che la consacra, nel suo tratto finale, la via privilegiata, quella rappresentativa, che costringerà fisici e filosofi a ristrutturare nuovamente l’edificio de La Conoscenza.


La pratica artistica, è insieme intuizione simbolica affine al reale Amore puro o assoluto della coscienza ed esperienza logica, non affine all’apparente “amore relativo” della natura che si osserva; se la pratica artistica fosse affine all’apparente natura sarebbe illogica e irrazionale, come la ragione comune, che limitandosi al senso della vista crea i paradossi della sua esistenza; infatti, il gesto creativo dell’artista fa interagire le percezioni non visive della coscienza (natura) con le esperienze pratiche della ragione (mente), fa interagire l'Amore interiore e la Bellezza esteriore naturale o creata; fa interagire l'Amore rappresentato dalla bellezza direttamente con il tocco della matita, del pennello e dello scalpello.


L’arte è solo arte quando la coscienza madre propone le sue percezioni e la figlia ragione le rappresenta trasformandole in emozionanti esperienze visive senza fornire con la parola e il verbo, l'autentico significato lessicale dei segni, delle superfici, dei volumi e dei colori rappresentati.


L’arte è suprema conoscenza e assurgerà al suo legittimo rango quando indagando con l'esperienza grafica, le percezioni visive attraverso le percezioni non visive della coscienza le converte in emozionanti esperienze visive della ragione, trasformando il linguaggio naturale rappresentativo/simbolico in linguaggio razionale lessicale/logico da proferire con la parolae il verbo della testiminianza: Amare.

Inequivocabilmente poiché l’emozionalità si basa sulla coincidenza rappresentativa tra percezioni non visive della coscienza e quelle visive diffuse dall’ambiente e dagli “oggetti” naturali o creati dall’uomo, la ragione dell’artista può tradurre lo spaziotempo percepito dall’ambiente e dagli “oggetti” naturali e creati in parola e verbo. Ciò smentisce di fatto che con la ragione non si possa scoprire ed esprimere l’“amore assoluto” di “dio".

La vera mente creativa dell’artista, infatti, è a diretto contatto con l’increata coscienza e con le suepercezioni cioè con l’increato Amore puro del Pensiero nato a immagine e somiglianza dell’increato “amore assoluto” dell’Energia il quale, essendo la fonte originaria di ogni rappresentazione, se decifrato nel significato dei segni che lo rappresentano, tutto spiega.


Tutte le verità artistiche, filosofiche e scientifiche lievitano nell’intelletto; perciò è importante conoscere le attrici protagoniste del sapere artistico, la coscienza madre, la figlia ragione e le “eroine” che hanno specificatamente lievitato la scoperta rappresentativa dell’“amore assoluto” dell’Energia e rivelato dell’Amore puro del Pensiero: le cinque consapevolezze dell’artista-architetto.



- La coscienza-


La coscienza è la vera ragione increata del Pensiero, essendo increata è natura non è mente, nasce in assenza di volontà, spontaneamente dall’autoregolamentazione di tutte le percezioni, esperienze e conoscenze; è la percezione spaziotemporale non visiva simbolica più autorevole, che la ragione creativa dell’uomo artista cerca di convertire in esperienza visiva lessicale, da proferire con la parola e il verbo.

La coscienza testimonia il Dio del Pensiero da rivelare disegnando l'visibile “dio” dell’Energia.

La coscienza testimonia lo spaziotempo sempre-presente che scompagina ogni ordine di tempo e spazio inerziale, infatti, non hanno alcun significato l’ora, il giorno, l’anno . Un avvenimento del passato può essere più presente di un evento di oggi; in una vettura mentre la ragione si occupa della guida, la coscienza ricorda l'immagine di un luogo, di una carezza, di un amore. Lo spaziotempo sempre-presente della coscienza può sembrare un paradosso, è un continuo fluire spaziotemporale del futuro nel passato e del passato nel futuro; inoltre, al simbolico spaziotempo passato, a quello futuro e allo spaziotempo interattivo sempre-presente, la coscienza associa rispettivamente il sentimento dei ricordi, delle aspirazioni e dell’amore.

La coscienza con simboliche immagini rappresenta le aspirazioni future secondo i ricordi del passato, i ricordi del passato secondo le aspirazioni future; essa, testimoniando ogni istante il sempre-presente interattivo tra spaziotempo passato e futuro, si dissocia dal tempo lineare spazializzato degli orologi privo di sentimenti, un tempo utile all’uomo soltanto a porre ordine alle attività quotidiane del Divenire.

in sintesi la coscienza poiché ragione increata è natura e il suo “linguaggio” rappresentativo/simbolico è reale, infatti, cerca di rappresentare lo spaziotempo sempre-presente stimolando la ragione creativa dell'artista svolgendo un’azione rappresentativa nell’ambiente attraverso le percezioni; considera, cioè, lo spaziotempo rappresentato dagli oggetti naturali o creati dall’uomo e, confrontandolo con quello che essa stessa esprime, lo traduce in emozioni.

Le percezioni, quindi, sono esperienze rappresentative simbolichè della coscienza che la ragione creativa dell’artista deve tradurre in esperienze espressive lessicali realmente logiche per superare la conoscenza degli espedienti del Divenire e dirigersi verso la conoscenza delle esperienze emozionali dell’Essere. Le percezioni si distinguono in visive e non visive quest’ultime comprendono la percezione dell’Amore puro del Pensiero (Dio) testimoniato dalla stessa coscienza.

  • Le percezioni visive collegano l’oggetto, naturale o creato, con la coscienza; precisamente sono esperienze rappresentative simboliche dello spaziotempo che dall’ambiente pervengono alla coscienza. Tutti gli esseri viventi o oggetti creati rappresentano il loro spaziotempo con volumi, superfici e segni che la coscienza traduce in emozioni, distinte in sensazioni (libertà, bellezza, seduzione) e sentimenti (amore, ricordi, aspirazioni). In particolare sono i segni estetici che dividono i volumi o le superfici dell'oggetto dallo sfondo ad assumere particolare rilevanza artistica e singolarità scientifica.
I segni estetici già presenti in natura e nell’opera d’arte e architettonica sono stati già selezionati dalla stessa coscienza atraverso la ragione degli artisti e degli architetti ma il loro riconoscimento e identificazione può avvenire dopo la scoperta dell’increato "dio" dell’Energia fonte primigenia di ogni rappresentazione e conoscenza lessicologica.
Le percezioni visive, quindi, sono messaggere di emozioni, di sensazioni e sentimenti provenienti dallo spaziotempo di volumi, superfici e segni che rappresentano tutto ciò che si osserva: ambiente naturale, paesaggi, esseri viventi e creazioni intellettuali. Esse sono portatrici dei messaggi educativi se concordano con la coscienza e se provengono dai segni evolutisi con le configurazioni della natura; il messaggio invece è diseducativo se i segni rappresentati dalla ragione non corrispondono ai segni estetici della libertà, della bellezza e dell'amore “suggeriti” dalla coscienza.
  • Le percezioni non visive collegano la coscienza, la ragione increata con la ragione creativa; sono esperienze rappresentative simboliche dello spaziotempo naturale portatrici dei messaggi propositivi emozionali che la ragione cerca di convertire in esperienze rappresentative visive prima di tradurle in esperienze espressive lessicali, in parole e verbi. Con tali messaggi la coscienza determina la ragion pratica degli artisti e architetti a rappresentare, attraverso l’ideale contorno dei segni estetici (spaziotempo simbolico) la tensione d’amore libera e bella di Dio che essa stessa esprime e testimonia.
La stessa coscienza è la percezione non visiva più autorevole che “spinge” la ragion pratica dell’artista a rappresentare nel particolare dell’opera d’arte, attraverso segni, superfici e volumi estetici, l’universalità del suo spaziotempo increato.

Ci sarà, quindi, una concordanza lessicale tra i segni rappresentati dalla ragione creativa dell'artista e quelli simbolici proposti dalla coscienza increata, una coincidenza espressiva e rappresentativa tra mente e natura che identifica la ragione figlia con la coscienza madre, l’uomo con Dio.



- La ragione -


la ragione nasce, nell’apparente stato di assoluta evidenza visiva, come sottoinsieme della coscienza in grado di ricordare, ordinare, collegare ed esprimere esperienze pratiche (attività con le quali si sperimentano anche esperienze teoretiche) e teoretiche (attività con le quali si ipotizzano procedure sperimentali di esperienze pratiche) visivamente osservate. Il suo idioma paradossalmente definito come linguaggio espressivo/logico è apparente non è reale, infatti, si è evoluto nell'apparente natura visiva associando allo spaziotempo esteriore osservato con l’oggetto, semplicemente una parola per distinguerlo e un verbo per la sua funzione senza poter considerare lo spaziotempo assoluto che configura l'oggetto e che soltanto con la rivelazione della coscienza può decifrare.

Poi, la ragione, artefice dell’indagine sulla natura, per rappresentare e conoscere le sue fondamenta è costretta a superare il limite del senso della vista e a sperimentare l’Energia.

Superato il limite del senso della vista, per ragionare correttamente rispettando il Principio dell’esatta Conoscenza (“le espressioni del Pensiero devono coincidere con le rappresentazioni dell’Energia”) che definisce il linguaggio rappresentativo/dialettico reale, è necessario conoscere prima l’esatto spaziotempo che rappresenta l’“oggetto” o del fenomeno invisibile indagato e poi tradurlo in parola e verbo.


L’indagine sulla natura e sulle sue fondamenta avviene attraverso le tre ragioni distinte tra loro ma interdipendenti: quella teoretica, filosofica e artistica. Le tre ragioni al termine della Dottrina avranno base comune; la loro attuale distinzione, oltre ad avere una predisposizione genetica, dipende dall’interazione tra le quattro attività dell'intelletto così distinte:

  1. Esperienze pratiche
  2. Esperienze teoretiche
  3. Percezioni visive
  4. Percezioni non visive o della coscienza


  1. Le esperienze pratiche (dalla ragione all’oggetto) sono rappresentazioni dirette o intuizioni elaborate dalla ragione e direttamente collegate al mondo sensibile; esse sono necessarie alla conoscenza pratica.
  2. Le esperienze teoretiche (dalla ragione alla ragione) sono rappresentazioni indirette o concetti elaborati dalla ragione e indirettamente collegati al mondo sensibile, necessarie alla conoscenza scientifica.
  3. Le percezioni visive (dall’oggetto alla coscienza) sono rappresentazioni simboliche indirette o "concetti" della coscienza elaborati impropriamente dalla ragione, come le esperienze teoretiche sono collegate indirettamente al mondo sensibile; esse sono necessarie alla conoscenza filosofica.
  4. Le percezioni non visive (dalla coscienza alla ragione) sono rappresentazioni simboliche dirette o intuizioni di emozioni, di sentimenti (amore, ricordi, aspirazioni) e sensazioni (libertà, bellezza, seduzione), direttamente elaborate dalla coscienza. Le rappresentazioni possono essere intuizioni libere se rappresentate direttamente dalla coscienza, intuizioni non libere se rappresentate attraverso la materia visibile. Le intuizioni libere e non libere sono indispensabili alla conoscenza artistica.


Le interazioni tra esperienze pratiche, teoretiche e percezioni visive e non visive, evolvono le tre ragione votate alla ricerca e stabilisce quale di esse ha la potenzialità necessaria per scoprire la fonte di ogni rappresentazione e, quindi, di ogni conoscenza: l’increato “dio” dell’Energia.

Interazione tra esperienze pratiche (1) e teoretiche (2) = ragion teoretica = scienziato.
Interazione tra esperienze pratiche (1) e percezioni visive (3) = ragion metafisica = filosofo.
Interazione tra esperienze pratiche (1) e percezioni non visive (4) = ragion pratica = artista.


La ragion teoretica dello scienziato per ricavare una conoscenza collega nei suoi esperimenti esperienze pratiche (1) con esperienze teoretiche (2) e, non facendo partecipare le percezioni (3), esclude la coscienza (4), l’unica realtà disponibile nell’apparenza della natura. Con questa limitazione la ragion teoretica dell’intero universo conoscitivo considera quello esperienziale del Divenire ed esclude quello percettivo dell’Essere. Lo scienziato non può pervenire alla scoperta dello spaziotempo assoluto, cioè alla rappresentazione di "dio", nonostante sia il fine ultimo di ogni via della conoscenza.

Conseguenza di questa esclusione è la concezione della scienza spazializzata sfociata nell’irrazionale incapacità di sperimentare lo spaziotempo della coscienza e, quindi, di dare risposte etiche ed estetiche.


La ragion metafisica del filosofo limita la sua conoscenza della natura alla sola espressione proferita con la parola e il verbo e non considera la sperimentazione e la rappresentazione dello spaziotempo. Il filosofo, per ricavare una conoscenza, collega nelle sue dissertazioni esperienze pratiche (1) con percezioni visive della natura (3); nel far ciò esclude l’esperienza teoretica (2) e la percezione non visiva della coscienza (4), unica realtà, perciò anche la mente del filosofo come il teologo non può pervenire alla scoperta dell’“amore assoluto” dell’Energia. Il filosofo e il teologo sono particolarmente illuminati nei loro assunti, anche se non verificabili, soltanto quando seguono l’ispirazione della loro coscienza.


La ragion pratica dell’artista fa riferimento alla coscienza e ne sperimenta rappresentativamente lo spaziotempo; essa collega rappresentazioni di esperienze pratiche (1) con percezioni non visive della coscienza (4) ed esclude inizialmente le percezioni visive (3) e le rappresentazioni di esperienze teoretiche (2), non necessarie a soddisfare l’estetica della sua coscienza. L’artista, facendo interagire le esperienze pratiche con le percezioni non visive della coscienza, sperimenta l’intero universo conoscitivo, unendo l’universo esperienziale visivi apparentemente logico della ragione e l’universo percettivo simbolico realmente logico della coscienza.

La ragion pratica dell’artista rappresentativamente sperimenta emozioni: sensazioni (libertà, bellezza e seduzione) e sentimenti (amore, ricordi e aspirazioni), e concepisce la scienza temporizzata (arte) della bellezza e dell’amore. Ignara di conseguire virtù e conoscenza, si è rivelata l’unica ragione in grado di ultimare l’ultimo tratto de La Conoscenza Generale della Natura.



- Le cinque consapevolezze dell'artista -


L’artista-architetto arricchisce la potenzialità della sua ragione con cinque consapevolezze derivate dalla sua praticata esperienza creativa.


La prima consapevolezza riflette sul fine artistico.

Il fine artistico è rappresentare l’universale della propria coscienza, l’Amore puro del Pensiero fonte di libertà e bellezza attraverso il particolare delle sue creazioni.

L’artista durante l’atto creativo cerca di sostituire al tema della rappresentazione, alla materia, al colore e alla tecnica adoperata il fine artistico. Tema della rappresentazione, materia, colore e tecnica sono i pretesti per rappresentare nel particolare artistico l’Amore puro della coscienza (Dio), la quale vuole imperativamente sedurre.


La seconda consapevolezza riflette sul il concetto di forma.

Che senso hanno la creatività dell’artista-architetto e la “sete” di conoscenza dello scienziato e del filosofo in un mondo in cui si osserva l'Amore puro, la forma del reale, e si vive nello stato di coscienza della natura?

In un mondo così rappresentato, la creatività e la “sete” di conoscenza, verrebbero meno: si vivrebbe nell’estasi, contemplando la natura. Ciò non avviene, ed è comprensibile a tutti.
Per comprendere il motivo che spinge l’uomo verso la creatività e verso La Conoscenza, basta riflettere sul termine forma che rappresenta il reale invisibile. La forma che rappresenta il reale è una sola, indivisa e indifferenziata, e non appartiene alla natura visibile, né fa parte dell'attuale linguaggio il quale, essendo ancora sconosciuta, gli attribuisce un significato generico astratto che accosta a tutti gli oggetti naturali o creati; ciò è confermato dalla creatività degli artisti-architetti che hanno il compito di far osservare, con la bellezza, la forma del reale ("dio") nella configurazione apparente della natura.


La terza consapevolezza riflette sul concetto di materia.

La “materia”, per la sensibilità degli artisti, rappresenta una quantità di spazio, un volume, una superficie o un segno da modellare con la qualità del tempo delle emozioni provenienti dalla propria coscienza.


La quarta consapevolezza riflette sulla rappresentazione delle emozioni.

La rappresentazione esprime emozioni, sensazioni (libertà, bellezza e seduzione) e sentimenti (passato = ricordi, futuro = aspirazioni sempre-presente = amore) quando l’artista-architetto, con la “materia” configurata nel volume, nella superficie, nel colore e nel segno, rappresenta lo spaziotempo della coscienza.


La quinta consapevolezza riflette sulla sintesi rappresentativa.

L’apparente complessità rappresentativa riflessa della natura è frutto di un’estrema e sintetica semplicità, che interessa anche le nostre creazioni intellettuali.


Queste cinque consapevolezze confermano che la coscienza o Dio del Pensiero, il reale o "dio" dell’Energia, la forma, l’universale Assoluto e lo spaziotempo assoluto hanno la stessa rappresentazione dalla quale si percepisce soltanto lo spaziotempo simbolico della sconosciuta coscienza, unica realtà manifesta nel mondo dei sensi e dalla coscienza ha inizio l’indagine artistica.


Per svolgere indagini sulla coscienza umana è fondamentale ricordare che la coscienza è natura increata e le sue percezioni sono rappresentate dallo spaziotempo mentre la ragione è mente creativa e le sue esperienze sono espresse dalla parola e dal verbo; soltanto la ragion dell’artista-architetto ha la facoltà di indagare rappresentativamente la verità posta nell’uomo cioè lo spaziotempo percettivo simbolico della sua stessa coscienza e di convertirlo in esperienza lessicale, esprimendolo con la parola e il verbo. È come se l’artista-architetto, vestito da Pubblico Ministero, per disegnare lo spaziotempo naturale, decidesse di indagare il Giudice (coscienza), fonte di giurisdizionale assoluta, riflettento sull’imputato esperimento pratico dalla ragione.


In sintesi poiché «la verità è nell’uomo artista-architetto», si pone rinnovata e particolare attenzione sulla coscienza (madre) e sulla ragione (figlia)!

  • La coscienza, unica realtà esistente nel mondo dei sensi, essendo Pensiero increato, è natura, non scinde lo spaziotempo e il suo dinamico “linguaggio” simbolico è realmente logico, rappresentativo dell’Io puro; osservando lo spaziotempo del volume, della superficie, del segno e del colore che rappresenta l’oggetto naturale o creato dalla mente, lo converte in percezioni di emozioni, sensazioni e sentimenti che “muovono” l’oggetto in apparenza statico, poiché lo spazio che lo configura è modellato il tempo. </nowiki>
  • La ragione, nella fase visiva della conoscenza poiché ingannata dal senso della vista, scinde l’energia, lo spazio e il tempo e scambia l’apparenza della natura che osserva con la realtà; quindi, il suo linguaggio lessicale è apparentemente logico, espressivo del non-io o ragione impura; infatti, osservando lo spaziotempo rappresentato nel volume di un oggetto, gli assegna, senza comprenderne le simboliche emozioni in esso rappresentate, soltanto una </nowiki>parola per distinguerlo e un verbo per identificarne la funzione.

È nella fase non visiva della conoscenza dopo che lo scienziato, avendo risolto apparenti paradossi riguardanti fenomeni fisici, ha scoperto lo spaziotempo relativo senza fornire una specifica rappresentazione, che si inserisce l’artista-architetto (fine ‘900) il quale, con riflessioni accorte sullo spaziotempo percepito dall’“oggetto” naturale o creato e sul percorso dell'Assoluto filosofico dà inizio alla “Suprema ricerca dell’arte” per decodificare e rappresentare le percezioni non visive della coscienza.


È evidente! Lo spaziotempo dell’oggetto per emozionare deve concordare con lo spaziotempo naturale della coscienza, quindi, l’uomo, prima di vivere realmente la sua razionale trascendenza culturale derivante dalla scoperta dell’increato “amore assoluto” dell’Energia e dalla rivelazione dell’increato Amore puro del Pensiero, deve rappresentare lo spaziotempo della coscienza. Lo spaziotempo della coscienza, infatti, se disegnato fa coincidere il linguaggio” rappresentativo della natura, fatto di spaziotempo con il linguaggio espressivo della mente, fatto di emozionanti parole e verbi come lo spaziotempo passato dei ricordi, quello futuro dell’aspirazioni e lo spaziotempo sempre-presente dell’amore . Dall'unione del linguaggio rappresentativo della coscienza (natura) con quello espressivo della ragione (mente) nascerà il linguaggio rappresentativo dialettico della logica reale che emoziona chi vive esprimendo l’Io puro e assoluto filosofico con la “I” maiuscola:

L’Amore puro dell’Essere figlio di “dio” ovvero l’unione tra soggetto e “oggetto”.


C’è, quindi, una coincidenza ultima indifferenziata, tra soggetto e “oggetto”, tra le espressioni del Pensiero e le rappresentazioni dell’Energia, tra le espressioni della mente e le rappresentazioni della natura, tra la parola e il verbo espresso e lo spaziotempo rappresentato; accordo che integra l’attuale linguaggio espressivo fisico, filosofico e teologico, con la razionalità del linguaggio rappresentativo dell’arte, che ha la fisionomia della bellezza.

Con le sue potenzialità e consolidate verità l’artista-architetto, non si limita a disegnare la natura visibile e a compiacersi delle sue opere; forte delle sue esperienze, spinto dalle percezioni della sua coscienza, mai assopite, desidera rappresentare, conoscere e ragionare con l’“oggetto” gli ha donato la vita e l’incommensurabilità delle emozioni sempre-presenti in ogni coscienza.

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La “chiave” dell’invisibile


L’esistenza di una “chiave” di accesso della ragione nell’universo buio, non visivo della Conoscenza, è confermata dallo stesso paradosso ENERGIA = PENSIERO davanti al quale si è fermata la scienza fisica.

La scienza fisica, che studia le “particelle” subatomiche, per propri e conosciuti limiti già evidenziati, non può tradurre in parola e verbo lo spaziotempo rappresentato dall’energia sperimentata.

La “chiave” da disegnare, con la quale la ragione accede e illumina l'universo non visivo della Conoscenza, riferita all’uguaglianza tra Energia e Pensiero, è così esprimibile: lo spaziotempo rappresentato dall’Energia deve esprimere la parola e il verbo del Pensiero; quindi, la chiave da disegnare che porta l’uomo oltre il visibile, impone una rappresentazione unitaria visibile dello spaziotempo naturale, della parola e del verbo.

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Il passaggio del testimone


Per disegnare la “chiave” spaziotemporale di accesso nell'universo non visivo della a Conoscenza, poichè la ragione non distinguere nella natura visibile la parola e il verbo espresso dallo spaziotempo in codice configurato dall’Energia, è necessario rappresentare l'unificato spaziotempo del Pensiero cioè rendere visibile lo spaziotempo percettivo simbolico dei segni, testimoniato in codice dall'increata coscienza umana.

La Verità è nell’uomo artista, nella relazione tra l’increata coscienza e la creativa ragione; quindi, l’Energia da esperimento deve essere sostituita dal Pensiero libero e creativo in grado di sperimentare l’unica realtà oggettiva esistente nella dimensione dei sensi: l’increata coscienza umana.

Lo scienziato può sembrare paradossale ma non lo è, dopo aver sprecato ingenti risorse valutarie per conoscere la rappresentazione dello spaziotempo assoluto dell’Energia, deve attendere che un’artista-architetto sperimenti a costo zero, con il segno di matita tracciato sul foglio bianco, lo spaziotempo sempre-presente del Pensiero testimoniato dalla coscienza. Quell’artista istintivo, votato a La Conoscenza e per giunta architetto riflessivo, poteva nascere solo in Italia. La sua sperimentazione grafica inizialmente finalizzata a rappresentare lo spaziotempo dei SENTIMENTI, quello passato dei ricordi, quello futuro delle aspirazioni e lo spaziotempo sempre-presente dell’amore, si è rivelata fondamentale per disegnare la “chiave” spaziotemporale con la quale la ragione, espressiva della parola e del verbo, accede nell’universo rappresentativo/simbolico della coscienza e sperimenta graficamente il Pensiero al pari dell’Energia.

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Lo spaziotempo della coscienza riferito all’ambiente


Un esauriente contributo per rappresentare lo spaziotempo dei sentimenti della coscienza umana non può essere fornito dalla scienza fisica poiché dalla sua indagine esclude la stessa coscienza.

La scienza fisica, nel suo percorso inverso della conoscenza, che dall’apparente natura visibile porta al reale invisibile, ha individuato due sistemi rappresentativi delle entità naturali ENERGIA, SPAZIO e TEMPO da cui non si evince la rappresentazione dello spaziotempo passato, futuro e sempre-presente della coscienza coincidente con la parola e il verbo ricordare, aspirare, amare.


Nei sistemi inerziali come la Terra, in cui non si avverte nessun movimento, è ancora valido il modello newtoniano meccanicistico dell’universo. Nello “spazio assoluto” di questo modello le leggi fondamentali del moto dell’Energia meccanica muovono gli "oggetti solidi" secondo un “tempo assoluto” spazializzato. Questo modello, inesistente in natura per la separazione delle sue entità, non rappresenta lo spaziotempo dei sentimenti della coscienza ma l’illusione della ragione visiva con la quale si è costruita tutta la tecnologia meccanica dell'apparente benessere.


Nei sistemi relativi del modello einsteiniano, l’energia di interazione elettromagnetica rappresenta lo spaziotempo che, legando “particelle” elementari configura atomi, sistemi planetari, galassie e ogni configurazione fisica e vivente esistente nell’universo. Anche i sistemi relativi geodetici(“corpi celesti”) e lo spaziotempo relativo da essi incurvato, per effetto della gravitazione non rappresenta lo spaziotempo visibile dei sentimenti percepiti dalla coscienza: lo spaziotempo passato dei ricordi, quello futuro delle aspirazioni e lo spaziotempo sempre-presente dell’amore.


Sistema Inerziale
Energia – spazio – tempo
Sistema Relativo
Energia - spaziotempo
Sistema Assoluto
?


Dove si riscontra la rappresentazione dello spaziotempo dei sentimenti dell’increata coscienza umana riferito all’ambiente visivo? Dove è la “chiave” per accedere nell'universo non visivo della conoscenza?

La “chiave” per accedere nell'universo non visivo della conoscenza si riscontra nella coincidenza rappresentativa tra le percezioni non visive che dall’ambiente pervengono alla coscienza e le percezioni non visive che dalla coscienza pervengono alla ragione.

Occorre quindi, indagare e sperimentare le percezioni visive provenienti dalle rappresentazioni naturali e create, diffuse principalmente dal segno che configura l’oggetto e lo divide dallo sfondo.

Dopo una lunga ricerca grafica, l’artista-architetto, indagando le percezioni provenienti dai segni che rappresentano gli oggetti e l’ambiente visivo, naturale e creato, perviene alla rappresentazione dello spaziotempo dei sentimenti, introducendo <u>l’origine dello “spazio” e del “tempo”.

Senza l’origine non si può rappresentare lo spaziotempo dei sentimenti.


L’uomo percepisce i sentimenti quando osserva e sosta in uno spaziotempo configurato da volumi, superfici e segni simultaneamente convergenti o divergenti; osservando lo spaziotempo che converge all’origine, percepisce il suo passato, la sua storia, i suoi ricordi; osservando lo spaziotempo divergente dall’origine, percepisce il suo futuro, il suo avvenire, le sue aspirazioni. Se l’uomo osservando lo spaziotempo passato non può fare a meno di osservare lo spaziotempo futuro e viceversa, evidentemente l’osservazione simultanea e interattiva tra spaziotempo passato e futuro scaturita dal medesimo spaziotempo, fa percepire il sempre-presente dell’amore cioè la testimonianza che Dio esiste nell’increata coscienza umana.


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Lo spaziotempo convergente rappresenta il passato, la storia, le conquiste fatte, le esperienze vissute, la tradizione, i ricordi che si interpretano nel “presente” secondo le nostre aspirazioni future.

Lo spaziotempo divergente rappresenta il futuro, l’avvenire, le conquiste da fare, le esperienze da vivere, le aspirazioni che si interpretano nel “presente” secondo le nostre tradizioni passate.

Lo spaziotempo interattivo rappresenta il sempre-presente che è testimonianza.


Poiché la coscienza increata del Pensiero, è l’unica realtà esistente nel mondo dei sensi, e come il reale increato dell’Energia (“coscienza fisica”), si rappresenta con la forma: l’indagine artistica, libera e universale, è il tentativo continuo attraverso il quale il linguaggio rappresentativo simbolico della coscienza madre (natura) fatto di spaziotempo si unifica con il linguaggio espressivo lessicale della figlia ragione (mente) fatto di parole e verbo e rivela i significati spaziotemporali della forma espressivi di emozionanti sentimenti (spaziotempo passato dei ricordi, futuro delle aspirazioni e sempre-presente dell’amore) tutti “disegnati” nell’ambiente e in ogni più piccolo particolare naturale, la dove si originano convergenze o divergenze di volumi, pieni e vuoti, superfici e segni.

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La scoperta della “forma significato”


Così è avvenuto. Durante l’albeggiare a Roma di un giorno indimenticabile, l’artista studente in architettura, osservando sul foglio per l’ennesima volta la rappresentazione dello spaziotempo dinamico della coscienza umana che rivela i significato spaziotemporali della forma riferita all’ambiente visivo apparentemente statico, con forte emozione comprende di aver rappresentato alla visione la forma significato ovvero la coincidenza rappresentativa tra lo spaziotempo naturale della coscienza e la parola e il verbo (futuro, passato, sempre-presente) espressi dalla ragione.


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La “forma significato” è una scoperta di inestimabile valore intellettuale; è la “chiave” dell’invisibile che, sovrapponendo la parola e il verbo della ragione (mente) allo spaziotempo della coscienza (natura) apre l’universo non visivo La Conoscenza e dà appunto, significato all’esistenza.

Essa rappresentando i sentimenti, traduce il “linguaggio” rappresentativo simbolico dell’increata coscienza umana in linguaggio espressivo reale della creativa ragione, cioè traduce lo spaziotempo naturale in emozionanti sentimenti narrati con parole e verbi.

Lo spaziotempo passato convergente all’origine rappresenta il sentimento dei ricordi.
Lo spaziotempo futuro divergente dall’origine rappresenta il sentimento delle aspirazioni.
Lo spaziotempo sempre-presente interattivo rappresenta il sentimento dell’amore.

Lo stesso spaziotempo passato, futuro e sempre-presente rappresentato dalla “forma significato" è convertito dalla coscienza in sentimenti “ricordare, aspirare, amare”.

Con la “forma significato” la ragione creativa impura, espressiva del Divenire apparente della natura, supera la sua irrazionalità visiva e si accosta alla ragione pura dell'increata coscienza, rappresentativa dell’Essere reale del Pensiero.

Riconoscendo nell’ambiente visivo apparentemente statico lo spaziotempo dinamico, passato, futuro, sempre-presente rappresentato dalla “forma significato”, le percezioni simboliche diventano esperienze reali di sentimenti ricordare, aspirare, amare, che si osservano essendo rappresentati dai particolari degli “oggetti”, dai loro contorni e da tutto l’ambiente naturale che tanto emoziona.


Con la forma significato si prende atto dell’irrazionalità dello spazio cartesiano ideato dall’uomo, privo di sentimenti e in netto contrasto con l’ambiente naturale. Si conosce la finalità dei vari stili architettonici che si sono succeduti, tutti mirati a “distruggere” la scatola configurata da piani ortogonali e paralleli; si comprende il fascino dell’architettura spontanea e dei centri storici edificati sulla naturalità dei luoghi, in cui la linea retta non si adatta alla superficie curva o al pen"dio" di una montagna.


Argomentare sulla “forma significato”che unifica il linguaggio espressivo della ragione (mente) con quello rappresentativo della coscienza (natura), interfaccia i due universi paralleli quello espresso dal PENSIERO e quello rappresentato dall’ENERGIA, è emozionante; essa è la “chiave” che, aprendo lo scrigno dei due grandi misteri, dell’increata coscienza umana (spaziotempo puro del Pensiero) e dell’increata “coscienza fisica” (spaziotempo assoluto dell’Energia) e interfaccia i due universi paralleli quello espresso dal PENSIERO e quello rappresentato dall’ENERGIA.

La sua scoperta è avvenuta per aver messo in crisi le ovvietà più consolidate della ragione limitata al senso della vista, come ad esempio il concetto di realtà e forma riferite alla natura visibile; la grandezza della sua scoperta sta nell’aver messo insieme piccole riflessioni le quali si sono rivelate immensamente grandi.


La “forma significato” è la “tecnologia” intellettuale disponibile, che permette di sperimentare graficamente il limitatamente piccolo della natura cioè il «motore» dell’universo, l’increato Assoluto dell’Energia e di rivelare l’immensamente grande della coscienza umana: l’increato Assoluto del Pensiero. La “forma significato” unifica nell’origine lo spazio e il tempo; senza l’origine non può esserci unificazione spaziotemporale. Se l’origine dello spaziotempo è imprescindibile per rappresentare ed esprimere i sentimenti dell’increata coscienza, il passato dei ricordi, il futuro delle aspirazioni e il sempre-presente dell’amore o della testimonianza; l’origine è imprescindibile per rappresentare lo spaziotempo assoluto della fisica, la forma dell’arte e dell’architettura, l’Assoluto della filosofia, “dio” della teologia naturale. lo spaziotempo assoluto della fisica, la forma dell’arte e dell’architettura, l’Assoluto della filosofia, “dio” della teologia naturale. .


All’inizio l’artista-architetto non pensava che la scoperta della “forma significato” sarebbe stata così importante, una conquista intellettuale “rivoluzionaria”, in grado di scoprire la fonte unificatrice delle cinque vie della conoscenza (arte, fisica, filosofia, teologia, architettura) e rigeneratrice dell’uomo, giunto al bivio della sua esistenza. Poi iniziò a credere che era possibile utilizzare la “forma significato” come “tecnologia” per sperimentare graficamente l’Energia e, con immensa emozione si convinse che da lì a poco avrebbe incontrato “dio”.

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"Dio" «motore» e padre dell’universo


La scoperta rappresentativa dell’increato “dio” dell’Energia, «motore» e padre dell’universo, non è casuale; si è sviluppata intorno a “raffinate” conoscenze artistiche e verità scientifiche che hanno coinvolto due antichissime figure professionali espresse da un solo uomo: l’artista e l’architetto.

L’artista intuitivo disegna lo spaziotempo che deve emozionare e lo pone all’architetto riflessivo che lo deve esaminare. Non si può, quindi, parlare dell’artista senza coinvolgere l’architetto e viceversa. Inoltre lo stesso artista-architetto, assecondando l’evoluzione percettiva della quinta determinazione dell’arte che “invita” a rappresentare non l’apparente natura visibile ma il reale invisibile che l’ha generata, ha caricato di responsabilità sociale la sua stessa pratica artistica e architettonica finalmente indirizzata a scoprire l’indispensabile spaziotempo assoluto dell’Energia ovvero “dio” della teologia naturale..

L’umanità è all’apice della sua irrazionalità e soltanto la visione dello spaziotempo assoluto che rappresenta “dio” della teologia naturale, fonte primigenia indifferenziata di ogni rappresentazione, conoscenza e di ogni giustizia, può rigenerare l’uomo giunto al bivio dell’esistenza.

L’uomo per rappresentare l’increato “dio” dell’Energia, rivelare l’increato Dio del Pensiero della coscienza umana, personificare il creativo Dio della ragione (l’uomo reale del terzo millennio) e avviare la "rivoluzione" culturale, deve far coincidere, lo impone il Principio dell’Esatta Conoscenza, le espressioni del Pensiero (mente) con le rappresentazioni dell’Energia (natura).

La rappresentazione della “forma significato” fa coincidere la parola e il verbo espressi dalla ragione (mente) e lo spaziotempo rappresentato dalla coscienza(natura), quindi la scoperta rappresentativa dell’increato “dio” dell’Energia è alla portata dell’uomo.

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L’Energia madre dell'universo


L’artista-architetto, dopo aver rappresentato con la “forma significato” lo spaziotempo dell’increata coscienza, conosce espressivamente l’entità invisibile madre purissima di “dio”, padre dell’universo.

La scienza fisica, risolvendo apparenti paradossi, ha dimostrato che tutto ciò che esiste nell’universo visibile sono stabili configurazioni dinamiche di Energia. L’Energia oggi si considera soltanto negli aspetti utilitaristici e spesso distruttivi, ma non nella sua pura espressione. Cos’è l’Energia?

L’Energia invisibile madre dell'universo affine al Pensiero, come dimostrano le formule del tempo e della massa trasformata in Energia, è il Nulla che si differenzia dando origine allo spazio con il movimento del tempo.

Inversamente:

Il Nulla è Energia indifferenziata in cui lo spazio è inamovibile e il tempo è fermo, non scorre. Il Nulla è sempre-presente oltre i confini dell’universo.

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Ciò si deduce dalla formula del tempo. Il tempo trascorre in modo diverso nell’universo secondo la velocità v di movimento; più aumenta la velocità, più rallenta il tempo.

Se si ipotizza di viaggiare alla velocità della luce, senza superarla, il rapporto tra i due quadrati è uguale a uno; essendo v e c uguali, di conseguenza tutto ciò che sta sotto il segno della radice è pari a zero e, se il dividendo ha il divisore uguale a zero, il rapporto tra i due è pari ad infinito. Il tempo è infinito e non significa che scorre senza mai fermarsi, ma significa semplicemente che non scorre per niente, è fermo; ciò è prevedibile ai confini dell’universo, ai limiti del Nulla. L’eternità, in questo caso, non è l’interminabile successione di secondi, bensì un tempo che non scorre.

Anche l’Energia, configurata nella massa di un oggetto, cresce con l’aumentare della velocità secondo una formula analoga a quella del tempo sino a diventare inamovibile e come il tempo, è prevedibile solo ai confini dell’universo.

Conseguentemente:

Lo Spazio è connaturato all’Energia che muove il Tempo.
Il Tempo è connaturato all’Energia che muove lo Spazio.

Si può sicuramente a ffermare che tutta la natura fisica e vivente è testimoniata dall’Energia (E = m • c2) e la sua testimonianza se riferita al «motore» limitatamente piccolo dell’universo, deriva dal fatto che:

L’Energia è movimento che rappresenta lo spazio, modellandolo con il tempo in un tutt’uno di ENERGIASPAZIOTEMPO.

In questa espressione le tre entità naturali ENERGIA, SPAZIO e TEMPO, riferite al «motore» dell’universo, al limitatamente piccolo della natura, riscontrano la stessa sconosciuta rappresentazione. Sulla rappresentazione del termine unico de La Conoscenza (ENERGIASPAZIOTEMPO), posto a fondamenta della natura e al vertice del vocabolario, si è sviluppata la sperimentazione grafica che ha portato alla scoperta del padre dell’universo.

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La scoperta di "dio"


Con la scoperta della “forma significato”, la percezione della coscienza diventa esperienza della ragione e l’intuizione è visibile; infatti, durante la sperimentazione grafica, è semplice riflettere sui sensi (→) spaziotemporali rappresentati e dedurre espressivamente ogni desiderata e certificata conoscenza.

Con la “forma significato” che disegna l’increato Pensiero della coscienza umana si unificano due entità della natura visibile e invisibile: lo SPAZIO e il TEMPO.

Riflettendo sul movimento dell’ENERGIA che configura lo SPAZIO, modellandolo con il TEMPO in un tutt’uno di Energiaspaziotempo, è facile completare la griglia dei sistemi fisici ipotizzando l’esistenza dei sistemi assoluti o polari e avviare la sperimentazione grafica per rappresentare l’unico termine, l’Energiaspaziotempo posto alla base dell’universo e al vertice del vocabolario.


Sistema Inerziale
Energia – spazio – tempo
Sistema Relativo
Energia - spaziotempo
Sistema Assoluto
Energiaspaziotempo


Come si può sperimentare e certificare l’esistenza dei sistemi assoluti configurati dall’Energiaspaziotempo?

La forma significato rappresenta lo spaziotempo sempre-presente dell’increato Pensiero della coscienza, in cui i due termini spazio e tempo già coincidono; quindi, è sufficiente sostituire il PENSIERO con l’ENERGIA e considerare la stessa forma significato come la “tecnologia” intellettuale dell’Invisibile che ci permette di sperimentare graficamente le fondamenta della natura: l'increato “dio” .


Per sperimentare e conoscere come i sistemi assoluti o polari si testimoniano nel limitatamente piccolo, non resta che unire l’Energia alla rappresentazione della forma significato e seguire la sua espressione, partendo dall’origine. Si ricostruisce così graficamente l’Energiaspaziotempo, il termine unico al quale si assegnano i significati spaziotemporali e i sensi convenzionali riferiti alla direzione dello spaziotempo :

Energiaspaziotempo convergente = ← passato
Energiaspaziotempo divergente = futuro →
Energiaspaziotempo interattivo convergente e divergente = sempre-presente ↔ →←


Ci siamo!

Con la “forma significato”, si supera il visibile e, senza esitazioni ci si dirige per incontrare “dio”.

La scienza fisica del secolo scorso, per scoprire le fondamenta della natura, “dio” dell’Energia, ha sperimentato l’esistenza di un numero ancora imprecisato di “particelle” elementari, annoverando tra esse anche quelle a “vita breve” nate nei suoi laboratori.

Le “particelle” elementari sono quantità di Energia indivisibile che, configurando uno spaziotempo limitatamente piccolo, si testimoniano stabilmente per l’intero anno cosmico.

Riconosciuto che “dio” coincide con ogni “particella” elementare di Energia, con forte emozione si sperimenta la sua rappresentazione.

Per scoprire l’esatta rappresentazione “dio” della “particella” elementare, l’artista-architetto rappresenta sul foglio bianco la forma significato e la direzione del suo spaziotempo; poi immagina di far coincidere l’Energia con l’origine della stessa. Il termine unico, l’“Energiaspaziotempo”, si visualizza nell’origine, e “attende” di diffondersi seguendo l’unica direzione spaziotemporale della forma significato.

Sono stati sufficienti pochi attimi di riflessione e l’esperimento, visualizzato dalla matita, è iniziato.


--- Espressione ---

L’Energiaspaziotempo, con riferimento alla forma significato, segue l’unica direzione di diffusione spaziotemporale e, divergendo dall’origine, espande il futuro; per non dissiparsi (morte energetica), necessariamente contrae il passato, convergendo verso la nuova origine rigeneratrice posta nel futuro.

L’Energiaspaziotempo nella nuova origine si rigenera ed espande nuovamente il futuro, per poi contrarre di nuovo il passato, ripetendosi così per la durata dell’intero anno cosmico.

L’Energiaspaziotempo, attraverso le incommensurabili origini rigeneratrici, testimonia il continuo susseguirsi di nascita e morte rigeneratrice, espressione del sempre-presente spaziotempo assoluto.


--- Rappresentazione ---

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L’Energiaspaziotempo si inverte tra due origini rigeneratrici: la “particella”, tra le incommensurabili origini rigeneratrici, diverge prima il futuro e poi converge il passato, invertendo lo spaziotempo.

L’Energiaspaziotempo si rigenera tra due momenti di massima espansione: la “particella” prima converge il passato verso l’origine e, poi diverge il futuro dalla stessa origine, rigenerando lo spaziotempo.

Con la continua inversione e rigenerazione ogni “particella” elementare di energia esprime, rappresenta e testimonia il sempre-presente spaziotempo assoluto o polare.


--- Testimonianza ---

Ogni “particella” elementare inverte l’Energiaspaziotempo tra due origini rigeneratrici; anteponendo il futuro al passato, la “vita” alla “morte”, la “particella” rappresenta lo stato puro dell’“eterna intuizione” della testimonianza.

Ogni “particella” elementare rigenera l’Energiaspaziotempo tra due massime espansioni; rigenerando il passato nel futuro, la “morte” nella “vita”, la “particella” rappresenta lo stato puro dell’“eterna esperienza” della testimonianza.


Ogni “particella”, spaziotempo assoluto sempre-presente, testimonia lo stato puro dell’“eterna intuizione” e dell’“eterna esperienza” dell’“amore” (testimonianza fisica), posto a fondamenta dell’universo.

Là dove c’è un’intuizione e un’esperienza, c’è un pensiero; e dove c’è un pensiero, c’è una coscienza; e dove c’è una coscienza, c’è una mente. Ogni “particella” elementare di Energia è “mente e coscienza fisica” è spaziotempo assoluto, testimoniato dal reale, rappresentato dalla forma, espressione dell’universale che configura, unifica e spiega tutto; riconoscendo alla “particella” la funzione del «motore» dell’universo si può certificare la scoperta che ha una sola parola"Dio": .
A "dio", poiché antepone tutto il “pensabile” della natura (futuro) al “pensato” (passato), si può assegnare soltanto il verbo della testimonianza e della sua funzione fisica: “Amare”.

Sperimentando con la “forma significato” l’unico termine, l’Energiaspaziotempo che in natura configura i sistemi assoluti o polari delle “particelle” elementari, si è dimostrato che l’Energia, madre purissima, si testimonia nel figlio "dio" della teologia naturale, padre nostro e dell’universo.


Poiché ogni “particella” elementare, spaziotempo assoluto sempre-presente, testimonia lo stato puro dell’“eterna intuizione ed esperienza” dell’“amore” (testimonianza fisica), posto a fondamenta dell’universo; con l’esperimento rappresentativo sulle fondamenta della natura si è dimostrato anche che la natura è essenzialmente e “intimamente” religiosa.


“L’assoluto “dio” dell’Energia per esistere pone il non-assoluto relativo: l’uomo”.
“L’uomo, il non-assoluto relativo per esistere pone l’assoluto del Pensiero: Dio.”


L’atto di fede del credo in Dio per l'uomo comune, quindi, è un dogma naturale (verità indiscutibile), un principio di libertà assoluta del tutto razionale, che riguarda l’esistenza dell’uomo e dello stesso “dio”.

‘Dio’ della fede è il logos di arrivo (Dio) che non è diverso dal logos di partenza (“dio”)!


"Dio", con sua incommensurabile e armoniosa moltitudine (“particelle” elementari) è testimonianza nel sempre-presente, cioè “amore”, e l’Amore è unica ragione dell’universo. Il massimo è nel minimo.

L’increato "dio" dell’Energia è la primigenia indifferenziata di ogni rappresentazione visibile e invisibile; è l’espressione, la fonte originaria di ogni conoscenza.


"Dio" dell’Energia riscontrato nel limitatamente piccolo dell’universo, è ogni “particella” elementare di Energia e si rappresentata attraverso lo spaziotempo assoluto.

Le “particelle” elementari, con dinamiche interazioni elettromagnetiche nucleari, atomiche, elettriche, magnetiche e gravitazionali, relativizzandosi intorno a centri orbitali, rappresentano lo spaziotempo relativo che configura dagli atomi all’intero universo, fisico e vivente ivi compreso l'uomo.

"Dio" dell’Energia, testimonianza dello stato puro o assoluto della forma reale della “coscienza fisica”, che con la sua incommensurabile e armoniosa moltitudine configura il tutto, su uno spaziotempo inerziale come il pianeta Terra, con l’evoluzione fisica, chimica e biologica degli esseri viventi, diviene configurazione apparente nello “stato di non-coscienza” della natura nel suo vero significato: “sogno” di "dio".

Se il pianeta Terra è il “sogno” di "dio", è il vero Paradiso terrestre nel quale trovano conferma le cinque consapevolezze dell’artista-architetto, infatti, per complementarietà degli opposti:

Luniversale diviene → particolare.
Laforma diviene → configurazione.
Il reale diviene → apparente.
La“coscienza fisica” diviene → “stato di non-coscienza” della natura: “Sogno” di "dio" = Paradiso.
Lasemplicità assoluta diviene → complessità apparente.


Alle confermate cinque consapevolezze dell’artista si aggiungono i risultati della sperimentazione rappresentativa dell’Energiaspaziotempo:

l’assoluto diviene → non-assoluto: relativo.
l’Essere diviene → non-Essere: esistenza.
“dio” diviene → non-“dio”: uomo.


Con la rappresentazione dello spaziotempo assoluto si conciliano i due universi quello della mente e della natura e si pone fine definitivamente alla separazione tra soggetto e “oggetto”, tra l’Io puro personale della coscienza umana (Dio) e l’assoluto impersonale della “coscienza fisica” (“dio”), che è stata la croce di tutta la filosofia dialettica post-kantiana.

Nell’Io puro e assoluto, scaturito dalla ricerca artistica, si fondono la specificità umanistica testimoniata dall’Amore puro esprimibile dall’Io personale (Dio) e la specificità fisica testimoniata dall’“amore assoluto” rappresentato dall’Assoluto impersonale (“dio”).


Sulla terra con la ricchezza degli esseri viventi vegetali e animali e la bellezza del suo paesaggio, l'invisibile "dio" ha realizzato il “sogno” del padre premuroso, donando al figlio, ancor prima che nascesse tutte le necessità della vita.


Adesso “dio”, finalmente, è visibile e comprensibile, ma non ha sembianze umane!

Che cosa cambia nell’uomo?

Nell’uomo cambia l’esistenza. L’uomo ha ciò che "dio" non ha!

Ha gambe per camminare, braccia per lavorare, occhi per vedere, orecchie per sentire e bocca per parlare; l’uomo ha la corporeità necessaria per godere e gustare la bontà e la bellezza del Paradiso terrestre ereditato da suo padre.

L’“amore assoluto”, invece, non ha bisogno di gambe per camminare, di braccia per lavorare, di occhi per vedere, di orecchie per sentire e di bocca per parlare.

"Dio" è sprovvisto delle umane sembianze perché è solo incondizionato e illimitato "amore" che costruisce senza decidere, senza usare le braccia, senza vedere, senza comandare; altrimenti che "dio" sarebbe?

"Dio", nonostante sia privo delle sembianze umane, ci somiglia; e simile a noi quando consideriamo l’uomo privo del corpo, il quale rende l’uomo impenetrabile all’uomo, e lo può dividere dal suo simile.

La sua somiglianza coincide con la nostra coscienza, poiché l’apparente complessità di tutte le esperienze e percezioni espresse dalla coscienza umana coincide con l’estrema semplicità dell’unica “esperienza” della testimonianza espressa da "dio" (“coscienza fisica”): Amare.

La coscienza umana è a immagine e somiglianza della “coscienza fisica”.

L’uomo, se esclude il suo corpo, è l’immagine di "dio". L’increato "dio" dell’Energia pur non sentendo, non vedendo, e non parlando, ci ha sempre guidato, "dialogando" con noi attraverso l’increato Dio del Pensiero sempre-presente nella nostra coscienza. All’uomo che con la ragione rivela Dio della sua coscienza, resta il compito di esprimere ciò che “dio” rappresenta ; così l’uomo, estende al massimo la bellezza, la tensione d’amore dell’increata natura, plasmando "dio" l’umiltà assoluta dall’illimitata potenza.


Albert Einstein, quando affermò: «Non esiste nessun sistema assoluto», si riferiva alla meccanica classica di Isak Newton, non certo ai futuri sviluppi della conoscenza.

La sua opera, non ancora del tutto compresa, è alla base della critica rivolta alla fisica del primo ’900, che fonda la conoscenza del limitatamente piccolo su principi non deterministici, quando invece la natura dimostra sin dalle sue fondamenta tutta la sua immanenza e la sua determinazione: la sua armonia.

L’esperimento grafico sulle fondamenta della natura, implicante soltanto i «termini certi» ENERGIA, SPAZIO e TEMPO, ha appena dimostrato che “corpuscolo” e “pacchetto”, due diverse configurazioni delle “particelle”, sono rappresentazioni complementari della medesima espressione, che non presentano alcun dualismo.

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I livelli rappresentativi di "dio".


Con la scoperta di "dio" della teologia naturale si completano i suoi livelli che rappresentano la natura; ai già noti livelli, inerziale o visivo e relativo, si aggiunge quello assoluto.

I tre livelli della natura, apparentemente distinti, sono interconnessi come “scatole cinesi”: il livello inerziale della natura contiene il livello relativo e il livello relativo contiene quello assoluto.


Livello assoluto o della realtà fisica

L’ENERGIASPAZIOTEMPO rappresenta ogni “particella” elementare di Energia.

L’Energia madre che si testimonia nel figlio "dio", padre e «motore» dell’universo; è forma che configura tutto il visibile e l’invisibile; è il reale che appare; è l’universale che diviene nel particolare; è la primigenia indifferenziata di ogni rappresentazione e conoscenza; è “coscienza o mente fisica”; è l’armonia della sua incommensurabile moltitudine.

---L’increato "dio" dell’Energia testimonia il primo livello indifferenziato della natura quello fisico.---


Livello relativo o dell’astrazione fisica.

L’ENERGIA rappresenta lo SPAZIOTEMPO di interazione elettromagnetica tra “particelle” elementari, che configurano dal limitatamente piccolo all’immensamente grande l’universo fisico e biologico.

"Dio", "amore assoluto", con il “sacrificio” di se stesso, diviene "amore relativo" nell'apparente natura visibile.

L’“amore assoluto”, unità armoniosa della sua incommensurabile moltitudine, forma reale e “coscienza fisica”, diviene relativo nei particolari dell’universo fisico e biologico ovvero configurazione apparente dello “stato di non-coscienza della natura”, da intendersi come “sogno” fatto dal padre premuroso ("dio") con il quale ha donato l’impensabile all'uomo suo figlio .

Il “sogno” di "dio" è il vero Paradiso che l’uomo deve rendere reale, realizzando in esso il suo sogno.

Le interazioni elettromagnetiche di scambio reciproco tra “particelle” elementari configurano atomi, sistemi planetari, galassie, molecole, biomolecole, specie viventi animali e vegetali, e l’intero universo.

---Le cellule staminali di ogni specie testimoniano il secondo livello indifferenziato della natura quello biologico.---


Livello inerziale o visivo relativo all’ambiente → astrazione fisica in apparenza visiva.

L’ENERGIA che rappresenta lo SPAZIO della natura visibile e il TEMPO che in essa si percepisce, sono l’esteriorità della configurazione apparente dello “stato di non-coscienza visiva della natura” percettibile a un ristretto campo di frequenze di onde elettromagnetiche.

Questo livello visivo testimoniato dalla natura provvidente diventa un incubo per l’uomo che illuso dal senso della vista, non riconosce in essa il “sogno” di "dio": il Paradiso terrestre.

Con l’evoluzione degli esseri viventi, compare l’uomo il quale evolve l’encefalo plastico, l’organo dell’intelletto, in grado di ricordare ogni singola esperienza e percezione; con l’autoregolamentazione delle prime esperienze e percezioni, a immagine e somiglianza della “coscienza fisica” ("dio" dell'Energia), nasce la coscienza umana (Dio del Pensiero) uguale in tutti gli uomini distinti tra lorp dalla diversa ragione. L’encefalo plastico converte l’Energia biochimica in Pensiero, e con l’increata coscienza Dio dall'Amore puro, diviene costantemente presente nell’uomo.

---La coscienza umana testimonia il terzo livello indifferenziato della natura quello intellettivo.---

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La “filosofia” di "dio" e della natura


Alla scoperta di "dio" e alla sua complementarietà intellettuale con l’uomo (il primo rappresenta e il secondo esprime senza perdere la facoltà di rappresentare), segue la rivelazione del suo “pensiero”, della sua “filosofia” di “artista-architetto” che specifica la libera azione rappresentativa di “cantiere” con il quale configura la natura provvidente: il progetto di eccellenza, mai ideato e privo di preferenze, e perciò libero di rappresentare l’impensabile, l’incommensurabile varietà e bellezza del “Creato”.


La “filosofia” di "dio" e, quindi, “la filosofia della natura” è indispensabile all'uomo per dedurre il pensiero che segue l'azione divima (moto assoluto dell’Energia) che emanando i Principi universali della libera rappresentazione fisica, unisce la sua armoniosa e incommensurabile moltitudine(“particelle” elementari) per configurare i “materiali”, i “collanti”, la “tecnologia” e gli “strumenti” di misura, necessari a “edificare” l’universo fisico e biologico. Con la “filosofia della natura" sarà semplice comprendere il “pensiero” di “dio” che l’uomo deve esprimere durante la sua azione creativa.

La "filosofia" di "dio” si desume dalla rappresentazione dello stesso "dio", che oltre a configurare la natura visibile e invisibile, unifica e spiega tutto. È sufficiente sostituire allo spaziotempo convergente e divergente la parola e il verbo, passato e futuro, e loro vocaboli similari, per tradurre il linguaggio rappresentativo di "dio" in quello espressivo dell’uomo.

L’uomo con accorta riflessione desume dalla rappresentazione dello spaziotempo assoluto l’increato, dinamico e operoso “pensiero” di “dio” comprensivo della sua “filosofia” e, quindi, quella della natura.


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Il “pensiero” dell’increato “dio” è piccolissimo ma immenso quanto l’universo; è espresso con inevitabile fatalità e, poiché antepone tutto il “pensabile”(1) della natura al “pensato”(2), l’“amore”(3) al “pensiero esteso”, è un continuo «amare pensando».


(1) spaziotempo divergente = futuro
(2) spaziotempo convergente = passato
(3) spaziotempo interattivo tra passato e futuro = sempre-presente


Con «amare pensando», con l’azione di amare che anticipa il pensiero espresso da Joseph Ratzinger e rappresentato da Raffaele Baglivi è iniziata la fase fisica della ragione: la “rivoluzione di Dio ovvero dell’uomo reale che eleva l’Amore, unica ragione dell'universo, sui dogmi illusori, su leggi e sul dovere.


Con «amare pensando», "dio" dell’Energia esprime “la filosofia della natura”, che unificando la sua azione rappresentativa con la sua dinamica, armoniosa e incommensurabile moltitudine, configura il “Sommo Bene” rappresentativo di "dio" donato al proprio figlio: La natura provvidente, il vero Paradiso terrestre, in cui alimentarsi e vivere spensierati e felici.


Con «amare pensando», cioè con l’azione che precede il pensiero libero, l’uomo come “dio” scompagina il sistema dei valori e le misure quantitative non sono più considerate: il minimo può essere il massimo, il più piccolo può essere il più poderoso, un uomo che ama prima di pensare è grande quanto l’universo.

Con «amare pensando» l’uomo, come dimostra tutta la sua potenza, poiché fa leva unicamente sull’azione diretta dell’Amore.


Questa è La “filosofia” di "dio" e dell’uomo, rappresentata dall’arte ed espressa da Benedetto XVI, che edificherà un futuro luminoso, la forma nella dimensione fisica della configurazione, la realtà nella dimensione fisica del dell’apparenza, lo stato di coscienza nella dimensione dello “stato di non-coscienza” della natura. Un futuro pieno di entusiasmo e di ottimismo, che fa risalire l’umanità dall’Inferno in cui è caduta per godere il vero Paradiso: quello terrestre.


È l’«amare pensando» che qualifica il Nuovo sentimento religiosonon più rivolto al trascendente ‘Dio’ personificato, né a “dio” dall’“amore assoluto” cieco e impetuoso ma all’unità di un popolo, in cui ogni uomo, seguendo la filosofia naturale della vita, ama tutti e tutto prima di pensare.

È l’«amare pensando», che ponendosi alla base del comportamento etico/estetico identifica l Sommo Bene espressivo dell’uomo: "Lo Stato provvidente" da perseguire attraverso il lavoro dinamico e operoso che rende l’uomo armoniosamente libero nella sua moltitudine come lo è "dio" con la sua.

Questa è la "filosofia" di "dio" o della natura che accompagna ogni azione e creazione dell’uomo quando identifica il suo pensiero con "dio" stesso.

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I Principi della libertà rappresentativa di "dio"


Conosciuta “La filosofia della natura”, quell’«amare pensando» che caratterizza la sua libera azione rappresentativa nell’universo. Per comprendere come "dio" progetta, organizza e configura ogni suo “cantiere”, si devono dedurre dallo stesso "dio" i Principi universali della libera rappresentazione fisica, i quali configurando i campi elettromagnetici,“legano” e ordinano i “mattoni”, "dio" stesso ovvero le incommensurabili “particelle” elementari che configurano dall’atomo all’intero universo fisico e vivente, compresi noi.

L’increato "dio" padre dell’universo è il “committente premuroso, illimitatamente ricco, buono e altruista” che sacrifica se stesso, divenendo “cantiere, architetto, operaio, mattone e malta”.


Questi principi della libertà rappresentativa di "dio", tradotti in principi della libertà espressiva dell’uomo, insiti in quell’“amare pensando”, sono indispensabili all’uomo, per rappresentare ed esprimere in armonia con i suoi fratelli tutta la sua creatività finalizzata a vivere l’Amore fraterno o universale, rendendo reale il “sogno” apparente del padre, la natura provvidente o Paradiso, realizzando in essa, il Sommo bene sognato dall’uomo: “Lo Stato Provvidente”.

Dalla rappresentazione di "dio" convertita in parola e verbo si deducono tutte le conoscenze necessarie all’uomo per vivere la vita dell’Essere e non del Divenire o del non-Essere.

Per ricavare una conoscenza è sufficiente riflettere sulla sua rappresentazione.


Conosciuti i Principi universali della libera rappresentazione fisica che muovono i “cantieri” di "dio" visibili e invisibili, l’uomo può convertirli in Principi universali della libertà espressiva così può estendere, senza paradossi, la sua creatività e trasformare l’apparente natura, il “sogno” di "dio" in reale Paradiso.

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Primo Principio della libertà rappresentativa di "dio" o di Simmetria degli Eventi


La prima considerazione emergente dall’architettura dello spaziotempo assoluto di "dio", riferita all’unica direzione dello spaziotempo, è la sua rappresentazione simmetrica.

Poiché lo spaziotempo assoluto non solo scorre verso il futuro, ma anche a ritroso verso il passato:

Tutte le rappresentazioni e tutte le leggi della fisica sono simmetriche, con riferimento al verso dello spaziotempo.

"Dio" istantaneamente configura il futuro dello spaziotempo e, superato l’orizzonte dell’evento, il passato.


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L’Energiaspaziotempo di "dio" che espande il futuro segue l'unica direzione spaziotemporale e, divergendo dall’origine rigeneratrice posta nel passato, manifesta lo stato puro o assoluto dell’evento entropico: insieme scollegato di fenomeni causali tendenti a omogeneizzare, disordinando (espirazione o “soffio vitale”) con il quale "dio" disordina il “pensato” (passato) per esprimere tutto il nuovo “pensabile” della natura (futuro).


L’evento entropico continuamente divergente porta l’Energiaspaziotempo alla sua dissipazione, porta ovvero alla “morte” di "dio" e di noi stessi. Così, complementare e opposto all’evento entropico, simmetricamente rappresentato, “dio” manifesta l’evento sintropico.


L’Energiaspaziotempo "dio" che contrae il passato segue l'unica direzione spaziotemporale e, convergendo all’origine rigeneratrice posta nel futuro, manifesta lo stato puro o assoluto dell’evento sintropico (insieme collegato di fenomeni finalizzati tendenti a differenziare, ordinando (inspirazione o “risucchio vitale”) con il quale "dio" riordina il “pensabile” della natura (futuro) per testimoniarlo nel nuovo “pensato” (passato).


"Dio" dell’Energia, per testimoniarsi, esprime il “respiro cosmico”, lo stato puro di due eventi opposti complementari, costituenti un’unica inscindibile unità: l’evento entropico e l’evento sintropico.

L’entropia è la “vita”, l’esistenza di “dio” che non è tale se non è finalizzata alla testimonianza dalla sintropia attraverso la “morte” rigeneratrice. L’interazione tra “vita” e “morte” in "dio" rappresenta lo spaziotempo della testimonianza fisica o “amore assoluto”, posto a fondamenta dell’universo.

L’entropia o divergenza spaziotemporale in “dio” manifesta la primigenia del principio di causalità.
La sintropia o convergenza spaziotemporale in “dio” manifesta la primigenia del principio di finalità.

Con l’interazione tra il principio di causalità e di finalità si manifesta il primigenio Primo Principio universale della libera rappresentazione fisica: il Principio di Simmetria degli Eventi.


Con questo principio le stesse “particelle” emanano la simmetria degli eventi elettromagnetici che configurano il livello fisico, chimico e biologico, cioè tutto il “pensabile” invisibile e visibile della natura.


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Per l’uguaglianza Energia = come “dio”, "coscienza fisica" anche la coscienza umana, disordina nel futuro il “pensato” nel “pensabile” e ordina nel passato il “pensabile” nel nuovo “pensato”. Così, la coscienza madre esprimendo il sempre-presente lievita con l’aiuto della figlia ragione, le esperienze e con esse la scienza, la conoscenza e la cultura.

Sino ad ora la scienza fisica ha costruito eventi con leggi causali riferite alla metà dell’universo conoscitivo, quello entropico che volge al futuro; essa con le sue sperimentazioni studia il passato dello stesso futuro, senza prevedere l’ammissibilità dell’evento.

"Dio" dell’Energia ci dimostra che l’ammissibilità di ogni evento può essere prevista, studiando il suo ritorno al passato posto nel futuro; quindi, per la conoscenza completa del nostro universo e della nostra stessa vita funzionale, etica ed estetica libera e creatrice è necessario formulare leggi finalizzate alla testimonianza riferite anche all’altra metà dell’universo conoscitivo, quello finalistico o sintropico che volge al passato posto nel futuro; con tale universo, essendo speculare al primo, si studia il futuro che ritorna al passato di ogni evento fisico/chimico e biologico e l’ammissibilità degli eventi entropici/sintropici prodotti dall’uomo.


Ciò che si credeva fosse l’espressione della vita, lo spaziotempo divergente dall’origine, in verità è l’espressione della morte; ciò che si credeva fosse l’espressione della morte, lo spaziotempo convergente all’origine, in verità è l’espressione della vita.


Considerando, infatti, le interazione entropiche e sintropiche (la vita porta alla morte e la morte alla vita), ci si accorge che il nostro futuro già si conosce, perché è semplicemente il nostro passato in sintonia con lo spaziotempo sempre-presente della coscienza umana, che ci fa vivere il passato secondo le aspirazioni future e il futuro secondo i ricordi del passato. Anche la coscienza umana, quindi, obbedisce al Principio di Simmetria degli Eventi, al Principio dell’“Amore” che riequilibra l’espressione di ogni nostro pensiero.


La scienza fisica di Galileo e Newton pretende ancora oggi di spiegare noi stessi e tutto l’universo attraverso il principio di causa/effetto, servendosi di un tempo spazializzato che volge dal passato che non c’è più, al presente diventato numero e al futuro che non è ancora. Tale Scienza è solo entropizzata.

L’estrema entropizzazione (continua divergenza) della scienza, ha ridotto l’uomo a oggetto e la natura, misurata, discriminata e classificata, è diventata profitto per pochi, perdendo la sua provvidenza.

L’attuale scienza fisica spazializzata, senza un suo riequilibrio, porta al disordine, al caos intellettuale e, indirettamente per la cultura che ispira, alla morte il nostro provvidente pianeta.

La scienza fisica, finalizzando la causalità sperimentale alla testimonianza, deve prevedere l’ammissibilità dei suoi prodotti fisici, biologici e mentali; deve prevederli, anche attraverso la rappresentazione simmetrica degli eventi, che li rende ammissibili e compatibili con i principi e le leggi naturali: eventi entropici o causali (prevedibilità sperimentale), ed eventi sintropici o finalistici, opposti, simmetrici e speculari ai primi e diretti alla testimonianza (ammissibilità sperimentale).


La rappresentazione di "dio" dell’Energia ci dimostra che il futuro, apparentemente non indagabile, ha la sua origine nel passato e che il passato ha la sua origine nel futuro; quindi il futuro, poiché passato, si conosce sotto tutti i suoi aspetti. È il sempre-presente intellettuale, che l’uomo vive in modo pratico quando il suo passato è la certezza del suo futuro. Il futuro imperscrutabile non esiste, soprattutto quando ogni uomo, agendo secondo quell’“amare pensando”, considera i suoi fratelli e di riflesso pensa a se stesso.

Con il Principio di Simmetria degli Eventi, "dio" ci invita alla ragionevolezza cioè a essere riflessivi su ogni argomento precisando i presupposti opponibili o simmetrici che lo definiscono: ci invita soprattutto a sostituire il principio causa/effetto del dolore con il principio entropico/sintropico dell’Amore.

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Secondo Principio della libertà rappresentativa di "dio" o di Conservazione dell’Energia


La seconda considerazione che emerge dalla rappresentazione di "dio", riferita alla continua nascita e morte rigeneratrice, è la conservazione della sua energia.

"Dio" per conservare il suo equilibrio energetico (nel nostro caso positivo quando espande il futuro e negativo quando contrae il passato) assume valori opposti per cui:

Le rappresentazioni della natura sono energeticamente equilibrate.


Da cosa scaturiscono l’inversione spaziotemporale di "dio" e il suo equilibrio energetico conservativo?

Dall’origine posta nel passato dello spaziotempo, l’Energiaspaziotempo di "dio" divergendo espande la “bolla” del vuoto assoluto la quale, raggiunta la massima espansione (orizzonte dell’evento), si contrae permettendo alla stessa di convergere verso la nuova origine rigeneratrice, posta nel futuro dello spaziotempo.


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"Dio", tra le incommensurabili origini rigeneratrici, manifesta il “respiro cosmico”: all’istante di “espirazione” (parte divergente), segue l’istante di “inspirazione” (parte convergente). La “vita” o esistenza di “dio”, quindi, si riscontra nella parte convergente che, susseguente ed equilibratrice della parte divergente, lo trascina e lo finalizza alla testimonianza (rigenerazione all’origine), cioè alla conservazione dell’Energiaspaziotempo.

L’increato "dio" dell’Energia con il Primo principio manifesta anche il Secondo Principio universale della libera rappresentazione fisica: Principio di Conservazione dell’Energia.


Con questo principio le stesse “particelle” modellano con la rappresentazione simmetrica degli eventi elettromagnetici tutto l’invisibile e il visibile della natura. La conservazione polare dell’Energia ("dio") si aggiunge alla conservazione orbitale (atomo → universo) e alla conservazione biologica (esseri viventi).


Anche questo secondo principio, insito nel primo, è apparentemente facile da comprendere, ma è di difficile applicazione quando sono le rappresentazioni della mente di chi è illuso dalla cultura spazializzata a dover essere “pensierosamente” equilibrate. La sua corretta applicazione tecnologica e legislativa progetta il Divenire dell’uomo. Lo stu"dio" dettagliato di questo principio legittimerà, dopo la loro razionalizzazione sinergica, quelle che ora sono impropriamente definite “scienze economiche e politiche”.

Con il Principio di Conservazione dell’Energia "dio" della teologia naturale ci invita alla seguente riflessione: La ricchezza eccessiva sottratta ai nostri fratelli, e quindi alla natura, non dona vita, ma è la vita lasciata alla natura per i nostri fratelli che dona ricchezza.

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Terzo Principio della libertà rappresentativa di "dio" o di Minima Azione


La terza considerazione che emerge dall’architettura spaziotemporale di "dio", riferita alla sua istantanea espansione e contrazione, riguarda la ridottissima distanza tra le due origini; è questa distanza a misurare l’istante. Poiché l’istante è compreso tra l’origine diffusore e quell’attrattore:

In natura la distanza spaziotemporale necessaria per il mutamento rappresentativo è la più piccola possibile.


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"Dio" dell’Energia tra le incommensurabili origini rigeneratrici, testimonia l’istante; esso non è un punto, né un numero, né un segmento di linea retta, ma è un limitatamente piccolo volume “pulsante” compreso tra l’origine generatrice espandente e quella contraente. "Dio dell’Energia" nel primo principio manifesta così anche il Terzo Principio universale della libera rappresentazione fisica: ilPrincipio di Minima Azione.


Questo terzo principio, insito nel secondo e nel primo, fa notare, come già asserito, che in natura l’azione necessaria per il cambiamento è la più piccola possibile: lo spreco spaziotemporale è inammissibile.

È sufficiente considerare quanto una mutazione genetica causale che avviene nel limitatamente piccolo, possa modificare, anche visivamente, il mediamente grande dell’organismo vivente.


Anche questo terzo principio, come il secondo, è apparentemente facile da comprendere ma, per chi è illuso dalla cultura spazializzata, è difficile da applicare all’azione legislativa; tale azione rivolta ad agevolare il mutamento naturale della società, deve essere sintetica e sinergica, finalizzata alla vita dell’Essere figlio di "dio" e, non al semplice Divenire Relativo irrazionale dell’uomo apparente(non-Essere figlio di “dio”).

La qualità dell’azione sintetica e sinergica dei sistemi produttivi, distributivi, e della gestione politica senza sprechi delle risorse porterà alla nascita de Lo Stato provvidente.


Questo terzo principio certifica l’importanza della “suprema ricerca” dell’arte, che con la via sintetica della rappresentazione ha completato La Conoscenza Generale della Natura e, in modo sinergico, ha già unificato le cinque vie della conoscenza (arte, fisica, filosofia, teologia e architettura): un passo gigantesco per diffondere tra i giovani con la “Lieta Scienza” la “Gaia Cultura” e per invertire il destino dell'uomo e della sua Nazione, che attraverso questo principio garantirà ai suoi cittadini la certezza dell’avvenire.

Con il Principio di Minima azione "dio" ci invita alla seguente riflessione: il minimo e il massimo di un giudizio sono contenuti nella ragionevolezza.


Ai già noti Principi di Minima Azione e Conservazione dell’Energia che nella rappresentazione di "dio" riscontrano il loro valore, si aggiunge il Principio primo di Simmetria degli Eventi; si completa così la triade dei Principi universali della libera rappresentazione di "dio". Questi principi ; manifesti nei campi di interazioni elettromagnetici +/- (nucleari, atomici, magnetici, elettrici e gravitazionali) rappresentano e governano ogni più piccolo fenomeno fisico, chimico biologico e contemporaneamente l’intero universo; applicati alla creatività umana, controllano l’ammissibilità di ogni pensiero, esperienza, azione della mente e ne specificano gli effetti, utili o dannosi; essi sono la base della Filosofia della Scienza.


Da qualche tempo su questo limitato pianeta, l’uomo, sfruttando sconsideratamente le risorse energetiche, ha rotto l’equilibrio degli eventi, visibile su scala planetaria. Adesso è lecito dubitare: "Dio", con la sua natura provvidente, riuscirà a riequilibrare quanto l’uomo ha squilibrato?

L’azione ordinatrice sintropica degli eventi naturali può rispondere a tale squilibrio con eventi dannosi, se non catastrofici, per l’uomo! Tale azione potrà essere mitigata?

L’uomo farà in tempo a indottrinare la sua ragione e a invertire il destino che si è assegnato?

L’uomo con l’aiuto della provvidenza di "dio" ce la farà!

Ce la farà se il principio dell’amore o della vita entropico/sintropico, che armonizza il nostro futuro con il nostro passato, subentrerà al principio della morte causa/effetto.

Or ora non c’è frase implorante più autentica e più bella da pronunciare: ”Che "dio" ci aiuti”!

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L’universo fisico, biofisico e biologico


Tenendo ben presente i Principi universali della libera rappresentazione fisica di Simmetria degli Eventi, di Conservazione dell’Energia e di Minima Azione, si può comprendere come le “particelle” elementari configurano l’atomo, in altre parole come "dio" rappresenta il primo elemento della natura.

I Principi rappresentativi regolano l’unione tra “particelle” elementari, tra i “mattoni” e i dinamici “collanti” di interazioni elettromagnetiche che “edificano” tutta la natura visibile e invisibile, dall’atomo all’intero universo. Così è facile comprendere come "dio" rendendosi sacro configura insieme alla sua incommensurabile e armoniosa moltitudine l’atomo e noi stessi; è facile comprendere il “gioco” divino, immanente, libero e bello e “spensierato” che rappresenta l’impensabile visibile nella natura, che nessuna mente in grado di intendere e di volere poteva pensare e prevedere.

Così "dio" che è “committente-architetto, mattone e malta”, con i suoi Principi e “collanti” rappresenta ogni atomo, ogni molecola, ogni biomolecola, ogni proteina, ogni cellula, ogni organismo vivente.


Durante la rappresentazione dell’atomo, verificheremo con i Principi universali della libera rappresentazione fisica sia la posizione dei “mattoni” sia le “malte” di interazione che legano l’atomo all’universo; la sua rappresentazione per effetto dei Principi deve essere simmetrica, deve conservare l’elevato dinamismo dell’energia delle “particelle” con la minima azione o distanza.
È evidente che una sola “particella” non può configurare l’atomo. Il “laboratorio” in cui "dio" evolve la sua dimensione puntuale in quella spaziale è il “soffio” di Energia che diverge dall’origine rigeneratrice dell’universo. L’Energia rigenerata nell’origine si testimonia nelle “particelle” elementari, che per il Principio di Simmetria degli Eventi possono avere valore energetico positivo (protone), negativo (elettrone) o neutro (neutrone), se il valore energetico è equilibrato.
Istantaneamente, nella prima fase rigenerativa dell’universo, due, tre particelle differenti trovano il loro equilibrio dinamico configurando uno degli elementi più semplici esistenti in natura l’atomo di idrogeno 1 che ha un solo protone ed elettrone e di idrogeno 2 (deuterio)più semplice che coinvolge le due particelle complementari (protone ed elettrone) e quella neutra. In esso agiscono secondo la scienza fisica quattro campi di interazioni di scambio forte, debole, elettromagnetico e gravitazionale, di cui si conoscono bene gli effetti.
Questi sono gli “ingredienti”, conosciuti, che costituiscono l’atomo di deuterio che si rappresenta.
Una sola “particella” non evolve la dimensione puntuale in tridimensionale; dagli “ingredienti” a disposizione, escludendo i campi di interazione, i quali, con riferimento al significato stesso del termine, sono i fenomeni che si instaurano tra due “particelle” interagenti, guardando nella nostra “dispensa”, non resta che porre in relazione due particelle. Le due “particelle” accreditate sono il protone, avente carica positiva in grado di emettere energia, e il neutrone in grado di assorbirla e di rilasciarla istantaneamente. L’elettrone resta in “dispensa”, perché se esso è relazionato con il protone, entrambe le “particelle” si attrarrebbero senza evolvere la dimensione puntuale, mentre se si mette in relazione con il neutrone, le due “particelle” “vivrebbero nella totale indifferenza”.
Poste in relazione le due particelle, quella positiva e quella neutra, si dispongono alle estremità del diametro del loro orbitale avente la dimensione dell’interazione di scambio che assicura alle “particelle” orbite stazionarie. Le due “particelle” interagenti orbitano vorticosamente ad alta velocità, configurando la membrana” sferica del nucleo. Con la rappresentazione della “membrana” sferica, "dio" passa dalla dimensione puntuale (0) a quella tridimensionale (3), mentre la dimensione lineare (1) è rappresentata dalle interazioni di scambio (diametro della “membrana”), e la dimensione del piano curvo (2) è rappresentata dalla stessa “membrana” sferica.
Sino a ora si è rappresentato il nucleo dell’atomo di deuterio simmetrico nella rappresentazione, ma asimmetrico nel valore energetico che è positivo.
Se l’atomo si configurasse solo nel nucleo, sarebbe energeticamente asimmetrico, e quindi instabile.
Per equilibrare il valore energetico positivo del nucleo, il sistema richiede una terza “particella” di valore opposto, quindi negativo, già presente nella nostra “dispensa”.
L’ultima “particella” della nostra dispensa (elettrone) viene “catturata” dal nucleo e, scambiando altre interazioni (debole), circuita intorno allo stesso nucleo a una certa e minima distanza da esso.

Le “particelle” elementari con la simmetria dei campi di interazione elettromagnetica equilibrati nel minimo volume, “materializza” l’atomo e tutti gli elementi che fondano la natura fisica e vivente.


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L’atomo in passato ha evoluto la sua rappresentazione in rapporto alla scoperta di fenomeni, e da essi si è ricavata la sua rappresentazione. Con l’impiego dei Principi universali della libera rappresentazione fisica di Simmetria degli Eventi, di Conservazione dell’Energia e di Minima Azione, dedotti dalla stessa architettura spaziotemporale di "dio", si possono rappresentare coerentemente sia oggetti naturali limitatamente piccoli, come gli atomi sia altri oggetti riguardanti l’universo fisico, biofisico e biologico.


L’universo fisico: gli atomi. Rappresentazione fisica riferita a un solo centro orbitale.

L’atomo più semplice, condensandosi in dense nebulose per effetto delle attrazioni gravitazionali, dà inizio con le fusioni alla “danza cosmica” che genera tutti gli elementi esistenti in natura.

La maggior parte degli elementi ha lo stesso numero di neutroni, protoni ed elettroni.

Si possono così rappresentare tutti gli elementi della natura, aggiungendo in modo proporzionale all’atomo più semplice altre “particelle”. In generale tenendo presente i principi della rappresentazione fisica in un atomo, una “particella” si dispone a una estremità del diametro del suo orbitale; due “particelle” si dispongono alle due estremità del diametro del suo orbitale; tre “particelle” si dispongono alle estremità di un triangolo equilatero iscritto nel suo orbitale; da quattro a otto “particelle” si dispongono ai quattro vertici del tetraedro iscritto nell’orbitale. "Dio" con i suoi principi unitamente alla sua armoniosa moltitudine rappresenta la diversità degli elementi esistenti che configurano l’universo e noi.


L’immensamente grande è il riflesso del limitatamente piccolo.

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Negli atomi la testimonianza (sempre-presente) è data dal movimento orbitale delle particelle con il quale non si può stabilire né il prima né il dopo. L’atomo, stabile energeticamente ma elettronicamente instabile (asimmetria elettronica), permette alla natura un livello superiore di rappresentazione.


L’universo biofisico: le molecole'. La rappresentazione fisica riferita a più centri orbitali.

Su un sistema inerziale come il pianeta terra atomi di diversi elementi vengono a contatto e interagiscono tra loro per completare ciascuno il livello energetico esterno; si costituiscono così le molecole composte da due o più atomi simili o di diversi elementi.

Esempio: due atomi di Idrogeno (H n.a. = 1) e uno di Ossigeno (O n.a. = 8). L’Ossigeno ha 6 elettroni nel suo livello energetico esterno, due coppie e due singoli disposti ai vertici di un tetraedro. Le due coppie di elettroni non sono disponibili a costituire legami covalenti, mentre i due singoli possono essere condivisi con ciascun elettrone singolo dei due atomi di Idrogeno, costituendo così la molecola d’acqua (H2O).


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Nella molecola d’acqua (H2O), ciascuno dei due elettroni singoli dell’Ossigeno si lega con un atomo di Idrogeno. In natura esistono due tipi di legami chimici con i quali essi si uniscono.

Legami covalenti con i quali due o più atomi condividono una coppia di elettroni. Con questi legami si costituisce la materia biologica, base della vita. Essi possono essere di tipo semplice, doppio, triplo e polare che conferiscono alle molecole specifiche peculiarità.

Legami ionici con i quali alcuni atomi, per completare il loro livello energetico esterno, cedono o catturano uno o più elettroni. Questi legami sono alla base delle relazioni e dell’informazione biologica molecolare.


L’universo biologico: le biomolecole'. La rappresentazione fisica riferita a molti centri orbitali.

Le biomolecole sono molecole contenenti atomi di carbonio, i quali rappresentano la struttura biomolecolare detta anche scheletro carbonioso.

I principali atomi leggeri di peso atomico che configurano le biomolecole sono: il Carbonio (C), l’Idrogeno (H), l’Azoto (N), l’Ossigeno (O), il Fosforo (P), lo Zolfo (S); la loro rappresentazione segue la geometria molecolare; la loro complessità rappresentativa è data dagli atomi di diversi elementi reagenti con lo scheletro carbonioso che struttura la biomolecola.

Ogni atomo di Carbonio dispone gli atomi reagenti ai vertici del tetraedro, e poiché ogni atomo di Carbonio condivide una coppia di elettroni (legame covalente semplice) con un altro atomo di C, la rappresentazione biomolecolare che ne deriva può essere: a elica (geni), se gli atomi di C si legano seguendo lo stesso angolo; piegata, se gli atomi di carbonio invertono l’angolo del loro legame (membrana cellulare).


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Le principali biomolecole sono costituite dai seguenti elementi:

CHO I glucidi (zuccheri) sono carboidrati.
CHO I lipidi (grassi) con P nei fosfolipidi sono grassi, oli, fosfolipidi, glicolipidi, cere e colesterolo.
CHONS I protidi (proteine) sono aminoacidi ed emoglobina.
CHONP I nucleotidi (acidi nucleici) sono l’acido deossiribonucleico (DNA), l’acido ribonucleico (RNA) e l’adenosina trifosfato (ATP).

Dall’unione dei seguenti elementi nascono gli “ingredienti” della vita:

- le molecole d’acqua con le loro peculiarità costituiscono il luogo della vita;
- gli elementi ionici (Ca2+, Na+, K+) sono responsabili della propagazione degli impulsi nervosi, e quindi della propagazione dell’informazione;
- i glucidi (zuccheri e carboidrati) costituiscono l’energia chimica immediatamente spendibile dagli organismi viventi;
- i lipidi grassi (oli, cere e colesterolo) costituiscono l’energia chimica di riserva degli organismi viventi;
- i fosfolipidi e i glicolipidi per la doppia natura idrofila nell’estremità del gruppo fosfato e idrofoba nell’estremità degli acidi grassi, costituiscono la membrana chimica con la quale si “disegna” e si circoscrive la vita; essi sono i mattoni della membrana cellulare;
- i protidi (proteine) costituiscono le biomolecole di costruzione e di demolizione (enzimi), di trasporto (emoglobina), di regolazione (insulina e ormoni), di protezione (anticorpi) e di materiale elastico (actina e miosina) obbediente agli impulsi nervosi;
- i nucleotidi sono biomolecole che hanno in serbo il “progetto” genetico della specie (DNA o acido deossiribonucleico), della sua attivazione (RNA o acido ribonucleico) e degli scambi energetici della cellula (ATP o adenosinatrifosfato).

Sulla Terra, avente un flusso di energia adeguato, la causalità evolutiva fisica e biologica si finalizza alla comparsa della vita. L’universale "dio" dell’Energia configura i particolari degli organismi viventi.


Gli esseri viventi. La rappresentazione fisica riferita all’ambiente.

In ambienti biologicamente riscontrabili sul pianeta Terra, la causalità aggregativa fisica, molecolare e biomolecolare si finalizza (si testimonia) alla comparsa della cellula, unità base della “materia” vivente. Esistono in natura due tipi di cellule: la cellula vegetale in grado di trasformare l’energia radiante del Sole in energia chimica, e la cellula animale in grado di trasformare l’energia chimica in energia meccanica.

La cellula è il primo livello di organizzazione biologica vivente ben distinguibile da un semplice aggregato di molecole complesse; essa, unità base di ogni organismo, presenta:

- una membrana che la separa dall’ambiente circostante, permettendole un’identità propria;
- la capacità di duplicare se stessa generazione dopo generazione;
- la peculiarità di comunicare con l’ambiente circostante attraverso la sua membrana, circondata principalmente da molecole d’acqua.

La comunicazione con l’ambiente circostante e tra cellule stesse è il fattore che determina la loro unione e specializzazione in organismi superiori. Sebbene tutti gli organismi viventi siano costituiti da cellule, è possibile raggrupparli in cinque regni.

Regno delle monere: cellule procariote batteri e affini senza membrana che rappresentano la prima labile comparsa della vita.
Regno delle protisti: cellule eucariote e organismi pluricellulari semplici che hanno evoluto i successivi tre regni degli organismi pluricellulari.
Regno dei funghi: organismi eterotrofi i quali assorbono molecole organiche per soddisfare il loro fabbisogno energetico.
Regno delle piante: organismi autotrofi, foto sintetici che trasformano l’energia solare in carboidrati, in proteine e lipidi.
Regno animale: organismi eterotrofi i quali ingeriscono altri organismi, piante e altri animali, per soddisfare il loro fabbisogno energetico.

Sul pianeta Terra organismi viventi cellulari e pluricellulari finalizzano alla loro testimonianza la causalità delle mutazioni (cambiamenti del genotipo), che comportano vantaggi o svantaggi in relazione all’ambiente selettivo. Le mutazioni causali sono prodotte dagli stessi organismi e sono selezionate dall’ambiente dal quale essi attingono il loro fabbisogno energetico, secondo i vantaggi per la sopravvivenza che offrono.

Le mutazioni, testimoniate dalle generazioni successive, si accumulano e differenziano gli organismi viventi, consentendo l’evoluzione biologica e le diversità delle specie.

Nell’universo biologico, la causalità delle mutazioni indotte dal gioco alterno tra organismi viventi e ambiente si finalizza alla testimonianza di nuove specie.


Anche l’universo biologico, mediamente grande è il riflesso del limitatamente piccolo.

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In generale: ogni specie in un ambiente selettivo è soggetta a eventi causali che determinano una differenziazione della specie originaria; la nuova specie è ammissibile in natura se il suo evento causale si finalizza alla testimonianza, conservando la capacità riproduttiva.


Con un “gioco” alterno tra causalità e finalità in rapporto all’ambiente selettivo, da una specie animale, compare quella umana finalizzata a rivelare alla luce dell’immensamente grande ciò che la “mente fisica” esprime nel buio del limitatamente piccolo.

Soltanto conoscendo i Principi universali della libera rappresentazione fisica cioè il “gioco” divino, libero, bello e “spensierato” privo di volontà che "dio" fa insieme alla sua incommensurabile e armoniosa moltitudine, si comprendono l’evoluzione delle innumerevoli specie viventi e la ricchezza e la bellezza del “Creato” che nessuna mente in grado di intendere e di volere avrebbe mai potuto immaginare.

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La configurazione dell’universo


Dopo la scoperta rappresentativa dell’increato "dio" dell’Energia è possibile pervenire a una chiara rappresentazione dell’universo, esaminando due aspetti riguardanti la sua rigenerazione e dello stesso "dio".


Il primo aspetto considera l’Energia presente nell’universo la quale, inglobata nell’infinitamente grande del Nulla, si rigenera necessariamente in una sola origine coincidente con l’iniziale singolarità del Nulla.


Il secondo aspetto considera la rigenerazione dell’energia nel limitatamente piccolo delle “particelle” elementari. L’Energiaspaziotempo delle “particelle”, con movimento chirale, convergente e divergente si rigenera nelle incommensurabili origini rigeneratrici.


A questo punto si può rappresentare l’immensamente grande dell’universo, tenendo presente il movimento dell’Energiaspaziotempo espresso dal limitatamente piccolo delle “particelle” che, invece di rigenerarsi nelle incommensurabili origini, si ripiega su se stessa per rigenerarsi nella medesima origine.


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L’Energia madre come un mulinello converge continuativamente nel “crogiuolo” origine del neonato universo e, divergendo dall’origine, si testimonia nelle “particelle” elementari, che conservano il movimento primordiale.


L’Energia nell’origine del neonato universo, rigenerando “dio”, cresce erodendo il nulla.

L’universo si espande e, regolato dai Principi universali di Simmetria degli Eventi, di Conservazione dell’Energia e di Minima Azione, configura tutta l’apparente diversità dell’universo fisico, chimico e biologico.


Durante la fase convergente dell’universo e dopo la ricomparsa degli archetipi stellari, le “particelle”, attratte dal “crogiuolo” rigenerativo, origine dell’universo, “sciolgono” i loro legami e liberano la loro energia come il filo di seta si sfila dal bozzolo. Nel “grembo” dell’Energia madre si rigenera “dio”.

Le “particelle” subito dopo la rigenerazione nell’origine dell’universo evolvono la diversità degli elementi esistenti in natura e dalle buie e incommensurabili testimonianze di "dio" su un adeguato pianeta ricomparirà la mente umana la quale, riscoprendo la sua natura divina, illuminerà l’intero universo.

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Dio non ha “strumenti” di misura


Era prevedibile! "Dio" stesso, il massimo che è nel minimo, dimostra quanto sia importante la qualità, l’armoniosa testimonianza dell’“oggetto”, indipendentemente dalla sua quantità e dimensione.

"Dio" dell'Energia con la sua incommensurabile moltitudine per “costruire” e per testimoniare tutto l’universo e noi, non usa metri e orologi per misurare distanze e tempi della sua azione; esso stesso è il logos che misura tutto attraverso, lo spaziotempo incommensurabile dell’amore (testimonianza) sempre-presente.

È lo spaziotempo sempre-presente di "dio", che rappresenta la natura visibile e invisibile, a dare spiegazione e soluzione definitiva al problema sulla misurazione del “tempo” separato dallo spazio.

Il sempre-presente nasce dal moto immutabile rigenerativo rappresentato dallo spaziotempo assoluto, dall'increato “dio”, e coincide con l’istante che non è un punto o un numero né la distanza tra due punti o un segmento di retta, ma è un limitatamente piccolo volume fusiforme che, anteponendo il futuro al passato, si presenta con un metro e un orologio inutilizzabili. Il metro di "dio" inverte ogni istante l’ordine dei numeri e il suo orologio inverte ogni istante il senso delle lancette.

Dio non misura e non discrimina

Il moto immutabile di “dio”, insieme alla sua incommensurabile e armoniosa moltitudine, con immanenza diviene perenne mutamento della natura visibile e invisibile, cioè sempre-presente orbitale (spaziotempo relativo che rappresenta atomi, molecole, biomolecole, sistemi planetari, galassie, universo), e sempre-presente riproduttivo (spaziotempo inerziale relativo all’ambiente che modella le specie viventi).

Tutta la natura fisica e vivente rappresentata dallo spaziotempo relativo e inerziale dimostra di possedere un metro elastico, inservibile alla misurazione e un orologio che appartiene alla natura stessa; si vede nell’uomo che cresce e che invecchia.

Il mutamento dell’universo fisico e vivente, su un sistema inerziale come la Terra, testimonia la naturalità del sempre-presente: tutti gli esseri viventi animali dotati di movimento vivono istintivamente lo spaziotempo sempre-presente e la durata del tempo di ogni loro azione coincide con la distanza.

Una tigre che abbatte una preda, non misura né lo spazio necessario né il tempo dell’azione; essa con il suo istinto, vivendo lo spaziotempo sempre-presente della natura, consuma una dose di energia in un relativo spaziotempo.

Il mutamento evolutivo della specie umana ha separato il corpo (natura) dalla mente (ragione); l’uomo illuso dall’apparente stato di assoluta evidenza visiva, separa il “tempo” del movimento dallo “spazio”.

La loro separazione ha convertito lo spaziotempo increato in “spazio” e “tempo” creativo che l’uomo non ha saputo circoscrivere nella sua semplice funzione ordinatrice; nonostante ciò, la loro separazione ha instradato l’uomo sulla via della conoscenza e gli ha fatto percepire le emozioni dell’increata coscienza.

Allo “spazio” e al “tempo” della ragione visiva, l’uomo ha corrisposto un metro e un orologio rigido, esterni alla natura, che però non riescono a misurare l’incommensurabilità dei sentimenti.

Il “tempo” delle emozioni riscontra la sua naturalità con la ragione non visiva dell’increata coscienza rivelata, la quale riconosce anche nel movimento cioè nel “tempo” separato dallo spazio inesistente in natura, lo spaziotempo sempre-presente dell’“amore” di “dio”.


L’increato “dio” dell’Energia non misura; esso rappresenta l’incommensurabile spaziotempo sempre-presente dell’“amore” (testimonianza) diffuso, grande quanto l’universo. Lo spaziotempo passato interagisce con il futuro, nel moto immutabile del sempre-presente, rappresentato da "dio" (“coscienza fisica”) nel limitatamente piccolo e testimoniato dalla coscienza umana nell’immensamente grande dell’universo.

Nella coscienza umana, il tempo della ragione limitata dal senso della vista, cioè il passato che non c’è più, l’istante sfuggevole del presente che non c’è e il futuro che non c’è ancora, si dissolve nel sempre-presente.

Il sempre-presente dell’amore puro del Dio del Pensiero della coscienza umana dà soluzione al problema sull’esistenza e alla misurazione del “tempo” della ragione ingannata dal senso della vista, colmandolo di incommensurabili ed emozionanti sentimenti: il passato diventa prezioso di ricordi, il futuro ricco di aspirazioni e il sempre-presente splende dell’amore paterno di "dio".

Poiché in natura non esiste il 'tempo' separato dallo 'spazio', il problema sulla misurazione del 'tempo' è un falso problema, creato dalla mente che si limitata a osservare l’apparente natura.


Nel nostro Paradiso esistono: lo spaziotempo immutabile di "dio" dell'Energia(sempre-presente assoluto), quello del mutamento (sempre-presente relativo biologico) e lo spaziotempo immutabile di Dio del Pensiero (sempre-presente intellettuale) che muove l’estetica, la bellezza dell’apparente 'spazio' inerziale il quale rappresenta l’oggetto naturale o creato, modellato con il “tempo” delle emozioni.

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L’estetica rappresentativa di "dio"


Dopo la scoperta rappresentativa dell’increato "dio" dell’Energia, l’universo esperienziale/logico della ragione, espresso con la parola e il verbo, si estende sino a includere quello percettivo/simbolico della coscienza rappresentato dallo spaziotempo. La ragione coincide con la coscienza, vera ragione,

Con "dio" forma fisica che tutto configura, unifica e spiega, tutto è conoscenza, consapevolezza o esperienza. È semplice così riscontrare nel visibile spaziotempo assoluto di "dio", i significati espressivi dei simbolici segni estetici primigeni che rappresentano la bellezza dello spaziotempo naturale e il benessere delle emozioni umane le quali si dividono in sensazioni (libertà, bellezza seduzione) e sentimenti (amore, ricordi, aspirazioni), segni “suggeriti” dall’increata coscienza alla creativa ragione dell'artista-architetto che lo stesso "dio" ha rappresentato e resi visibili con la bella e seducente natura.



I segni estetici


L’increato "dio" dell’Energia, testimoniato da ogni “particella” elementare, è la fonte primigenia di ogni conoscenza rappresentata dallo spaziotempo o espressa con la parola e il verbo.


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Ogni “particella”, esprimendo lo spaziotempo assoluto della fisica, ossia l’universale della filosofia che tutto configura, unifica e spiega, rappresenta la primigenia delle EMOZIONI distinte in sentimenti e in sensazioni.


I sentimenti: AMORE, RICORDI e ASPIRAZIONI sono percezioni della coscienza umana che hanno come riferimento rappresentativo simbolico lo spaziotempo assoluto o polare interno a "dio".


Le sensazioni: LIBERTA’, BELLEZZA e SEDUZIONE sono percezioni della coscienza umana che hanno come riferimento rappresentativo simbolico lo spaziotempo assoluto relativo esterno a "dio".


Rappresentata la sorgente invisibile, "dio" dell'Energia che dà significato a ogni rappresentazione visibile, l’uomo creativo può disegnare consapevolmente ogni emozione (sensazioni e sentimenti) espressa dalla sua coscienza e può riconoscere il significato letterale dello spaziotempo rappresentato da ogni particolare della natura e dalla sua fantasia. L’artista e l’architetto, dopo la loro millenaria attività, finalmente sono consapevoli che a ogni rappresentazione corrisponde un’espressione lessicale, e viceversa, che a ogni lessico corrisponde una rappresentazione e finalmente rompono il velo sul significato percettivo o simbolico di tutte le rappresentazioni, naturali o create, configurate da volumi, superfici, segni e colori.

Convertite le percezioni della coscienza in esperienze visive e lessicali della ragione, tutto diventa consapevolezza. La creativa ragione (figlia) si identifica con l’increata coscienza (madre) e liberamente rappresenta ed esprime nell’apparente della natura visiva con i segni estetici la realtà delle emozioni, e con essi la bellezza di "dio".


Lo spaziotempo assoluto o polare dei SENTIMENTI ____________

I sentimenti in natura sono rappresentati dallo spaziotempo assoluto o polare interno a "dio", testimoniato da ogni “particella”; esso internamente rappresenta la primigenia dell’“amore”, da intendersi come testimonianza sempre-presente posta a fondamento dell’universo e della natura visibile.


Traducendo lo spaziotempo assoluto o polare interno delle “particelle” in linguaggio umanistico, si deduce che "dio" attraverso la continua testimonianza rigenerativa, rappresenta nel limitatamente piccolo, come atto di potenza, la primigenia dello stato puro di due espressioni complementari dell’“amore”:

L’espressione dionisiaca della pulsione creativa: l’eros dell’amore libero.
L’espressione apollinea dell’ordine creativo: l’agape dell’amore riflessivo.


La rappresentazione di "dio" spiega la complementarietà dei due opposti dell’amore, eros e agape.

Che cosa sarebbe del soffio vitale dionisiaco esuberante dell’eros (amore indisciplinato), tendente al disordine creativo, alla disgregazione e alla morte, se a tale soffio o espirazione non seguisse l’inspirazione apollinea dell’agape (amare disciplinato) equilibratrice la quale, tendendo all’ordine, alla conservazione creativa, trascina verso la vita che paradossalmente passa dalla morte?


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L’interazione tra l’“amore”, libero e riflessivo, configura generosamente tutto l’universo e noi.


L’“amore” che è testimonianza sempre-presente dell’increato "dio" dell’Energia o “coscienza fisica”, dopo l’evoluzione fisico-chimica e biologica degli esseri viventi, configura l’encefalo plastico dell’uomo sede dell’intelletto e si converte nell’increato Dio del Pensiero, testimoniato da ogni coscienza umana.

Ciò che "dio", “coscienza fisica”, rappresenta con i segni estetici, è percepito spontaneamente dalla coscienza umana la quale cerca di rappresentarlo aiutata dalla ragione.

La coscienza percepisce l’invisibile “amore” di "dio" e lo percepisce anche dall’ambiente in cui vive quando l’uomo osserva l’origine (O) attrattore e diffusore dello spaziotempo polare che può essere dappertutto, là dove i segni dei particolari degli oggetti e i loro contorni convergono e divergono da un’origine.

Con riferimento all’origine l’uomo percepisce lo spaziotempo sempre-presente dell’amore, quello futuro delle aspirazioni e lo spaziotempo passato dei ricordi.


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L’uomo immerso nello spaziotempo polare rappresentato, ad esempio, da due superfici convergenti, oltre a percepire lo spaziotempo passato dei ricordi, quello futuro delle aspirazioni, percepisce la testimonianza rigenerativa dello spaziotempo sempre-presente dell’amore.

Lo spaziotempo polare rappresenta il sentimento dell’amore, cioè lo spaziotempo interattivo tra quello convergente all’origine, che rappresenta il sentimento dei ricordi (passato), e tra quello divergente dall’origine, che rappresenta il sentimento delle aspirazioni (futuro).


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Ogni sentimento si rappresenta attraverso lo spaziotempo polare interno a "dio"; ma ciò che "dio" rappresenta internamente, con immanenza lo rappresenta esternamente. In particolare:


Lo spaziotempo polare con l’origine posto in alto, esalta il passato, la storia, i ricordi; esso è rappresentato da volumi, superfici e segni convergenti, come quello delle piramidi, presenti su tutto il pianeta.


Lo spaziotempo polare con l’origine posto in basso, esalta il futuro, l’avvenire, le aspirazioni; esso è rappresentato da volumi, superfici e segni divergenti, come quello dei pendii delle montagne.


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Lo spaziotempo polare incluso tra le superfici curve (spaziotempo relativo) del corpo femminile, indipendentemente dalla funzione riproduttiva celata, rappresenta l’eros e l’agape dell’amore, cioè il desiderio che invoglia alla testimonianza rigenerativa dell’amore “carnale”.


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--- Significati percettivi dei segni polari rappresentati dallo spaziotempo interno a "dio" ---

I segni divergenti osservati dall’esterno esprimono il desiderio di testimoniare la vita, l’avvenire, il futuro delle aspirazioni.

I segni convergenti osservati dall’esterno esprimono il desiderio di rigenerare la vita, la storia, il passato dei ricordi.

I segni divergenti o convergenti, complementari a se stessi, inclusi in superfici estetiche del corpo umano (spaziotempo relativo), esprimono il desiderio di rigenerare la vita (eros) con la morte (agape) ovvero l’amore sensuale.

I segni divergenti o convergenti, complementari a se stessi, che delimitano l’ambiente, esprimono il futuro delle aspirazioni, il passato dei ricordi, il sempre-presente dell’amore universale.


La rappresentazione interna dello spaziotempo assoluto o polare di "dio", ha rivelato i significati dei segni, delle superfici e dei volumi che rappresentano i sentimenti dell’amore, dei ricordi e delle aspirazioni osservati in natura, e prima d’ora mai riconosciuti.


Le percezioni (esperienze simboliche)non visive dei sentimenti della coscienza rappresentati attraverso lo spaziotempo polare dell’increato "dio", diventano rappresentazioni di esperienze visibili esprimibili con la parola e il verbo della creativa ragione.



Lo spaziotempo relativo delle SENSAZIONI _________

Dopo aver esaminato lo spaziotempo polare, interno a "dio", si esamina lo spaziotempo relativo della sua superficie esterna.


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Se la bellezza è la rappresentazione esteriore dell’“amore”, dello spaziotempo assoluto o polare di "dio", con i seguenti segni estetici si rappresenta la primigenia delle sensazioni di libertà, bellezza e seduzione.

Per scoprire il significato percettivo delle sensazioni rappresentate esternamente da "dio", poiché le percezioni non mutano se provengono da volumi, superfici o segni della stessa configurazione, a titolo esemplificativo si esamina il segno sinuoso passante dalle origini e dai vertici della “particella”.


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Il segno sinuoso, tipico dell’onda elettromagnetica, può essere rappresentato con archi alternati ora sopra ora sotto l’asse rappresentativo di riferimento. Per comprendere il significato percettivo delle rappresentazioni seguenti, si esamina inizialmente lo spaziotempo relativo del segno riferito a un solo arco.


Spaziotempo relativo riferito ad un solo arco _________

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- All’interno dello spaziotempo concavo dell’arco, che nel mondo dei sensi può essere rappresentato da una cupola o da un muro curvo, si è inclusi o desiderati, ma non si è liberi di scegliere se sottoporsi o no all’inclusione, che è imposta dalla rappresentazione.


- All’esterno dello spaziotempo convesso dell’arco, che nel mondo dei sensi può essere rappresentato da una cupola o da un muro curvo, si è esclusi o indesiderati, ma non si è liberi di scegliere se sottoporsi o no all’esclusione, che è imposta dalla rappresentazione.


In entrambi i casi, non si è liberi di scegliere se essere inclusi o esclusi, desiderati o indesiderati.

L’oggetto della nostra osservazione, che può essere un arco, una cupola o un muro curvo, è determinato nel significato percettivo, ma non rappresenta la libertà. La libertà, quindi, non si rappresenta né con lo spaziotempo concavo né con quello convesso; si esamina quindi il segno riferito a due archi.


Spaziotempo relativo riferito a due archi __________

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- Osservando questa rappresentazione, si può essere inclusi/desiderati o esclusi/indesiderati, oppure inclusi/esclusi o desiderati/indesiderati nello stesso momento. In questo caso l’uomo, osservando sia lo spaziotempo concavo sia quello convesso, percepisce la possibilità di scegliere se essere incluso o escluso, desiderato o indesiderato. La possibilità di scegliere esprime e rappresenta la libertà.


---- Significati percettivi dei segni rappresentati dallo spaziotempo esteriore di "dio" ---

Il segno concavo esprime un’inclusione: chi lo osserva, è incluso o desiderato.

Il segno convesso esprime un’esclusione: chi lo osserva, è escluso o indesiderato.

Lo spaziotempo concavo-convesso esprime la libertà.


Gli opposti convessi e concavi interagenti rappresentano la libertà, ossia l’autodeterminazione dell’“amore assoluto” rappresentato dalla “coscienza fisica” e dell’Amore puro espresso dalla coscienza umana. Non potendo esserci nel mondo dei sensi nulla di libero, è necessario che gli oggetti rappresentati attraverso qualcosa di esterno (“materia”) appaiano liberi alla coscienza (libertà del pensato e del pensante); conseguentemente l’oggetto, naturale o creato, deve essere libero nella rappresentazione. Nel superamento del mondo pesante e materiale trova riscontro tutto il valore della creatività degli artisti-architetti. Se la rappresentazione è affine alla libertà, allora si rappresenta l’autonomia estetica, che è la rappresentazione della bellezza.

La bellezza è la libertà che si rappresenta nel mondo dei sensi.


La bellezza, già presente in natura e nell’opera d’arte, si riscontra osservando lo spaziotempo relativo esterno di ogni “particella”. Quando la bellezza, rappresentata da volumi, superfici e segni, include la rappresentazione dell’amore, si rappresenta il più alto grado di bellezza: la seduzione.


Con i termini “desiderato e indesiderato” si accede nella sfera delle sensazioni rappresentate di libertà, bellezza e seduzione.
Ogni sensazione si rappresenta attraverso lo spaziotempo relativo.
Ogni spaziotempo relativo rappresenta una sensazione.


La rappresentazione riferita allo spaziotempo relativo esterno, a quello assoluto di "dio", ha rivelato i segni che rappresentano le sensazioni di libertà, bellezza e seduzione, già presenti in natura e prima d’ora mai riconosciuti.


Le percezioni (esperienze simboliche) visive delle sensazioni della coscienza rappresentate dallo spaziotempo relativo esterno a "dio", diventano rappresentazioni di esperienze visibili esprimibili con la parola e il verbo della creativa ragione.


Sono questi i significati dei volumi, delle superfici e dei segni percepiti dalla coscienza, comprensibili dalla ragione quando si supera la dimensione dei sensi e si riflette sulla rappresentazione di "dio".

Sono questi i significati percettivi dei segni estetici, che inizialmente selezionati dalla coscienza, hanno evoluto la bellezza del corpo umano, il contorno degli oggetti creati e l’opera d’arte; segni ricavati dalla rappresentazione di “dio” che armonizzano l’increata bellezza della natura e la creatività umana.


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L’etica espressiva dell’uomo


L’uomo per armonizzare la sua ragione con quelle dei suoi fratelli non ha soltanto la necessità di rivelare dalla rappresentazione di "dio" il significato lessicale dei segni estetici con i quali si comprendono i particolari visibili della natura affinché l’universo esperienziale/logico includa quello percettivo/simbolico, cioè non basta tradurre in linguaggio lessicale ogni emozionante particolare visibile della seducente bellezza della natura e della creatività umana.

Per alimentare la “filosofia” di "dio" quel libero «amare pensando» che accompagnerà ogni azione umana finalizzata a realizzare il Sommo Bene con la famiglia, la comunità e Lo Stato Provvidente, occorre che l’armonia estetica rappresentata da "dio" sia complementare all’armonia etica espressa dall’uomo.

Il “linguaggio” estetico (rappresentativo/simbolico) di “dio” deve essere convertito in linguaggio etico (espressivo/logico) dell’uomo.


La seducente bellezza è alla base dell’armonia estetica del mondo che vorremmo, ma per coinvolgere tutti deve necessariamente diffondersi anche l’armonia etica, opposta e complementare a quell’estetica che pone ogni singolo uomo in relazione, con la natura, con i fratelli e con Lo Stato provvidente.

Se l’armonia estetica riguarda il rappresentativo che va dal particolare naturale a quello artistico e all’architettura urbana, l’armonia etica riguarda l’espressivo rapporto dell’uomo con la natura, con i suoi fratelli, con la comunità civile e religiosa e con l’organizzazione de Lo Stato provvidente.

L’uomo per conseguire in libertà la piena armonia etica ed estetica indispensabile anche alla Politica, deve convertire i Principi della libertà rappresentativa di "dio" in Principi della libertà espressiva dell’uomo.

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I Principi della libertà espressiva dell’uomo


Se per l’armonia estetica, trattandosi di rappresentazione, si possono direttamente applicare i segni estetici della libertà creatrice, affinché l’armonia etica sia espressa da ogni uomo, i Principi della libertà rappresentativa di "dio" devono essere convertiti e tradotti in Principi della libertà espressiva dell’uomo.



Primo Principio della libertà espressiva o di Complementarietà degli opposti


Se il primo principio della libera rappresentazione di "dio" dell'Energia è il Principio di Simmetria degli Eventi, si evince che il Primo Principio della libertà espressiva dell’uomo è:

Gli Opposti sono Complementari
L’uomo, per il suo equilibrio fisico e intellettuale, deve considerare gli opposti polari, di tutti i livelli fisici e intellettivi, i quali costituiscono inscindibili unità complementari.


Il Primo Principio espressivo ha origine dall’interazione tra opposti polari fisici di Eventi simmetrici: spaziotempo futuro e passato che nelle “particelle” elementari testimonia il sempre-presente; senza la loro interazione complementare non esisterebbe l’increato "dio" dell’Energia, ma esisterebbe soltanto il Nulla.

La polarità assoluta di "dio" (futuro + / - passato) diviene polarità relativa tra campi elettromagnetici + / - di “particelle” che configurano dall’atomo all’intero universo e polarità inerziale tra sostanze, generi e mutamenti della natura visibile. Ciò implica l’interazione di EVENTI simmetrici opposti tali, che ciascuno di essi, pur essendo avversato e limitato dall’evento contrario, trova in quest'ultimo la sua ragion d'essere, il suo equilibrio dinamico, la sua complementarietà perché l'uno non può esistere senza l'altro e viceversa.


Dall’interazione complementare tra opposti polari spaziotempo futuro e spaziotempo passato, nasce e si configura il sempre-presente "dio".
Dall’interazione complementare tra eventi entropici causali e sintropici finalizzati alla testimonianza, scaturisce la diversità della natura e degli esseri viventi dai quali nasce l’uomo.


L’increato "dio" con la sua Energia rappresenta e l’uomo con il suo Pensiero esprime.

L’uomo con "dio" non ha nessuna interazione polare opposta complementare diretta di tipo fisico, da ciò scaturisce il suo libero arbitrio; nonostante non esista tra ''"dio"'' e l’''uomo'', la polarità fisica diretta, la loro complementarietà esiste nell’intelletto umano, tra l’increata coscienza e la creativa ragione.

L’uomo che, intrapreso la via della conoscenza, ha scoperto il "dio" dell’Energia e rivelato il Dio del Pensiero, può decidere di testimoniare liberamente e convenientemente "dio" e la sua azione generatrice poiché non può esistere un universo con un Paradiso come quello terrestre più bello e libero del suo.


Accertata la coincidenza rappresentativa tra l’increato Dio del Pensiero (coscienza umana) e l’increato "dio" dell’Energia (“coscienza fisica”); non essendo ammissibile la complementarietà fisica tra l’uomo e "dio", è ammissibile la complementarietà intellettuale perché l'uomo non può esistere senza "dio" e viceversa.


Dalla complementarietà fisica degli opposti si desume che soltanto dall’incommensurabile e abbondante causalità increata di "dio" senza fini, in un pianeta come la Terra, può nascere la singolare finalità creativa della mente umana; perciò l’uomo per complementarietà intellettuale con "dio", deve esprimere alla luce dell’immensamente grande l’amore incommensurabile posto nel buio del limitatamente piccolo.


In sintesi:

Dio dell’Energia testimonia la sua universalità nei particolari fisici e viventi senza un fine e senza uno scopo?

L’uomo, Dio del Pensiero, per complementarietà intellettuale con "dio", deve determinarsi al fine unico di testimoniare l’universale ("dio") attraverso i particolari delle sue creazioni.

Dio dell’Energia è l’unità della sua incommensurabile e armoniosa moltitudine fisica e vivente?

L’uomo, per complementarietà intellettuale con "dio", deve perseguire l’unità armoniosa della sua moltitudine attraverso l’autentico sentimento religioso: l’Amore fraterno o universale..

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Secondo Principio della libertà espressiva o del Divenire


Se il Secondo Principio della libera rappresentazione fisica di "dio" è il Principio di Conservazione dell’Energia, si evince che il Secondo Principio della libertà espressiva dell’uomo è:

Il Principio del Divenire.
L’uomo per preservare la propria esistenza deve relativizzare, rendendo armonioso o ecologico nella natura il suo prodotto creativo.


Il Secondo Principio della libertà espressiva ha la sua genesi nell’ordine fisico che segue il caos primordiale dopo la rigenerazione nell’origine dell’universo delle “particelle” elementari.

Le “particelle” che testimoniano il "dio" dell’Energia riscontrano il loro equilibrio dinamico, relativizzando lo spaziotempo sempre-presente polare che le rappresenta su orbite dove il prima e il dopo non hanno senso.

Così le “particelle” elementari rappresentano lo spaziotempo sempre-presente orbitale configurato dagli atomi, elementi base di tutto l’universo fisico e della natura vivente.


Su un sistema inerziale sottoposto a un flusso di energia costante come la Terra, gli atomi interagiscono tra loro e, attraverso interazioni elettroniche, generano la chimica inorganica, quella organica e la biologia degli esseri viventi vegetali e animali, che si testimoniano con i cicli vitali del sempre-presente biologico tant’è che non ha senso chiedersi se è nato prima il padre o il figlio, la pianta o il seme. Tutti gli esseri viventi relativizzano il loro spaziotempo riferendolo all’ambiente in cui vivono e, divenendo, si evolvono acquisendo mutazioni genetiche, che decretano vantaggi o svantaggi rispetto all’ambiente stesso, molto selettivo così:

Il reale invisibile della fisica si relativizza per divenire apparente nella natura visibile.
La forma invisibile dell’arte si relativizza per divenire configurazione negli “oggetti” naturali.
L’Assoluto o universale invisibile della filosofia si relativizza e divenire Relativo o particolare visibile.


Il Principio del Divenire decreta l’ammissibilità delle configurazioni della natura fisica e vivente e dei prodotti della mente umana che, per essere liberi, non possono essere creati senza l’"amore" di "dio" che unifica la quantità spaziale dell’esistenza con la qualità temporale della testimonianza:

"Quelle Configurazioni fisiche e viventi che non si rappresentano e non si testimoniano attraverso il tutt’uno dello spaziotempo, non sono mai nate o cesseranno di esistere".


L’uomo, come increato immanente di "dio" ,rispetta il divenire fisico, infatti, esprime l’energia delle sue funzioni vitali nell’ambiente, si rappresenta quantitativamente nello spazio e si testimonia con la qualità del tempo riproduttivo (sempre-presente biologico).


L’uomo, come creatore, in ogni prodotto creativo deve esprimere la quantità dello spazio modellato dalla qualità del tempo sempre-presente, ossia deve relativizzare il suo prodotto creativo, rendendolo ecologico e armonioso con la natura; diversamente, non può testimoniarsi, poiché diventa vittima delle sue stesse creazioni. Le creazioni intellettuali che aiutano il divenire dell’uomo, come le tecnologie per la produzione energetica e per il benessere in genere, devono relativizzare i loro sistemi affinché le sostanze secondarie prodotte rientrino nei cicli naturali entropici/sintropici della rigenerazione.

Tutte le creazioni intellettuali devono testimoniare la mente ecologica, che agisce nel rispetto del divenire la natura e di tutti gli esseri viventi e soprattutto non devono replicare se stesse come il denaro che genera l’interesse pena la perdita della sovranità umana, o creare finto lavoro che parassita quello attivo. Questa logica considerazione ci costringe a riflettere sull’origine e sull’utilità dei mercati finanziari, i quali hanno un singolare modo di produrre ricchezza per i loro dipendenti che non proviene dal lavoro attivo già cristallizzato nell’oggetto e nel denaro ma dalla loro alterazione intellettuale quotata in borsa! .


In sintesi il Principio del Divenire ci fa capire come le nostre creazioni, da molto tempo, asservite al principio meccanico causa/effetto non rispettano la natura e la dignità dell'uomo; questo principio, infatti, offre vantaggi apparenti solo momentanei che nel lungo periodo si ritorcono contro l’uomo.

L’uomo continua a consumare le risorse del pianeta avendo sviluppato soltanto la parte entropica della conoscenza tecnica, per questo la natura ha iniziato a ribellarsi. L’uomo, se nelle sue creazioni non rappresenta ed esprime lo spaziotempo della testimonianza ciclica e, se non sviluppa la parte sintropica della conoscenza tecnica, segna anzitempo la fine della sua esistenza. Questo principio che per completezza espressiva lo definiremo il Principio esperienziale del Divenire non è sufficiente per vivere una vita felice se non si integra al Principio emozionale dell’Essere figlio di “dio”.

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Terzo Principio della libertà espressiva o dell’Essere figlio di “dio”


Se il Terzo Principio della libera rappresentazione di "dio" è il Principio di Minima Azione, "dio" stesso che è il massimo che è nel minimo ci invita a profonde riflessioni per ottenere con la minima azione il massimo dell'esperienza: quella di imitare "dio". Cosi il Terzo Principio della libertà espressiva dell’uomo è:

Il Principio dell’Essere figlio di "dio".
L’uomo per vivere l’Essere figlio di "dio" deve esprimere umilmente ciò che "dio" è e rappresenta: l’“amore assoluto” libero e spensierato, unica ragione dell’universo, privo di leggi e dogmi.


Chi esprime la vita dell’Essere figlio di "dio" è misericor"dio"samente grande, esprime la “filosofia” della vita in cui l’azione di amare anticipa il più piccolo pensiero, armonizza il sentimento religioso dell’Amore fraterno che tutti unisce e realizza con la famiglia e la comunità Lo Stato provvidente quale Sommo Bene.

L’uomo per replicare nell’immensamente grande il “pensiero” di "dio", quell’«amare pensando» così limitatamente piccolo ma grande quanto l’universo, conosce ogni verità:

- conosce il percorso millenario rappresentativo dell’amore tracciato dalle cinque determinazioni dell’arte che, unificando tutte le vie della Conoscenza, ricongiunge l’uomo con "dio";
- conosce il percorso della trascendenza culturale insito in questa Dottrina con il quale l’uomo scopre il suo Paradiso e il Sommo Bene da realizzare;
- conosce i Principi della testimonianza fisica “consigliati” da suo padre per condurre la vita felice e spensierata dell’Essere figlio di "dio" insieme ai propri fratelli.


Se l’uomo conosce suo padre e sa “interrogarlo”, annichilisce tutti i mali nati per averlo ignorato, recupera la provvidente natura ed esprimendo la vita dell’Essere figlio di "dio" misericordioso, e rigenera con la provvidente natura il suo Paradiso.


Essere figlio di "dio" significa anche “badare” al padre cieco, sordo e muto, al suo Paradiso e meravigliarsi per ciò che ha “Creato”; significa dialogare incessantemente con il Dio del Pensiero, con la coscienza la quale con la sua rivelazione ci ha ridato i veri sensi che "dio" dell'Energia non ha: nuovi occhi per guardare, sicure orecchie per udire e una soave bocca per parlare.


L’uomo, che ha tradotto in tutte le sfumature espressive, in parola e verbo, lo spaziotempo assoluto di "dio" rende sinergiche tutte le attività private e istituzionali sino a realizzare, integrato nella natura provvidente, nel“sogno” del Padre, il suo sogno che rende reale il primo: Lo Stato provvidente.

Dopo la “fatica” della riconversione religiosa, culturale e politica, dopo aver iniziato a recuperare la provvidenza della natura e sviluppato l’organicità anche legislativa del Lo Stato Provvidente, l’uomo, ottenendo al pari di "dio" il massimo con il minimo, vive l’esperienza dell’Io puro o assoluto (Essere figlio di "dio") che segna la fine della ricerca filosofica priva di rappresentazione e l’inizio della filosofia dialettica rappresentativa finalizzata a convertire in Paradiso l’Inferno in cui è precipitato.


In sintesi condurre la vita dell’Essere figlio di "dio" significa imitare l’esperienza del padre cioè perseguire l’unità della propria moltitudine per essere finalmente liberi e felici di gioire la bellezza del “Creato”; significa rallentare la convulsa vita profusa dall’egoismo speculativo dell’uomo sul proprio fratello già ridotto a giovenca magra munta ai limiti della sopravvivenza, qualificare le tecnologie della comunicazione, così si potranno ridurre le malattie dello stress e sperimentare, senza privazioni, la vita mistica.


I principi della libertà espressiva dell’uomo mettono in luce l’ignoranza, la meschinità e l’egoismo umano che non ha riconosciuto il sogno di "dio", il Paradiso terrestre in cui vivere senza frenesia; non ha riconosciuto la natura provvidente donatagli da suo padre da preservare e conservare per i propri figli con un lieto e seducente impegno lavorativo; non ha saputo sostare, meditare, godere l’armonia e la bellezza del suo “Creato”; non ha saputo illuminarsi di immenso e vivere di Amore puro e per il Sommo Bene.

Si! Vivere di Amore puro e per il Sommo Bene, per Lo Stato provvidente, è il traguardo dell’uomo razionale che fa propri i principi della libertà rappresentativa di "dio" e i principi della libertà espressiva umana, e mette in pratica “la filosofia della natura”, quell’«amare pensando» in cui è l’amore libero e altruista ad anticipare ogni sua minima azione e ogni suo minimo pensiero.

L’uomo finalmente può vivere libero e spensierato, come lo è "dio" nella sua moltitudine.

È evidente, soltanto conoscendo "dio", la sua filosofia, i suoi Principi, si può portare a compimento il suo puro atto d’amore e vivere felicemente, mentre non si può fare altrettanto con codici e dogmi decretati dalla nostra ignoranza.

Si riuscirà mai a concepire un’Energia o uno spaziotempo alternativo a quello naturale? Si riuscirà mai a concepire un altro "dio" dall’amore perfetto e libero, pari a quello già esistente? La risposta è: no!

Si è provato a rappresentare uno spazio senza tempo e a ipotizzare un “Dio trascendente” in diverse fedi religiose; il risultato ottenuto è stato la crescita smisurata della Croce della sofferenza che sarà annichilita perché l’uomo ha colmato di saggezza la sua ignoranza: ora vede suo padre, lo ascolta, segue i suoi consigli e ne parla incessantemente.

Già conoscendo "dio", la sua “filosofia”, i suoi Principi, si è sulla buona strada della convivenza civile e religiosa ma, per esprimere l’Amore fraterno o universale da vivere nella famiglia e nella comunità, è necessario non solo rendere reale il “sogno” di "dio" realizzando in esso il nostro sogno (il sogno del “sogno” = realtà), Lo Stato provvidente, ma occorre anche governare il Sommo Bene riscontrando in "dio" dell’Energia (“coscienza fisica”) e in Dio del Pensiero (coscienza umana) l’armonia etica/estetica necessaria alla Saggia Politica e al Governo dei popoli, affinché ogni cittadino al quale è stato insegnato ad agire secondo quell’«amare pensando» possa sentirsi spensieratamente libero amato e da tutti considerato.

Senza l’armonia etica/estetica' su cui si fonda il Governo del Lo Stato provvidente, garante della libertà e del lavoro creativo individuale, l’uomo non potrà godere completamente del suo Paradiso.

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L’armonia etica/estetica in Politica.


Osservando la coincidenza rappresentativa di "dio", “coscienza fisica”, con la coscienza umana si desume la relazione complementare esistente tra i due poli, etico ed estetico, della coscienza umana.

I due poli “dialogano” attraverso la complementarietà interattiva degli opposti spaziotemporali, futuro/divergente (polo estetico) e passato/convergente (polo etico); in particolare la coscienza umana fa corrispondere allo spaziotempo futuro il polo del pensiero estetico/liberale individuale (emisfero destro dell’encefalo), fa corrispondere allo spaziotempo passato il polo del pensiero etico/sociale collettivo(emisfero sinistro dell’encefalo).


L’increato Dio del Pensiero coincide con l’increato "dio" dell’Energia.

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In ogni epica coscienza umana, infatti, per il suo naturale equilibrio dinamico interagiscono due poli ideologici complementari e opposti, quello etico e quello estetico che l’uomo ha irrazionalmente diviso.

Dal Principio fisico di Simmetria degli Eventi (1° principio universale), desunto dalla scoperta rappresentativa di "dio" e tradotto in termini umanistici nel Principio di Complementarietà degli Opposti, si evince che una sana mente politica si basa sull’interazione delle due ideologie complementari: l’ideologia liberista, concepita dal polo estetico della coscienza (ENTROPIA del pensiero), incline a salvaguardare la libertà individuale, e l’ideologia socialista (SINTROPIA del pensiero), concepita dal polo etico della coscienza incline a salvaguardare la collettività.

Etica: azione consapevole della coscienza rivolta a soddisfare con il comportamento il rapporto tra uomo e natura, tra l’uomo e i suoi simili.
Estetica: azione consapevole della coscienza rivolta a soddisfare con la bellezza espressiva e rappresentativa dell’amore, la libertà creatrice di ogni singola persona.
Epica: azione consapevole della coscienza rivolta a soddisfare con atti eroici e rilevanti traguardi, singoli o di gruppo, la propria testimonianza.

Le opposte ideologie complementari, ancora separate dall’irrazionalità umana, definiscono una sola inscindibile unità, inequivocabilmente, rappresentata e testimoniata dall’universale della natura (“dio”) e della mente (Dio) e, finalmente, espressa anche dall’uomo.


L’ideologia liberista da sola tende a diversificare, “disordinare” e disaggregare la collettività e, privilegiando la creatività individuale, entropizza la società. Infatti, l’ideologia liberista trascura l'etica ed esalta l'estetica di ogni coscienza. Chi governa, per sua natura, è incline a favorire il libero pensiero creativo di ogni individuo. Per la coscienza estetica, ogni uomo ha uguale diritto a testimoniare il libero pensiero creativo. L’uomo con il libero pensiero creativo raggiunge traguardi utili a tutti. L’ideologia liberista è naturalmente incline a soddisfare il fine estetico della coscienza umana con il quale si testimonia l’amore libero, bello e seducente della natura che non ha senso vivere in solitudine!


L’ideologia socialista da sola tende a unificare, a ordinare e ad aggregare la creatività individuale e, privilegiando la collettività, sintropizza l’individuo. Infatti, l’ideologia socialista trascura l'estetica ed esalta l'etica di ogni coscienza. Chi governa, per sua natura, è incline a favorire l’unità della moltitudine. Per la coscienza etica, tutti gli uomini hanno uguale diritto alla vita, alla salute, al lavoro, alla dimora, alla cultura. L’uomo è libero di testimoniare il suo pensiero creativo, se è soddisfatto nei suoi diritti. L’ideologia socialista è naturalmente incline a soddisfare il fine etico della coscienza umana che concilia l’uomo con tutti i suoi simili, con la natura e con "dio"; essa è alla base della libertà individuale.


Entrambe le ideologie se separate, essendo incomplete, con la pratica del governo creano dei paradossi legislativi che impoveriscono l’economia, la fierezza di una nazione e ledono la dignità del singolo uomo.

Se l’azione del governo liberista non è finalizzata anche alla produttività collettività, genera entropia disgregante nella società; se invece l’azione del governo socialista non è finalizzata anche alla creatività individuale, genera sintropia alienante nel singolo dittadino.

Se divise, entrambe le ideologie ledono i diritti umani. La storia lo ha dimostrato e ancora lo dimostra.

Non si possono demonizzare le due ideologie; entrambe sono fondamentali perché, per il Principio di Complementarietà degli Opposti, l’una esiste in funzione dell’altra, l’una integra l’altra. È necessario, perciò, superare i limiti della visione borghese del liberismo e proletaria del socialismo perché:

Senza liberismo, non c’è socialismo. Non c’è soluzione liberale ai diritti naturali e acquisiti di tutti.
Senza socialismo, non c’è liberismo. Non c’è libertà se non sono soddisfati i diritti liberali di tutti.


Per il sano governo democratico, il socialismo si compie nel liberismo e il liberismo si compie nel socialismo.

Alla luce delle desunte e certificate considerazioni, l’uomo con l’apprendimento, sin dall’età scolare, deve conoscere, lievitare e applicare l’espressione unitaria delle opposte ideologie. In questo modo si concepisce la filosofia politica dell’equilibrio dinamico che anima la dialettica politica, che considera le due opposte ideologie complementari, permeanti l’una nell’altra, un’inscindibile unità.

La società ideale è socialista e liberista insieme; nel suo esercizio è socialista dall’alba sino a mezzogiorno, è liberista da mezzodì sino a sera.


Nascerà Lo Stato provvidente quando nel parlamento siederà l’uomo reale, socialista e liberista insieme.

È giunta, quindi, l’ora di diffondere l’armonia etica ed estetica e fondere insieme le due ideologie facendo sorgere il socialismo liberale o il liberismo sociale, in grado di soddisfare l’azione legislativa dello Stato, la vita esperienziale del Divenire relativo e la vita emozionale dell’Essere libero" di ogni cittadino. L’auspicabile svolta ideologica finalmente si rende reale; con "dio" dell'Energia e Dio, l’amico fedele del Pensiero, l’uomo comune e quello apparente si evolvono culturalmente nel creativo Dio del Pensiero incarnato nell’uomo reale, il quale darà inizio alla “rivoluzione” culturale e politica del terzo millennio, la rivoluzione della giustizia sociale, della libertà, della bellezza e dell’amore.

L’uomo, da cittadino deve riappropriarsi del proprio destino, senza impegnare l’intelligenza a cercare strategie per continuare a vivere; da politico previdente deve decretare il fallimento del liberismo sfrenato che alimentando il mercato finanziario globale, ha fatto perdere la sovranità alle nazioni e la dignità ai loro cittadini. Da politico deve proporsi alla guida de Lo Stato provvidente integrando l’etica sociale con l’estetica liberale e istituire efficienza e ordine, interrogando l’unico garante: "Dio" fonte di verità assolute.

Il politico reale deve legiferare per istituire il bene e prevenire il male secondo l’«amare pensando» che fonda l’universo. L’amore è anche misericordia e non ammette leggi e giudici perché il peccato del singolo è di tutti anche dei legislatori e dei giudicanti che non sanno istituire e prevenire.

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Le tre dimensioni intellettuali


La visione di “dio”, lo studio della sua “filosofia” e dei Principi universali della libera rappresentazione fisica e dell’espressione umana, l’armonia estetica/etica della politica riducono lo stato inconsapevole della mente umana sino a colmarlo con lo stato finale di piena consapevolezza.

L’uomo, finalmente, ama prima di pensare.


Raggiunto lo stato finale di piena consapevolezza, la ragione si identifica con la coscienza e tutto diventa esperienza (ESPERIENZA = COSCIENZA); cosicché l’increato Dio del Pensiero e personificato dal creativo Dio della ragione cioè da ogni uomo reale del terzo millennio.

Ogni uomo, finalmente, acquisendo con la scolarizzazione i tre livelli naturali della conoscenza quella visiva, relativa e assoluta raggiunge lo stato finale di piena consapevolezza identificando la ragione con la coscienza, la mente con la natura, l’uomo con "dio".

L’uomo, quindi, che non ha ancora raggiunto lo stato finale di piena consapevolezza, si distingue dai suoi simili dal livello di conoscenze acquisite che esprime; tale livello decreta la sua dimensione intellettuale.

Come "dio" rappresenta tre livelli fisici, così l’uomo li interpreta ed esprime tre dimensioni intellettuali a essi corrispondenti:


Prima dimensione intellettuale o dell’Essere impuro: uomo apparente.
Seconda dimensione intellettuale o del Divenire: uomo metafisico.
Terza dimensione intellettuale o dell’Essere puro: uomo reale.


Dopo che l'uomo ha indottrinato la ragione a esprimere “dio” della teologia naturale, non avrebbe senso considerare le prime due dimensioni intellettuali. Con la coscienza rivelata nella totalità delle esperienze visive e non-visive l’uomo è in grado di esprimere la terza dimensione intellettuale, cioè lo stato della piena consapevolezza, con il quale conosce se stesso il Dio vivente e il fine unico dell’esistenza: realizzare Lo Stato Provvidente (Sommo Bene) e in esso vivere l’Amore fraterno che tutti unisce.

Si esaminano comunque le prime due dimensioni intellettuali perché esprimono un monito, un passato e un presente che ancora l’uomo deve considerare in tutta la loro pericolosa drammaticità, soprattutto quando con tali dimensioni cerca di dare risposte etiche/estetiche alla politica della sana e civile convivenza.

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L’uomo apparente

Prima dimensione intellettuale o dell’Essere impuro.


La prima dimensione intellettuale o dell’Essere impuro fa riferimento al 1° livello fisico, e si esprime attraverso la ragione che osserva l'apparente natura e l’ambiente creato dall’uomo.

Su un sistema in moto uniforme come la Terra, a causa dell’alta velocità della luce l’osservazione di un evento è uguale per tutti gli individui; ciò crea nell’uomo l’illusione di possedere una visione esatta.

Con la prima dimensione intellettuale l’uomo, illuso dai sensi, separa lo spazio dal tempo e non è consapevole che tutta la natura si rappresenta ovunque con un continuo e inscindibile spaziotempo.

L’Energia ancora incompresa, testimoniata da miriadi configurazioni fisiche, viventi e creative, catalogate e discriminate, è sinonimo soltanto di ricchezza, e non ha nessuna relazione con lo spazio dell’illusione separato dal tempo.

Lo spazio è sinonimo di quantità da misurare, catalogare e discriminante; in esso l’uomo ordina secondo un prima e un dopo temporale, eventi fisici e funzioni vitali.
Il tempo percepito secondo un presente, che ogni istante divide il passato perduto per sempre dal futuro imperscrutabile è tiranno.
L’energia è un’entità misteriosa che accende le lampadine, fa muovere i treni e gli elettrodomestici.

L’uomo, che esprime questa dimensione intellettuale intrisa di materialità, non sa che l’unico termine, l’Energiaspaziotempo ("dio"), configura il tutto, e il modo con il quale lo scinde (Energia – Spaziotempo) (Energia – Spazio - Tempo) determina la sua dimensione intellettuale.

Anche l’uomo di scienza non conosce l'aspetto etico/estetico dell'Energia scaturito dal fenomeno indagato; tutte le sue ricerche e sperimentazioni si riducono al calcolo degli effetti da tradurre in guadagni immediati; trascura, così, la dignità umana e niente è più in se stesso buono o cattivo.

Le attuali sperimentazioni dell'Energia diventano paradossi perché contraddicono la logica dellla testimonianza fisica che rappresenta ogni fenomeno.

Far coincidere l’apparenza della natura fisica e vivente con la realtà, è caratteristica principale di una mente che si limita all’osservazione visiva. In ciò sta la contraddizione fondamentale: che senso ha per l’uomo conoscere la realtà, se è convinto di osservare la realtà della natura?

La realtà è una sola, indivisa e indifferenziata, e diviene nell’apparenza di ogni configurazione fisica e vivente. Di conseguenza l’uomo di governo, di scienza e di cultura, riferendosi alla sola natura che osserva, non può definirsi reale ma solo uomo apparente.


L’uomo apparente è quello che esprime la prima dimensione intellettuale; non sa chi sia, dove possa arrivare, e con quale mezzo; è un essere pensante che dimostra poca ragionevolezza.
Le conoscenze dell’uomo apparente, poiché fanno riferimento alla cultura spazializzata del peccato, non garantiranno il suo Divenire.
In passato l’uomo apparente si identificava con l’uomo del gregge; predicava l’umiltà, l’obbedienza e la fratellanza, tutte virtù espresse con sottile risentimento verso i Signori aristocratici, perché non riusciva a essere grande e coraggioso come loro.
L’uomo del gregge, nel corso della storia, è stato sopraffatto dall’invidia e dalla “vendetta” rivolta verso le stesse Signorie, che esprimevano un’aristocrazia cavalleresca la quale esaltava i valori della natura: forza, salute e gioia di vivere.
Oggi, l’antico “uomo del gregge” è morto, ucciso da se stesso, poiché con il risentimento e il falso progresso è riuscito a saziare i suoi bisogni e a diventare il nuovo ma falso “signore”.
Chi predicava le virtù dell’umiltà, dell’obbedienza e della fratellanza si è trasformato nell’uomo apparente che utilizza le virtù precedenti a suo piacimento, aggiungendo a esse il sospetto e la diffidenza ora rivolta verso i propri simili.
Le vecchie Signorie aristocratiche e cavalleresche sono ormai vinte ed estinte.
L’attivismo spregiudicato dell’uomo apparente, oggi politico o imprenditore della finanza senza scrupoli, personifica i nuovi ricchi borghesi e capitalisti.
L’uomo apparente, aggressivo verso i propri simili che li giudica incapaci e sciocchi, nella storia recente ha compreso che la scienza non è in grado di dare risposte certe sull’esistenza e sull’agire umano; così, “incoraggiato”, compie un gravissimo atto di presunzione: pretende, per il proprio tornaconto ed egoismo, di poter pensare per sé e per gli altri.
L’uomo apparente ora tiene a bada l’uomo comune, che non riesce a diventare apparente come lui, ossessionandolo con messaggi e perditempo tecnologici, cercando di convincerlo che questo mondo è un “inferno” e che grazie a lui si può vivere nel modo migliore.
L’uomo apparente, diventato politico e banchiere presuntuoso e ambizioso, controlla e rabbonisce l’uomo comune appiattendolo intellettualmente, limitandolo nel tempo libero e cercando di garantirgli il necessario per sopravvivere; è il paradosso del liberismo spregiudicato.
Il non-Essere figlio di "dio" è portato all’estrema espressione.
L’uomo apparente e quello comune vivono nel limbo la propria esistenza e, nonostante il falso benessere raggiunto, hanno una coscienza indomabile. Entrambi sono infelici perché ignorano il senso dell’esistere, ma, osservando e conoscendo "dio", anche loro potranno convertire la loro vita.


Chi agisce secondo la prima dimensione intellettuale, configura un ambiente privo di ogni messaggio educativo consapevole, spesso inconsapevolmente distruttivo per l’uomo che semplicemente osserva. Le esperienze non sono selezionate e vissute come crescita intellettuale, come certezza della propria condizione futura, ma come espedienti per la vita.

In contrasto con il reale della propria coscienza, e quindi privo di etica, l’uomo apparente affina gli espedienti per vivere la propria condizione futura da antagonista verso i suoi simili, poiché il corredo delle sue esperienze, limitato all’osservazione visiva, fa percepire un presente incerto e un futuro oscuro.

Il tempo lineare spazializzato è tiranno, e l’uomo apparente, per assicurarsi il futuro imperscrutabile, mette in atto la grande sfida: accumulare ricchezza, sinonimo di energia.


Singoli individui, intere organizzazioni sociali e multinazionali affrontano questa grande sfida come fine unico, configurando una economia lineare che richiede una crescita progressiva della ricchezza la quale non produce vantaggi per tutti, ma solo per pochi uomini apparenti che si credono ricchi e potenti, ma sono infelici, poveri e miseri.

L’ambiente visivo configurato attraverso questa dimensione intellettuale è quello dell’espediente; è un ambiente coercitivo, in cui con la morale si sottomette il nostro simile da sfruttare a sua insaputa, insieme a tutta la natura fisica e vivente.


L’ambiente creato dall’uomo apparente è il luogo in cui anche la scienza calcolatrice degli effetti, prima produce morte e distruzione e dopo si nobilita, ricercando soluzioni a ciò che ha prodotto.

Questa verità sconcertante è in contrasto con la stessa coscienza umana, che con immanenza vuole esprimersi, rappresentarsi e testimoniarsi. Stress, malattie, dolore, disperazione e morte sono le reazioni di una mente in origine sana a un ambiente avvelenato, malato e corrotto.

L’attrito conflittuale, definito “malattia della mente”, che si ripercuote anche nel corpo, è la reazione della coscienza sana all’ambiente inadeguato, “malato”.


È l’ambiente irrazionale configurato dalla ragione dell’uomo apparente che bisogna curare, non di certo la coscienza di ognuno, testimonianza increata nata spontaneamente dall’autoregolamentazione del nostro pensiero creativo. "Dio" dell’Energia che ci configura con la sua armonia non può distribuire malattie e infelicità. Esse sono prodotte dall’uomo apparente il quale, ingannato dal suo stesso egoismo ha rotto l’equilibrio della natura provvidente e ha configurato un ambiente estraneo a se stesso e a "dio".

La stessa coscienza, misteriosa e inascoltata, stenta a far fronte al malessere creato dall’uomo.

Il paradosso dell’uomo apparente sta nell’aver invertito le due attività dell’intelletto attribuendo alla coscienza, unica realtà esistente nella dimensione dei sensi, lo stato di non-coscienza e alla ragione lo stato di coscienza che si esplica nell’apparenza della natura intesa come realtà.


L’uomo apparente, escludendo le arti, rappresenta la quantità dello spazio e trascura la qualità del tempo dei sentimenti, impossibile secondo lui da rappresentare; non assumendo il concetto del Divenire della natura e di se stesso, non riesce neppure a relativizzare (rendere ciclico) le sue stesse creazioni intellettuali. Non riesce a produrre sistemi chiusi, testimoniativi, che aiutano il suo Divenire rispettando l’ambiente naturale; compromette così la solarità, la bellezza del “sogno” di "dio" e la “fatica” evolutiva di tutte le specie viventi e di se stesso.


L’uomo apparente, convinto che la natura coincide con la realtà, si preclude di cercare e di vivere la realtà spensierata, libera e bella nell’apparenza della natura; infatti, sta attraversando la fase più irrazionale della conoscenza, che non deve perdurare a lungo, perché conduce all’alienazione intellettuale delle future generazioni non più in grado di distinguere ciò che è buono e cattivo. L’attuale Cultura spazializzata non è in grado di assicurare ai futuri uomini scelte di vita creativamente libere, spensierate e felici.

Per il Secondo Principio espressivo della libera testimonianza intellettuale del Divenire, infatti, se l’uomo non testimonia lo spaziotempo, se non esprime la parola e il verbo di "dio", l’amore verso tutti e tutto insito nella Cultura temporizzata, è destinato a finire la sua esistenza.


Gli esseri viventi si evolvono, selezionandosi e testimoniandosi nello spaziotempo del loro ambiente; se ciò non avviene, si estinguono. Le creazioni intellettuali dell’uomo, invece, senza soddisfare i Principi della testimonianza fisica, sussistono sino a quando si evidenziano le loro stesse contraddizioni che ne decretano la fine (potenza distruttiva dell’“energia” del Pensiero); nel stesso tempo, creano danni fatali all’ambiente e forti tensioni alla civile convivenza. L’uomo dimostra così di non meritare l’attributo di “creatore”.

L’uomo apparente occidentale convive con un Sentimento Religioso incompleto: riconosce l’esistenza di Dio, ma lo personifica e lo trascende dal luogo, dove vive; lo ignora durante la fase piena della vita e lo implora quando è al termine della sua esistenza, usandolo a convenienza.

"Dio" dell'Energia, che configura l’uomo, è sempre-presente nella coscienza, quindi è da vivere non soltanto nella miseria e nella sofferenza ma soprattutto nel pieno vigore della vita.

L’uomo apparente, quando sperimenta l’esistenza senza comprenderne il fine vero e la sua effettiva bellezza e grandezza, ha la sensazione di essere debitore a qualcuno; sente così di dover dare significato alla vita manifestando la sua gratitudine a un 'Dio' personificato. "Dio" dell'Energia, invece, non può essere implorato, contemplato e personificato, perché "dio" non è esterno all’uomo e alla natura; “dio” è in tutto ciò che noi vediamo; “dio” è testimonianza cioè amore immenso. È l’azione del suo “amore”, del nostro Amore, che deve essere vissuto nel pieno vigore della vita, perché "dio" è noi e noi possiamo essere gioia, amore e felicità da riversare su tutti e tutto abbondantemente. "Dio" è irraggiungibile se è esterno all’uomo; senza "dio" l’uomo è incompiuto, è “materia informe” e non è tranquillo perché è insufficiente a se stesso se non raggiunge la sua perfezione.

Nella storia dell’umanità questa dimensione intellettuale non può perdurare a lungo, poiché esprime e testimonia la vita dell’Essere impuro: l’“Inferno”.

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L’uomo metafisico

Seconda dimensione intellettuale o del Divenire.


La seconda dimensione intellettuale, o del Divenire, fa riferimento al 2o livello fisico della natura, in cui l’energia di interazione elettromagnetica delle particelle elementari relativizza le stesse particelle intorno a centri orbitali, configurando dal limitatamente piccolo degli atomi all’immensamente grande dell’universo.

È trascorso più di un secolo e l’uomo, turbato dalla ragione ingannata dal senso della vista, non riesce ancora a divulgare il significato umanistico dello spaziotempo unificato che rappresenta l’universo e noi.

Con l’unificazione dello spaziotempo, si supera la conoscenza visiva della natura e sono messi in crisi i concetti classici di spazio e tempo assoluti i quali, non rappresentando e non esprimendo l’aspetto estetico ed etico della realtà, sono da confinare alla loro semplice funzione misuratrice e ordinatrice degli eventi.

Questa dimensione intellettuale ci aiuta a comprendere che tutto il mondo fisico e vivente è in perenne Divenire, regolato e configurato da una fitta rete di interazioni elettromagnetiche di Energia.

Non si può, quindi, considerare l’uomo separato dal resto dell’universo, dalla natura, dall’ambiente e dai suoi simili. Tutto e tutti sono immersi e configurati dall’"amore" di "dio".


La teoria della relatività insegna che due osservatori che viaggiano separati nello spaziotempo interplanetario dove il tempo scorre in funzione dello spazio curvo, registrano diversamente lo stesso evento secondo il loro punto di osservazione. L’uomo deve intellettualmente comprendere che, in assenza della verità assoluta, ciò che osserva è relativamente vero, con riferimento al suo punto di osservazione; cambiandolo, si osserva un’altra verità; per cui egli deve comprendere quanto sia relativa una sua opinione, e quindi il suo pensiero creativo, se esso non è riferito a "dio". Egli deve riconoscere che, nella maggior parte degli assunti, esprime soltanto il suo “punto di vista” (relativismo intellettuale) il quale si deve rispettare perché è la sua “verità” e non quella di tutti, sconosciuta con questa dimensione intellettuale.


Questa dimensione intellettuale dovrebbe far comprende all’uomo la purificazione insita nel Divenire spaziotemporale (testimonianza) di tutta la natura fisica.

La purificazione, rappresentata dallo spaziotempo metafisico, ha la potenza di attuare una pulizia mentale dall’“immondizia” creata dai concetti di spazio e tempo, separati e assoluti, e dal relativismo intellettuale.

Lo spaziotempo metafisico è stato ben rappresentato all’inizio del secolo scorso da un movimento artistico italiano chiamato per l’appunto “Metafisica”, una parentesi purtroppo presto chiusa, che ha fatto apparire e poi scomparire come una meteora, nell’artista Giorgio De Chirico, l’uomo metafisico, consapevole della pulizia intellettuale alla quale l’umanità doveva essere sottoposta.


La Metafisica è l’altro grande contributo all’arte italiana e a quella europea nel periodo delle avanguardie storiche. Per la sua palese figuratività, esente da qualsiasi innovazione pittorica, la Metafisica è stata da alcuni esclusa dalle avanguardie. Essa ha fornito importanti elementi per la nascita di quella che è considerata l’ultima tra le avanguardie: il Surrealismo.
Protagonista di questo stile è Giorgio De Chirico che inizia a fare pittura metafisica già nel 1909, anno di nascita del futurismo. Rispetto a quest’ultimo movimento, la metafisica si colloca nettamente agli antipodi. Nel futurismo tutto è dinamismo e velocità; nella metafisica predomina la stasi più immobile. Non solo non c’è la velocità, ma tutto sembra congelarsi in un istante senza tempo, dove le cose si pietrificano e gli spazi si vetrificano. Se nel futurismo domina un grido possente di innovazione dell’arte; nella metafisica predomina invece la dimensione meditativa del silenzio assoluto.
Il futurismo vuole totalmente rinnovare il linguaggio pittorico; la metafisica invece, per riflettere si affida agli strumenti tradizionali della pittura.
Si potrebbe pensare che la metafisica sia alla fine solo un movimento di retroguardia fermo a posizioni accademiche; invece riesce a trasmettere messaggi nuovi, la cui carica di suggestione è immediata ed evidente. Le atmosfere magiche ed enigmatiche dei quadri di De Chirico colpiscono proprio per l’apparente semplicità di ciò che mostrano. Le sue immagini rivelano una realtà che solo apparentemente assomiglia a quella che noi conosciamo dalla nostra esperienza.
La prospettiva, che sembrava costruire uno spazio geometricamente plausibile, è invece volutamente deformata e lo spazio acquista un aspetto inedito, fa percepire il tempo fermo all’istante.
Le scene urbane, che sono protagoniste indiscusse di questi quadri, hanno un aspetto dilatato e apparentemente vuoto. In esse predomina l’assenza di vita e il silenzio dell’assoluta riflessione.
Le rappresentazioni di De Chirico superano la percezione del mondo visibile e, andando «oltre», mostrano la nuova dimensione alla quale era pervenuta la scienza Fisica: l’inesistenza in natura degli angoli retti e delle linee parallele che ancora oggi rappresentano la nostra depravazione culturale.
Le immagini di De Chirico, infatti, descrivono l’ambiente purificato dal sudiciume del nostro vivere.
La Metafisica, come movimento dichiarato, nasce nel 1917 a Ferrara dall’incontro tra De Chirico e Carlo Carrà il quale, provenendo dalle file del futurismo, progressivamente se ne distacca.
L’incontro con De Chirico lo convince al recupero della figura e alla nuova esplorazione dell’ambiente arcaico che caratterizza la sua pittura metafisica; una modernità che soltanto la genialità italiana ha potuto concepire.
Alla metafisica si converte anche Giorgio Morandi, che nella purezza e severità delle immagini metafisiche trova la sua personale cifra stilistica. Alla metafisica aderiscono, a tratti, anche altri pittori italiani, tra cui Alberto Savino, fratello di De Chirico, Filippo De Pisis, Mario Sironi e Felice Casorati. Nel 1921 il gruppo della Metafisica si scioglie, essendo la maggior parte dei suoi protagonisti aggregata alla corrente di Valori Plastici.


La “pulizia mentale”, rappresentata dal Divenire dei sistemi relativi, non ha insegnato niente all’uomo apparente, così come non lo ha istruito l’opera di De Chirico, che è passata quasi inosservata.

Avendo assunto il concetto purificatore del Divenire della natura fisica e vivente, l’uomo metafisico con fatica esprime la cultura relativizzata, cioè cerca di relativizzare le sue creazioni intellettuali: progetta sistemi tecnologici chiusi, produce energia rinnovabile, cerca di preservare la natura, ad aiutare l’uomo affinché un giorno possa essere libero di testimoniarsi con la sua moltitudine ma non riesce a rappresentare e a esprimere la bellezza dell’amore di "dio" dell'Energia che lo configura.


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Tutte le configurazioni fisiche, gli atomi, i sistemi planetari, le galassie e l’intero universo, relativizzano (testimoniano) il sempre-presente avendo come riferimento un centro. Tutte le configurazioni viventi relativizzano il sempre-presente fisico nell’ambiente attraverso il ciclo vitale della riproduzione.

Il secondo Principio della testimonianza fisica è così rispettato, nonostante il 2° livello della natura non rappresenti il reale invisibile, ma ammissibili apparenti configurazioni fisiche e viventi.

La seconda dimensione intellettuale del Divenire testimonia il passaggio obbligato e pericoloso della mente umana, la quale deve superare la limitazione dei sensi per giungere alla mente illuminata dalla scoperta rappresentativa e, quindi, visiva di "dio". Attraverso questa dimensione, l’uomo deve comprendere i limiti dalla conoscenza visiva, come il corpo separato da un ’Dio’ trscendente e lo spazio separato dal tempo, e soprattutto non deve mistificare la dimensione relativa della natura, trasformandola in relativismo intellettuale per giustificare l’io personale e le sue ingannevoli e mortali voglie.


Questa è la dimensione intellettuale con la quale molti uomini, pur comprendendo i concetti relativi, hanno l’illusione che tutto è possibile, perché nulla cambia e tutto continua come prima.

Le scelte coraggiose che dovrebbero portare l’umanità a vivere di Amore fraterno nel nostro Paradiso di questo pianeta vengono meno; basta riflettere sul rapporto odierno non relativizzato tra scienza e natura.


La scienza all’inizio del terzo millennio è radicata ancora al credo della ragione limitata al senso della vista che, avendo separato l’uomo dalla natura, “cura” l’uomo come se le malattie del corpo e della mente dipendessero dalla natura e non da uno stile di vita imposto da una scienza e una cultura astratta.

L’uomo di scienza che studia e cura i suoi simili, ha portato lo stesso uomo verso un orrido processo produttivo, trasformando la sofferenza in opportunità di vita e in lauti profitti; infatti, “curare” non è più un obiettivo nobile; l’uomo di scienza cura i propri egoismi invece di soddisfare le necessità dell’uomo che lo rendono spensierato e felice e di preservare la purezza e l’armonia della natura provvidente dalla quale deriva il suo benessere. Per questo motivo, la scienza, per curare le malattie del corpo e della mente, deve individuare e rimuovere le cause esterne che le provocano se desidera che l’umanità prosegua in salute il suo viaggio nell’universo.


Questa dimensione intellettuale si lega alla rappresentazione dello spaziotempo relativo, che apparentemente sembra “vuoto” di contenuti, ma nello stesso tempo, come appurato, è “pieno” di significati che la scienza fisica deve riconoscere e la filosofia esprimere.

Quando il corredo di conoscenze è ampliato dal concetto relativo di spaziotempo, se uomo apparente tende a esprimere verso l’ambiente da lui stesso configurato e verso l'umanità, un atteggiamento ambiguo di convenienza, l’uomo metafisico pone interrogativi sulla validità dell’ambiente da lui stesso creato e, riflettendo sul Divenire stesso della vita, sa prima di godere del Paradiso, di dover vivere il Purgatorio.

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L’uomo reale

Terza dimensione intellettuale o dell’Essere puro.


La terza dimensione intellettuale o dell’Essere puro fa riferimento al 3o livello fisico della natura, cioè a "dio" dell'Energia, alla sua “filosofia di vita” e ai suoi Principi.

L’uomo che osserva l’increato "dio" dell’Energia, “coscienza fisica”, rivela l’increato Dio del Pensiero, coscienza umana, e umanizzandolo esprime, rappresenta e testimonia la terza dimensione intellettuale, consapevole di poter vivere la vita pura ed emozionale dell’Essere figlio di "dio".

Questa è la dimensione nella quale la conoscenza visiva di "dio" arricchisce smisuratamente la nostra limitatezza terrena, ci libera dal corpo “materiale” e dall’io personale; il soggetto dialoga con l’“oggetto” ed esprime l’Io Assoluto.

Chi esprime la terza dimensione intellettuale che indottrina la ragione ad amare prima di pensare, il corpo si separa dalla coscienza e scegliendo la coscienza, il terzo livello indifferenziato della natura, in assenza del corpo che divide, la singola coscienza si unisce a tutte le coscienze.

È questa la dimensione intellettuale che ci fa viaggiare con la mente al di fuori dello spaziotempo in cui siamo confinati, per esprimere con tutti i nostri simili, l’abbraccio cosmico dell’Amore fraterno o universale.


Questa Dottrina che rende visibile il percorso dell’amore di "dio", rende comprensibili tutti i fenomeni fisici e intellettivi che sino ad ora non avevano spiegazione scientifica; si raggiunge così con la rappresentazione dell’universo non visivo il massimo grado dell’evoluzione intellettuale in cui non si invertono più gli stati dell’intelletto poiché l’apparente stato inconsapevole della coscienza (realtà non visiva) è colmato dall’intero stato consapevole della ragione. Tutto è ragione, coscienza ed esperienza, tutto è amore, tutto è "dio" che coincide con il Dio del nostro pensiero creativo.

Si può rispondere, finalmente, alle tre domande della conoscenza che caratterizzano l’Essere figlio di "dio":

Chi è l’uomo? Dove può arrivare? Con quale tecnologia?
L’uomo, configurato dalla “coscienza fisica”, è il figlio di "dio" dell'Energia (1a risposta); può arrivare alla coscienza universale (2A risposta), attraverso la sua stessa coscienza rivelata (3A risposta).


La coscienza è Dio, e l’uomo è l’unico Dio vivente.

L’uomo reale, attraverso la coscienza rivelata, dialoga incessantemente con Dio. Dio è il pensiero perfetto, l’amico che consiglia, incoraggia, colmando l’uomo del suo abbondante e “gioioso” amore.

L’uomo dialogando con Dio ha in sé tutto il potenziale della precognizione, perché l’immensamente grande della mente umana conosce l’apparente complessità di esperienze, di emozioni, sentimenti e sensazioni, il tutto riconducibile allo stato puro della “mente fisica” ("dio" dell'Energia) che la rende esplicita. L’uomo, finalmente, conoscendo tutti e tutto vive per il fine unico della sua esistenza:

Il fine unico dell’esistenza dell’uomo, oltre a preservare il divenire della natura provvidente, è rendere reale il “sogno” del padre per vivere di Amore universale che tutti e tutto unisce.


Per vivere la vita esperienziale Divenire basta riflettere sui Principi della libera rappresentazione fisica e adottare soluzioni causali/finalistiche, votate alla nostra testimonianza e della natura.

Per vivere la vita emozionale dell’Essere puro o figlio di "dio", l’uomo deve, esprimendo i Principi della libera espressività creativa, “amare” prima di “pensare” per rendere reale il “sogno” donatogli dal padre, il Paradiso della natura provvidente conseguendo in essa il suo sogno: Lo Stato provvidente.


L’uomo, per realizzare Lo Stato provvidente, deve innanzitutto salvare il Divenire di tutta la natura vivente, reinterpretando tutte le sue conoscenze scientifiche e tecnologiche alla luce del principio entropico/sintropico o causale/finalistico, che individua le integrazioni tecnologiche da apportare ai sistemi produttivi affinché la natura possa ritornare provvidente e, senza “ribellarsi”, rigenerare le sue risorse.

Tutto ciò non potrà avvenire se l’uomo non raggiunge un grado sufficiente di ragionevolezza facendo interagire i complementari opposti del pensiero politico liberale e sociale i quali costituiscono una unità inscindibile, indispensabile per l’equilibrio intellettuale del singolo e per armonizzare il governo dei popoli.


Evoluta questa dimensione intellettuale, l’uomo considera il tempo spazializzato soltanto per ordinare gli eventi quotidiani e poiché i ricordi passati danno certezza alle aspirazioni future permea, con il suo Pensiero l’intero universo, si guarda attorno e sa di vivere come "dio" l’eterno sempre-presente.

Quando l’uomo con il nuovo corredo di esperienze acquisite umanizza "dio", condivide la sua creatività libera, bella e spensierata con tutti i suoi simili e, con rinnovato entusiasmo, dona agli altri le proprie attenzioni e, poichè gli altri fanno altrettanto, si sente ricco, da tutti considerato, amato e utile alla vita.


Questa dimensione intellettuale oltre a far gustare l’illimitato e abbondante amore libero, bello e seducente che configura noi e tutto l’universo, ci rivela ogni desiderata conoscenza, infatti, "dio" che tutto configura, unifica e spiega, attraverso la coscienza rivelata, adesso vede, sente, parla e, meravigliandosi del suo paradiso, conosce se stesso: l’uomo reale del terzo millennio.


L’uomo reale del terzo millennio si pone con atteggiamento eroico, perché conosce visivamente ed espressivamente "dio", suo padre.
Ha in sé frammenti dell’antica tragedia greca. Osa gettare lo sguardo nell’orrido della condizione umana e, contemporaneamente, esprime la grande gioia che alimenta la vita quando essa è vissuta senza tabù e in tutta la sua naturalità.
L’uomo reale, quindi, è chi sa interpretare al meglio la vita perché ha conciliato il suo istinto "dio"nisiaco e la razionalità apollinea. È chi accoglie la vita in tutte le sue manifestazioni e, senza recriminare, guarda in faccia le dure avversità accettando la fatalità, ma non passivamente perché è un uomo libero dalla morale e dalle credenze popolari.
L’uomo reale ha in sé le ragioni per condurre la sua esistenza e senza risentimento, senza sete di vendetta, assume la sofferenza generata dall’uomo apparente, la accetta eroicamente ogni istante tanto da imprimere al non-Essere, alla morte intellettuale e al Divenire dell’uomo apparente il carattere dell’Essere.
L’uomo reale, avendo rivelato la propria coscienza, sa che la sua salvezza passa dalla travagliata riconversione culturale dell’umanità e non può vivere in modo passivo forte della consapevolezza di porre rimedio ai mali del mondo senza condannare il peccatore.
L’uomo reale essendo protagonista assoluto della sua nuova esperienza di vita, votata a vivere in funzione dell’unità della sua moltitudine, prende dalla natura ciò che gli è necessario senza ferirla, preservandola. Ciò che è in abbondanza lo lascia ai suoi simili e senza accumulare ricchezze, risolve le sue contingenze naturali del Divenire (alimentarsi, domiciliarsi, testimoniarsi) pensando agli altri e, condividendo felicemente con il resto dell’umanità la provvidente natura e la ricchezza prodotta, pensa anche a se stesso. Con un simile Pensiero basta poco per essere felice.
L’uomo reale, non condivide la ricchezza in senso caritatevole, ma come opportunità per risvegliare nei suoi simili il diritto e il desiderio di esistere. L’uomo reale converte la fede che colma l’ignoranza dell’uomo apparente in ragione, trasforma la speranza che ripone ad altri la soluzione delle proprie contingenze della vita in certezza, sostituisce la carità, il dono di una necessità data all’altro uomo, che non porta benefici durevoli con la Provvidenza la quale, investendo ogni singolo uomo, è il dono indiretto e durevole delle attenzioni amorevoli della sua moltitudine.
L’uomo reale, inoltre, converte in dote i sette vizi capitali: la superbia in modestia, l’avarizia in beneficienza, la lussuria in agape, l’invidia in ammirazione, la gola in condivisione, l’ira in perdono e l’accidia in operosità profetizza così l’alba del nuovo giorno che verrà.
A differenza dell’uomo saggio orientale, l’uomo reale occidentale si è dotato de "La Dottrina della Ragione", raggiungendo il livello più alto di consapevolezza in cui non vi è differenza tra Pensiero ed Energia, tra mente e natura, tra uomo e universo, tra minimo e massimo.


L’uomo reale si guarda attorno e vede l’orrido che ha generato l’uomo apparente, osserva l’amore ferito della natura e la sofferenza che non ha saputo evitare avendo percorso la via tracciata dalla ragione limitata dal senso della vista. Da uomo reale riconoscendo suo padre e il paradiso donatogli, redime il peccato originale scaturito dalla nascita della disobbediente ragione e inizia a riscattare tutti i mali lievitati a dismisura per l’ignoranza dell’uomo apparente.


Durante la prima fase del riscatto culturale l’uomo reale senza vergognarsi delle scelleratezze che imperversano il mondo, deve abbandonare l’ipocrisia dell’ombra e dirigersi con determinazione e sicurezza verso la luce di "dio" che lo sostiene; come un raggio di sole deve con umiltà posarsi su tutto e senza sporcarsi dissolvere la miseria intellettuale che è la vera povertà che imperversa nel mondo.

La sua azione di nobile grandezza deve combattere con la verità filosofico/teologica l’orrido provocato dalla miopia intellettuale dell’uomo apparente; così la giustizia vestirà i panni della misericordia e la natura recupererà la sua provvidenza.

Durante la seconda fase del riscatto l’uomo reale, da politico provvidente, essendo nella sua piccolezza misericor"dio"samente grande, deve legiferare per realizzare il Sommo Bene: lo Stato provvidente in cui ogni uomo reale o comune che sia possa vivere felice e spensierato l’Amore universale insieme ai propri fratelli.


L’Essere puro, incarnato nell'uomo reale, è angosciato, consapevole delle fatiche da affrontare per riscattare l’intera umanità; riconosce le omissioni e, assumendo tutti i mali generati dall’uomo apparente, inizia a vivere intensamente e sulla Terra il “Purgatorio”, pregustando il suo “Paradiso” che già osserva.

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La relazione tra "dio" e l’uomo


Il percorso rappresentativo dell'arte ha identificato la ragione con la coscienza e ha certificato che nell’universo esistono due divinità separate, l’increato "dio" dell’Energia, testimoniato da ogni “particella” elementare che agisce nel buio del limitatamente piccolo, e il creativo Dio del Pensiero testimoniato dall’uomo che agisce nella luce dell’immensamente grande dell’universo. Il primo "dio" in assenza di volontà, si rende sacro e, insieme alla sua incommensurabile e armoniosa moltitudine, rappresenta ogni spaziotempo visibile e invisibile; il secondo Dio, l’uomo, dotato di ragione, osserva "dio" e ciò che rappresenta e lo esprime, traducendolo in parola e in verbo.

L’uomo, non avendo nessuna interazione polare di tipo fisico con "dio" che ne stabilisce la complementarietà diretta (libero arbitrio), può esprimere in libertà ciò che "dio" stesso rappresenta.

Detto questo, considerando il rapporto diretto tra la creativa ragione che ha scoperto l’increato “dio” dell’Energia e rivelato l’increato Dio del Pensiero della coscienza umana, l’uomo, il creativo Dio vivente è intellettualmente complementare a "dio" e, dal momento che in tutto l’universo non v’è un solo essere che ha la capacità di comprendere, "dio" e Dio esistono solo nella mente dell’uomo.

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Le peculiarità di "dio" e dell’uomo reale


Con l’esperienza visiva dell’increato “dio” dell’Energia, che tutto configura, unifica e spiega, si conoscono le sue più rilevanti peculiarità e anche le caratteristiche dell’uomo reale, del creativo Dio del Pensiero.

L’increato "dio" dell’Energia è:

  • Ogni “particella” elementare che antepone il futuro al passato;
  • Il «motore» dell’universo, perfetto in sé;
  • Spaziotempo assoluto in moto nel “buio” del limitatamente piccolo dell’universo.
  • Il sempre-presente rigenerativo increato della spensierata “mente fisica”;
  • L’infinito rappresentato in modo finito, che è in tutto, ma non coincide con il tutto;
  • Il reale che con la sua armoniosa moltitudine si astrae e diviene apparente nella natura visibile;
  • La forma che con la sua armoniosa moltitudine si astrae e diviene configurazione visibile;
  • L’universale che con la sua armoniosa moltitudine si astrae e diviene particolare visibile;
  • La “coscienza fisica che diviene stato di non-coscienza della natura: “Sogno” di "dio" o Paradiso;
  • La fonte originaria di ogni inimmaginabile rappresentazione fisica e vivente;
  • La “ragione oggettiva priva di volontà, libera di rappresentare l’impensabile Natura provvidente;
  • “Amore assoluto sufficiente a se stesso, diffuso in tutto l’universo;
  • L’immanente increato che configura l’uomo: il trascendente e creativo Dio del Pensiero.


Le peculiarità dell’increato “dio” verificano le caratteristiche del creativo uomo reale del terzo millennio.

L’uomo reale è:

  • L’uomo che antepone l’azione di amare a ogni pensiero;
  • L’essere supremo dell’universo completo in sé perché osserva e conosce suo padre;
  • La parola e il verbo di "dio" incarnato che si esprime nella luce dell’immensità dell’universo;
  • La testimonianza dell’amore espresso dal creativo Pensiero della mente umana;
  • Il finito vivente che esprime l’infinito “amore” che configura il tutto;
  • L’uomo che trascende il Divenire dell’uomo apparente per vivere l’Essere figlio di "dio";
  • La configurazione che esprime in tutte le sue possibilità, la bellezza della forma di "dio";
  • Il particolare vivente che esprime in ogni sua creazione l’universale cioè "dio";
  • La coscienza universale consapevole di vivere nel Paradiso terrestre (dono di "dio" padre);
  • La fonte espressiva originaria di ogni immaginabile e ammissibile espressione;
  • La ragione soggettiva libera, capace di intendere e di volere il Sommo Bene: Lo Stato;
  • L’amore sufficiente a se stesso e a tutti perché esprime l’Amore fraterno o universale;
  • Il trascendente creativo che estende l’opera libera dell’immanente e increato "dio" dell’Energia.

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Polarità e Dialettica


Dalla complementarietà intellettuale tra la polarità rappresentativa di “dio” e la dialettica espressiva dell’uomo, sorge la dialettica rappresentativa che decreta la fine della filosofia intuitiva tradizionale e l’inizio del filosofare dialettico riflettendo sull'esperienza visiva e, quindi, oggettiva di osservare “dio”.

Per il Principio dell’esatta conoscenza la sana dialettica dell’uomo, che non è quella espressiva della filosofia tradizionale, ha come riferimento la polarità rappresentativa di “dio” ovvero l’inversione spaziotemporale fonte originaria di ogni rappresentazione e, quindi, di ogni conoscenza.


Come la polarità rappresentativa dell’increato "dio" dell’ENERGIA, il futuro che precede il passato, governa e configura tutto l’universo fisico e vivente, così il PENSIERO umano se riferito alla rappresentazione polare di "dio" governa la dialettica rappresentativa ovvero l’arte di argomentare, polarizzando e riflettendo concetti opposti potenzialmene contenuti e simbolicamente rappresentati dallo stesso "dio".


in che modo la polarità di "dio" si converte in dialettica rappresentativa?

La polarità fisica, come già appurato, è testimoniata dallo spaziotempo assoluto di "dio" (“particella” elementare) cioè dal rapporto di reciproca dipendenza di due eventi polari contrapposti costituenti un’inscindibile Unità: spaziotempo divergente o entropico ( + ) e spaziotempo convergente o sintropico ( - ).

La polarità assoluta di "dio" (+ / -) diviene polarità relativa tra campi elettromagnetici + / - di “particelle” che configurano dall’atomo all’intero universo e polarità inerziale relativa a sostanze, generi e mutamenti, ciò implica l’interazione di EVENTI simmetrici opposti tali che, ciascuno di essi, pur essendo avversato e limitato dall’evento contrario, trova in quest'ultimo la sua ragion d'essere, il suo equilibrio dinamico, la sua complementarietà perché l'uno non può esistere senza l'altro e viceversa.


Ricordiamo che dalla polarità di "dio" scaturiscono i Principi universali della libera rappresentazione fisica (Simmetria degli Eventi, Conservazione dell’Energia, Minima Azione) convertiti in Principi della libera espressione umana (Complementarietà degli Opposti, Divenire, Essere figlio di "dio"); quindi, come i principi rappresentativi di "dio" , emanati dalle incommensurabili “particelle” elementari (fenomeni elettromagnetici), modellano con suprema sintesi l’architettura di eventi complementari (campi eletromagnetici opposti) che configurano tutto l’universo visibile e invisibile così i principi espressivi dell’uomo governano la dialettica rappresentativa, la spontanea razionalità del linguaggio umano scaturita dall’interazione di concetti complementari che in "dio" riscontrano la loro rappresentazione.


In definitiva:

La dialettica rappresentativa espressa dall’uomo,che ha accantonato l’obsoleta dialettica espressiva, scaturisce dal rapporto di reciproca dipendenza interattiva di due concetti contrapposti costituenti una inscindibile unità dialettica tra soggetto e oggetto: il concetto divergente istintivo e il concetto convergente riflessivo; quest’unità dialettica, come già detto e ripetuto è facilmente verificabili attraverso lo spaziotempo assoluto o polare rappresentato da "dio" (“particella” elementare), fonte originaria di ogni rappresentazione e conoscenza, anche espressiva.

La dialettica rappresentativa che fluisce dall'unione dei Principi espressivi dell’uomo e rappresentativi di "dio", implica l’interazione di CONCETTI simmetrici opposti tali che, ciascuno di essi, pur essendo avversato e limitato dal concetto contrario, trova in quest'ultimo la sua ragion d'essere, il suo equilibrio dinamico, perché l'uno non può esistere senza l'altro e viceversa. Entrambi i concetti complementari opponibili costituiscono un’inscindibile unità logica o ragionevolezza.

La sana Dialettica Politica esamina argomenti legislativi simmetrici finalizzati alla libertà creativa individuale e al felice lavoro collettivo. Solidarietà, Salvaguardia e Sinergia sono gli imperativi del reale legislatore quando nel suo intelletto interagiscono le componenti complementari opposte della coscienza, coscienza etica sociale e coscienza estetica liberale le quali ispireranno l’unico ed eccelso movimento politico: il Socialismo liberale o il Liberismo sociale, promotore de Lo Stato provvidente.

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I fondamenti della psicanalisi


La mia esperienza insegna: quando nell’intelletto la creativa ragione espressiva/lessicale apparentemente logica, si identifica con l’increata coscienza rappresentativa/simbolica realmente logica, il sogno riconciliatore apparentemente illogico scompare. Questo evento certifica l’avvenuta riconciliazione della ragione con la coscienza, dell’uomo con il Dio del Pensiero e conseguentemente con il “dio” dell’Energia (mente = natura)e verifica la coerenza del percorso rappresentativo dell’Amore tracciato dall’arte.


Il sogno, quindi, è la riconciliazione simbolica tra le reali e razionali percezioni rappresentative della coscienza (natura) e le apparenti e irrazionali esperienze espressive fatte e subite dalla ragione (mente). Identificata la ragione con la coscienza, scomparso il sogno riconciliatore, durante il sonno si ha la visione reale dei desideri e dei nostri timori, che guidano la nostra nuova, logica e bella esperienza di vita.


Con la rivelazione della coscienza umana vera ragione, il termine dell’emozionalità “psiche”, sinonimo di intelletto, conserva il suo significato originale; i termini “conscio”, sinonimo di attività cosciente dell’individuo, “inconscio”, sinonimo di attività di non-coscienza dell’individuo, e “subconscio”, sinonimo di attività interattiva di confine tra “conscio” e “subconscio”, sono diventati termini inadeguati all’espressività dell’uomo reale.


Il “conscio”che, con le logiche esperienze della ragione espressiva governa il Divenire umano, si credeva fosse lo stato di coscienza dell’individuo, in verità è lo stato di non-coscienza dell’individuo, poiché praticato nell’apparente natura visiva, nel “sogno” dell’increato "dio" dell’Energia. In verità il linguaggio della ragione espressiva che fa riferimento all’apparente natura, è apparentemente logico!


È evidente, nessuno può negarlo: l’uomo, nonostante le esperienze "logiche" del Divenire poiché non integrate dalle esperienze emotive dell’Essere, sta vivendo la fase più irrazionale della sua esistenza.


L’“inconscio”, che con le simboliche percezioni della coscienza rappresentativa governa l’emozionalità umana, si credeva fosse lo stato di non-coscienza dell’individuo, è in verità lo stato di coscienza dell’individuo, svolto dal reale invisibile, dall’increato Dio del Pensiero ovvero dalla stessa coscienza.


Il “subconscio”, che si credeva fosse l’attività interattiva di confine tra quella conscia (espressiva/lessicale) e inconscia (rappresentativa/simbolica) dell’individuo, in verità, testimonia l’attività globale dell’intelletto, quella interattiva tra la ragione espressiva esplicata nell'apparente natura (attività lessicale apparentemente logica) e la coscienza rappresentativa del reale (attività simbolica realmente logica), da cui deriva il sogno riconciliatore o intuizione simbolica.


Dopo che la ragione ha lievitato le sue esperienze sino a includere le percezioni della coscienza (segni estetici), il conscio si identifica con l'incoscio, la ragione espressiva lessicale con la coscienza rappresentativa simbolica e tutto diventa consapevolezza nel pieno significato del termine: le attività esperienziali espressive del Divenire si espandono sino ad includere le attività emozionali rappresentative dell’Essere da cui scaturisce intuizione riflessiva.


Tutto è coscienza e ragione, ma l’amore è l’unica ragione dell’universo, e allora: ragione, coscienza, "dio", amore e bellezza in noi sono un tutt’uno.


Le malattie della mente derivano dalla reazione della coscienza individuale' a un ambiente inadeguato, creato dalla ragione collettiva che per lungo tempo ha ignorato “dio”; quindi la salubrità della mente nella fase di conversione culturale, indipendentemente dall’ambiente creato dalluomo apparente malato di ignoranza, è garantita dalla sua stessa ragione se si indottrina sin dall'età scolare a rivelare la sua stessa coscienza osservando e studiando l’increato "dio" dell'Energia.

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I grandi temi teologici e filosofici.


Con la scoperta dell’increato "dio" dell’Energia e la conoscenza delle sue più rilevanti peculiarità, si dà definitiva soluzione ai seguenti grandi temi teologici e filosofici.

Panteismo
Panenteismo
Immanenza e trascendenza
Contingenza e determinazione
Bene e male
Libero arbitrio e ascesi mistica
Intelletto universale, “materia”, vita e anima



Il Panteismo

Il Panteismo è composto dei termini greci πάν «tutto» e ϑεός «dio». ‘Tutto è Dio’.

Per il panteismo, l'universo è equivalente a 'Dio'; ma per le peculiarità di “dio” dell'Energia, il Tutto non è 'Dio', poiché l’increato "dio" dell’Energia, testimoniato da ogni “particella” elementare, insieme alla sua incommensurabile e armoniosa moltitudine, configura il Tutto nelle sue parti, dall’atomo all’intero universo senza interferire nell’agire umano. Il Panteismo è smentito dalla sua stessa definizione.

Sant’Agostino rigettò il panteismo per i seguenti motivi:

«Ma c'è un motivo che, al di là di ogni passione polemica, deve indurre uomini intelligenti o comunque siano, perché all'occorrenza non si richiede un'alta intelligenza, a fare una riflessione. Se Dio è la mente del mondo e se il mondo è come un corpo a questa mente, sicché è un solo vivente composto di mente e di corpo ed esso è Dio che contiene in se stesso tutte le cose come in un grembo della natura; se inoltre dalla sua anima, da cui ha vita tutto l'universo sensibile, vengono derivate la vita e l'anima di tutti i viventi secondo le varie specie, non rimane nulla che non sia parte di Dio. Ma se questa è la loro tesi, tutti possono capire l'empietà e la irreligiosità che ne conseguono. Qualsiasi cosa si pesti, si pesterebbe una parte di Dio; nell'uccidere qualsiasi animale, si ucciderebbe una parte di Dio. Non voglio dir tutte le cose che possono balzare al pensiero. Non è possibile dirle senza vergogna». (La Città di Dio, Libro 4 Cap. 12).
«Riguardo allo stesso animale ragionevole, cioè l'uomo, la cosa più banale è ritenere che una parte divina prende le botte quando le prende un fanciullo. E soltanto un pazzo può sopportare che le parti divine divengano dissolute, ingiuste, empie e in definitiva degne di condanna. Infine perché il "dio" si arrabbierebbe con coloro che non lo onorano se sono le sue parti a non onorarlo?»
(La Città di Dio, Libro 4 Cap. 13).


Per esattezza, il concetto di “Dio – Uno – Tutto”, nel XIX secolo si presenta in due versioni, cosmistica e acosmistica, che avvicinano il panteismo al panenteismo. La versione ‘cosmistica’, che afferma ‘Dio è in Tutto’. Questa intuizione è comprensibile se si conosce come l’increato "dio" dell’Energia, perfetta unità della sua incommensurabile e armoniosa moltitudine (“particelle” elementari), rappresenta ed è in Tutto senza contenerlo.

Anche quella "acosmistica", che afferma "Il Tutto è in Dio", è un’intuizione comprensibile se, escludendo l’azione dell’uomo e i suoi prodotti, si traduce in espressione la rappresentazione di "dio" dell'Energia: infatti, "dio" anteponendo tutto il “pensabile” (spaziotempo futuro) al possibile “pensato” (spaziotempo passato) senza contenerlo diviene, insieme alla sua incommensurabile moltitudine, in ogni apparente possibilità della natura visibile e invisibile.



Il Panenteismo

Il Panenteismo dal tedesco panentheismus, deriv. della loc. gr. pân en theôi ‘tutto in "dio"’.Tutto in Dio.

Per il panenteismo 'Dio' è il creatore, la forza animatrice dell'universo, che lo pervade costituendo tutte le cose. Questo 'Dio' panenteista è accessibile a diverse religioni, ma nello stesso tempo è vago, perché i concetti su cui si basa corrispondono solo parzialmente alla reale rappresentazione dell’increato "dio" dell'Energia.

Il primo concetto è che "dio", l’“amore assoluto”, il Perfetto essendo increato e non essendo creatore non può creare all’esterno di sé ma, ciò che è perfetto dentro lo è anche fuori, così, esternando i Principi della libera rappresentazione fisica, senza volontà, configura il Tutto, insieme alla sua incommensurabile e armoniosa moltitudine (“particelle” elementari).

Il secondo concetto riflette sulla sua rappresentazione: "Dio" dell'Energia antepone lo spaziotempo futuro a quello passato, “il pensabile al pensato”. Affermare “Tutto in Dio” non è del tutto esatto, perché "dio", così limitatamente piccolo, non contiene il tutto come già pensato, ma come pensabile, come atto di potenza della sua azione rappresentativa libera e priva di preferenze.



L’immanenza e la trascendenza

L’increato "dio" dell’Energia è immanente e l’uomo, il creativo Dio del Pensiero è trascendente.

"Dio" dell’Energia è perfetto in sé ed essendo una cosa perfetta è privo di volontà, immanente e libero; così, condividendo se stesso con la sua incommensurabile e armoniosa moltitudine, diviene senza volontà in tutti i particolari visibili e invisibili dell’universo.


Il termine immanenza, escludente la volontà, riferendosi a “ciò che è dentro”, esprime il concetto inverso a quello di trascendenza; l’immanenza divina è disciplinata dai Principi universali della libera interazione causale/finalistica della testimonianza di ''“dio”'' che è ''“amore”'' il quale rappresenta l'intero universo.

L’immanenza è integrata a “dio”, anzi lo rappresenta e non ha un'esistenza esterna, separata; ma ciò che è dentro è anche fuori; così, l’immanenza di "dio" esternando i Principi della libera rappresentazione fisica condivisi con la sua armoniosa e incommensurabile moltitudine giunge a configurare la natura provvidente.

L’uomo di immanente ha in sé l’increato “dio” dell’Energia che lo configura e l’increato Dio del Pensiero testimoniato dalla coscienza umana, nata a immagine e somiglianza di “dio”. La coscienza essendo increata cioè natura, è immanente verso la creativa ragione, la quale può rappresentare ed esprimere all’esterno di se l’amore che la stessa coscienza (Dio) e lo stesso “dio” dell'Energia testimoniano e rappresentano.


Il termine trascendenza, includente la volontà, riferendosi “a ciò che è fuori”, esprime il concetto inverso a quello di immanenza. La trascendenza è l’esperienza culturale sensibile di chi sperimenta la vita dell’Essere figlio di "dio", rendendo reale l’apparente “sogno” del padre donato al figlio: il Paradiso terrestre.

L’uomo quando con la rappresentazione indottrina la ragione alla vita dell’Essere figlio di "dio", supera l’esperienza sensibile del semplice Divenire ed è libero, come il padre, nella sua moltitudine.

Soltanto l’uomo può trascendere la condizione del Divenire, quando indottrinandosi a "dio", osserva la natura visibile e in essa riconosce il “sogno” di "dio" padre: il vero Paradiso terrestre.

I due termini, “immanenza e trascendenza”, segnano il percorso dell’amore: quello immanente in andata, dell’increato "dio" dell’Energia che senza volontà, libero di rappresentare l’impensabile moltitudine delle specie, giunge a configurare l’uomo; e quello trascendente di ritorno, con il quale l’uomo, avendo rivelato l’increato Dio del Pensiero della sua coscienza, volontariamente ritorna a ricongiungersi a "dio", suo padre.



La contingenza e la determinazione

L'increato "dio" dell’Energia, perfetto in sé, include la contingenza come atto di possibilità e la determinazione come atto di accettazione, cioè include la causalità (il pensabile) e la finalità (il pensato) come atto di potenza e di libertà assoluta escludente la volontà.

Ciò conferma che tutte le configurazioni di "dio", visibili e invisibili, scaturiscono dalla causalità finalizzata alla testimonianza assoluta rigenerativa di se stesso che con la sua incommensurabile armoniosa moltitudine diviene testimonianza relativa, intorno ai centri orbitali (atomi, molecole e biomolecole, sistemi planetari, galassie), e testimonianza riproduttiva degli esseri viventi vegetali e animali.

Anche la natura visibile include la contingenza come atto di imprevedibilità e la determinazione come atto di soluzione, osservabili ad esempio in una calamità naturale; ogni qual volta che la natura, in perenne mutamento, subisce uno squilibrio, cerca di riequilibrarsi con una imprevedibile soluzione, che esclude l’atto di volontà. Se l’uomo, il creativo Dio del Pensiero, considera la contingenza come atto di previsione e la determinazione come atto di decisione e volontà, può prevedere qualsiasi evento naturale, determinandone la soluzione; viceversa, per l’uomo egoista e ignorante la contingenza naturale diventa imprevedibile e la sua determinazione pura ostilità.



Il bene e il male

In natura il bene e il male non appartengono alla stessa categoria e non possono considerarsi complementari opponibili. L’unità degli opposti, infatti, è contemplata nei Principi universali della libertà increata di "dio", di tutte le "particelle" elementari di Energia che rappresentano nell’universo l’armonia della testimonianza: l’“amore fisico”.

"Dio" dell'Energia è “amore”, quindi è l’unità di tutti i contrari compresi nella categoria rappresentativa dalla quale scaturisce soltanto il bene.

Il bene è testimoniato da "dio" e dalla sua natura e appartiene alla categoria rappresentativa, mentre il male appartiene alla categoria espressiva dell’uomo quando ignora e non esprime "dio".

Il male o “demonio” è frutto dell’ignoranza umana, della disobbedienza al bene.

Se l’uomo conosce l’increato "dio" dell’Energia, esprime soltanto il bene e il male svanisce.

Il bene e il male, quindi, appartengono a categorie diverse, e non possono considerarsi contrari opponibili.

Soltanto dall’interazione complementare di due opposti appartenenti alla medesima categoria scaturisce l’equilibrio dinamico dell’armonia rappresentata da "dio" ed esprimibile dall’uomo.



La volontà, il libero arbitrio e l’ascesi mistica

L’uomo con il suo intelletto non è una parte di "dio", poiché è "dio" che lo configura nelle sue parti; quindi è libero da "dio", ma non da se stesso, se non raggiunge con volontà la sua perfezione.

Il "dio" dell’Energia, fonte esauriente di ogni nostro pensiero, insegna anche come essere spensierati, liberi e felici nella moltitudine; esso, rigenerandosi nelle incommensurabili origini, antepone lo spaziotempo futuro a quello passato, il “pensabile” al “pensato”, l’azione al pensiero, quindi non pensa.

L’azione di "dio" è “ cieco amore” privo di volontà, perciò è in potenza libero di rappresentare tutti i particolari dell’universo fisico e vivente, inimmaginabili da chi è in grado di intendere e di volere.

L’uomo è in grado di scegliere e di attuare una preferenza, l’increato "dio" dell’Energia, invece, non fa preferenze; ciò gli ha consentito di configurare la molteplice ricchezza dei variegati esseri viventi vegetali e animali conosciuti, testimoniati liberamente in totale assenza di volontà.

L’uomo è libero perché può scegliere tra le innumerevoli necessità che "dio" stesso gli ha donato; invece non è libero, ma schiavo di se stesso, se la sua scelta non è indirizzata all'Amore fraterno.

La libertà dell’uomo, paradossalmente, non è nell’affannarsi per ottenere ciò che già "dio" gli ha donato, ma è nella scelta di indirizzare con volontà la sua azione alla costruzione attraverso la famiglia, la comunità e lo Stato provvidente del Sommo bene per essere, aggiungendo la spensieratezza come “dio”, armonioso e libero nella sua moltitudine.

L’uomo per essere libero deve rispettare e assecondare la ricchezza del “lavoro provvidente” gratuito prodotto dal “giardino di dio”, senza ideare attività parassite che impoveriscono la ricchezza del giardino e la dignità e la ricchezza di chi ci lavora preservandolo.

L’uomo che pensa con cupidigia a soddisfare le necessità della vita limita la sua libertà; è libero soltanto quando pensa a realizzare l’Amore frateno, come “dio” insegna.

L’uomo stolto non comprende che alle necessità della vita ha già provveduto “dio”, e che nella natura provvidente ha rappresentato la sua parola:

Figli miei, non vi affannate per le necessità. A tutte le necessità ho pensato io; io vi ho donato il Paradiso e non lo avete riconosciuto. Non siate litigiosi ed egoisti, fate crescere nel paradiso ciò che per voi è più buono e condividetelo con tutti i fratelli. Fate invece ciò che io non posso fare, estendete la bellezza di ogni particolare del vostro paradiso e, amandovi l’un l’altro, realizzate il Sommo Bene per essere liberi nella moltitudine, come sono io”.


Si è liberi, spensierati e felici soltanto quando si è privi di volontà? O si è liberi, spensierati e felici anche quando, conoscendo "dio", si esprime quell’«amare pensando» in cui l’azione anticipa ogni nostro pensiero?

L’umiltà assoluta dall’illimitata potenza di "dio" padre ha consentito all’uomo figlio una reale uguaglianza!

Se il "dio" dell’Energia, privo di volontà, ha liberamente rappresentato tutto il “pensabile” della natura, l’uomo, il Dio del Pensiero, beneficiando di tutte le necessità che "dio" gli ha donato, il “pensato” esistente nel Paradiso terrestre, ha tutte le condizioni per essere spensieratamente felice se con libero arbitrio sceglie di vivere la salubrità e la semplicità dell’Essere puro o figlio di "dio", preservando ed estendendo la provvidenza della bella natura.

Quando l’uomo al calar della sera visibilmente felice afferma: “Ho trascorso una giornata spensierata”, cioè priva di pensieri, non ha forse pur lavorando imitato suo padre?

L’uomo può scegliere liberamente se assecondare l’unica imposizione di "dio", cioè amare abbondantemente per essere, spensierato e felice nella propria moltitudine come libero è "dio" nella sua, oppure seguire una propria via che non potrà mai eguagliare quella di "dio".

Si può essere liberi, spensierati e felici nella propria moltitudine se si ama abbondantemente; questa è l’unica condicione che eleva l’uomo sopra il dovere. Ciò presuppone la piena consapevolezza da parte dell’uomo, che non ammette ignoranza di nessun genere, di aver raggiunto, attraverso la conoscenza di “dio”, la massima razionalità. Conseguentemente l’uomo, illuminato dalla sua ragione, sperimenta e comprende pienamente la sua relazione con “dio”: lo incarna e gli dà voce e amando tutti e tutto, trascende l’apparente natura visibile che comprende come “sogno” del padre a lui donato e vive da essere supremo la realtà dell’amore che lo fonde con l’intero universo.

È l’ascesi mistica, dinamica e riflessiva, dell’amore ragionato e libero, bello e felice dell’uomo reale che si specchia in "dio", nei particolari nella natura e in tutti i suoi simili.

L’uomo diventa parte integrale dell’universo e, nello stesso momento, non dissimile dal tutto.



L’“Intelletto universale”, la“materia”, la vita e l’“anima”

Se penso a Giordano Bruno, bruciato vivo per aver espresso dei concetti inerenti al titolo di questo paragrafo, dei brividi scorrono lungo la mia schiena.

L’increato "dio" dell’Energia, anteponendo lo spaziotempo futuro a quello passato, il “pensabile” al “pensato”, è l’“intelletto universale” perfetto e libero, privo di volontà, che insieme alla sua incommensurabile e armoniosa moltitudine diviene in tutto il pensabile, “materia” visibile.

La “materia” visibile (inorganica, organica e vivente) ha in sé la “vita” eterna (come esistenza), cioè "dio", l’“intelletto universale” che diviene “vita” relativa (come durata) in tutti i sistemi planetari, dall’atomo all’intero universo e, con riferimento all’ambiente selettivo, diviene vita biologica (come percorso), osservabile in tutti gli esseri viventi.

L’“intelletto universale”, “materia”, vita e anima, sono integrati; la “materia” include l’“intelletto universale” cioè "dio" dell’Energia, che a sua volta è la “vita” e l’anima dell’universo.

Sul concetto dell’immortalità dell’anima è necessario fare definitiva chiarezza, se si desidera realizzare pienamente la propria esistenza.

La vita degli esseri viventi è armonia tra le loro parti biologiche; quando con il mutamento o invecchiamento biologico l’armonia si rompe e avviene la morte dell’individuo, subentrano i mutamenti biofisici della “materia” corporea e soltanto la vita eterna dell’“intelletto universale” di "dio" contenuta in essa resta immutata.

Il «ritornare dal padre» può sembrare deludente, ma non è così come appare!

L’increato "dio" dell’Energia con la sua azione rappresentativa parla:

Non vivete sperando di avere me come premio contemplando il mio Paradiso.
Da padre premuroso non costringerei mai i miei figli alla sosta eterna a contemplare me in un Paradiso che non ho. Voi avete il Paradiso!
La vostra beatitudine si concreta rendendo immortale il percorso della vita nel vostro Paradiso, attraverso i vostri figli, il vostro pensiero creativo e ogni vostra azione.
Dopo una vita beata, all'insegna dell’Amore fraterno, al passaggio del testimone della vita stessa, allo spegnersi della coscienza, in un eterno istante, mi vedrete perché sono io la coscienza.
Figli miei, sono come voi mi avete pensato: un intenso bagliore di luce libero ed eterno, che voi avete reso immortale e immensamente grande con la mia rivelazione.
Chi deve essere eternamente grato: voi a me o io a voi?

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Il “nuovo” sentimento religioso


In passato, nella fase teologica della ragione, il sentimento religioso ha prodotto dottrine della fede che, in assenza dell'increato "dio" dell'Energia scoperto dall’arte, ispiravano “verità” poste in un mondo esterno, parallelo al nostro che, di fatto, non esiste. A poco a poco queste “verità” sono state concepite come assolute.

Per quanto possano essere insostenibili alcune credenze religiose promulgate e per quanto fossero stati irragionevoli gli argomenti adottati, non si può ignorare la verità in essi celata: l’uomo non ha potuto mai negare l’esistenza di Dio che, di fatto, è sempre-presente in ogni coscienza umana.

Accanto alle religioni, poi, nella fase metafisica della ragione è comparsa la scienza fisica, contendente di una sola verità. Le religioni, stimolate dall’increato Dio del Pensiero sempre-presente in ogni coscienza, hanno costruito “verità” che hanno segnato la storia dell’uomo.

La scienza, inseguendo la“verità” della ragione, continuamente messa in crisi dal susseguirsi di nuove scoperte, ha permesso al trascendente ‘Dio’ della fede di esistere.


Con questa Dottrina è iniziata la fase fisica della ragione, caratterizzata dalla visione dell’increato “dio” dell’Energia (“coscienza fisica”) il quale ha stabilito un’armonia fondamentale con l'increato Dio del Pensiero della coscienza umana e ha decretato il loro perfetto accordo.


Esiste una perfetta identità tra “dio” e l’uomo; entrambi sono perfetta armonia della loro stessa moltitudine. Entrambi sono amore e verità; entrambi identificano l'autentico Sentimento religioso che non può essere rivolto né a una “cosa”, a “dio” dell’Energia (amore idolatrico), né all’inesistente è trascendente ‘Dio’ personificato (amore contemplativo) ma all’azione della testimonianza di “dio” dell’Energia che invertendo lo spaziotempo (il futuro precede il passato) unisce tutto, corrispondente a quell’«amare pensando» che nell’uomo, anticipando l’azione al pensiero, unisce tutti nell’Amore fraterno.


L'autentico Sentimento religioso che l’uomo deve appassionatamente vivere non si fonda sull’amore chiuso, statico e contemplativo ma sull’azione diretta dell’amore aperto, dinamico e operoso rivolto l’Amore fraterno o universale già predicato da Gesù di Nazareth.


Il “nuovo” sentimento religioso riferito all’Amore fraterno si realizza in modo pratico se ogni individuo con la scolarizzazione osserva e conosce “dio” dell’Energia. Ogni individuo, seguendo la via della conoscenza rappresentativa, liberamente sceglie di testimoniare con il lavoro la filosofia naturale della vita secondo quell’«amare pensando» che, anteponendo l’azione di amare a ogni pensiero, qualifica il Sentimento religioso dell'Amore fraterno e identifica il Sommo Bene che questo amore realizza: “Lo Stato provvidente” in cui l’uomo può vivere spensierato e libero come lo è “dio” nella sua moltitudine.

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Il Sommo Bene: Lo Stato provvidente


Come "dio" dell’Energia, perfetta unità di tutta la sua armoniosa moltitudine, nell’universo ha configurato con il Paradiso terrestre il suo “sogno”, la natura provvidente (Sommo Bene rappresentativo)ereditata dal proprio figlio, così l’uomo, Dio del Pensiero, unità armoniosa nell’Amore fraterno della sua moltitudine, deve rendere reale il “sogno” del padre costruendo in esso il suo sogno: Lo Stato provvidente (Sommo Bene legislativo) che converte l’apparente natura in reale Paradiso dove vivere spensierati e felici.


Lo Stato provvidente è il Sommo Bene da perseguire; in esso il sentimento religioso dell’Amore fraterno o universale diventa dinamico, azione diretta e bene laborioso, lavoro aperto e sincrono che tutti i cittadini indirizzano alla famiglia, alla comunità religiosa e civile e allo stesso Stato.

L’uomo quando avrà compiuto l’audace balzo e, come "dio" esprimerà l’unità armoniosa della sua moltitudine avrà realizzato, nel “sogno” del padre, il suo reale sogno, Lo Stato provvidente da consegnare ai propri figli, nel suo Paradiso "risorgerà", finalmente, a nuova vita.

Lo Stato provvidente è il presupposto inalienabile per esprimere la vita dell’Essere figlio di "dio", è il Sommo bene, il dono indiretto e durevole che investe ogni singolo uomo, scaturito dall’amorevole creatività libera e altruista della moltitudine dei suoi cittadini, i quali con la scolarizzazione raggiungono la piena consapevolezza di agire correttamente prima ancora di pensare.


In natura ogni specie inferiore contribuisce alla provvidenza della specie superiore, sacrificando una parte di se stessa. Per l’uomo razionale, che non deve sacrificare la sua esistenza, è sufficiente una piccola parte del suo dignitoso lavoro giornaliero donato ai suoi fratelli per alimentare la provvidenza dello Stato.

Lo Stato provvidente, che è giustizia e amore, si fonda sulla Cultura temporizzata dei suoi cittadini scaturita dalla verità fisica, filosofica e teologica espressa direttamente dalla rappresentazione di "dio".

Verità che unifica e armonizza le espressioni complementari della politica insite nella coscienza umana, quella etica/sociale e quella estetica/liberale. Tali espressioni scisse dall’ignoranza hanno prodotto i peccaminosi stati socialisti e liberisti, sfociati nella corruzione e nella perdita della dignità dei loro cittadini.

Lo Stato provvidente, governato dal politico reale socialista e liberista insieme, si fonda sul lavoro creativo dell’uomo sapiente, giusto e sicuramente fortunato.

Lo Stato provvidente è il Sommo Bene che rimargina le ferite del suo territorio, rigenera la natura provvidente, fa proprio il “sogno” di "dio" e lo preserva affinché l’uomo continui il suo “viaggio” nell’universo. Lo Stato provvidente è il progetto inevitabile che l’uomo reale, giustiziere dei peccati che ostacolano la giustizia sociale, deve affrontare per redimersi e rendersi spensierato, come "dio".

La pianificazione de Lo Stato provvidente attraverso i Principi universali caratterizzerà la fase applicativa della ricerca che rinnoverà e coinvolgerà sinergicamente tutte le istituzioni e tutti gli ambiti del sapere.

Com’è facile immaginare, la fase applicativa della ricerca non può svolgersi in solitudine e senza la sinergica volontà politica e religiosa. L’applicazione vasta dei principi fisici ed espressivi che darà sollievo e ottimismo a un popolo ridotto allo stremo, impegnerà molte risorse intellettuali provenienti dalle varie discipline scientifiche, le quali finalmente avranno l’opportunità di dare risposte certificate dallo stesso "dio" alla politica, alla giustizia e all’economica della quale si ha estrema e urgente necessità.

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Gesù di Nazareth


Più di duemila anni fa un solo uomo avendo fede nella parola “udita” ha identificato la sua ragione con l’Amore dell’increato Dio del Pensiero sempre-presente in ogni coscienza umana; così, incarnando il ’Dio’ della fede ascoltato nel tempio, è entrato nella storia per giustiziare, con la sua morte in croce, tutti i peccati del mondo nati dall’ignoranza dell’uomo.

All’inizio del terzo millennio, l’insegnamento di un solo uomo fondato sull'Amore fraterno si è affievolita; il mondo non è stato liberato dai peccati, né l’umanità è risorta a nuova vita, perché ogni uomo “incarna” "l'incredulità di San Tommaso Apostolo”, cioè ha la necessità prima di amare tutti e tutto di “Vedere l'Amore, toccarlo e, ragionare con esso per credere”.

Questa necessità della ragione subordinata al senso della vista è stata soddisfatta dalla ricerca artistica che ha trascinato la ragione oltre il visibile, sino a rappresentare l’origine indifferenziata di ogni configurazione fisica e vivente e di ogni conoscenza: l’increato "dio" dell’Energia.

Osservando "dio" e conosciuti i suoi liberi principi rappresentativi/estetici della testimonianza fisica ed espressivi/etici dell'Amore fraterno, tutto è ragione anche l’atto di fede.


È stato necessario rappresentare l’increato "dio" dell’Energia della teologia naturale, spaziotempo assoluto della fisica, Assoluto della filosofia, forma dell’arte e dell'architettura, per rivelare l’increato Dio del Pensiero della coscienza il quale ben si concilia con l’amato ‘Dio’ della fede della teologia cristiana personificato dal primo uomo reale entrato nella storia: Gesù di Nazareth.


All’inizio del viaggio de La Conoscenza, la ragione era la capacità limitata della mente di esprimere e collegare esperienze dell’universo visivo; con la rivelazione dell’universo non visivo si è compreso che la fede è la virtù della ragione in grado di esprimere anche se con difficoltà la percezione più autorevole: l’esperienza invisibile dell’increato Dio del Pensiero, testimoniato dalla coscienza. La percezione dell’increato Dio del Pensiero non era, quindi, un’esperienza visibile con la quale si poteva ragionare e poiché ancora si dialoga con qualcuno e non con qualcosa, si giustifica la “santa bugia” di un 'Dio' invisibile, impossibile da trovare perché trascende l’umana esistenza.


Grazie all’arte l’uomo del terzo millennio osserva l’increato "dio" dell’Energia padre dell’universo e percependo l’increato Dio del Pensiero della coscienza mato a sua somiglianza, “dialoga” con esso come se fosse 'Dio' personificato, perché non c’è più differenza tra persone, animali e cose.


Con l’odierno sviluppo della conoscenza, l’increato Dio del Pensiero coincidente con il ‘Dio’ della fede se non trascende la quotidianità, è l’uomo stesso, il creativo Dio della ragione che lo incarna avendo raggiunto con questa Dottrina il massimo della religiosa ragionevolezza creativa già espressa da Gesù di Nazareth: l’Amore fraterno o universale che è al di sopra di leggi, dogmi e del dovere.


Il Cristianesimo odierno, così come è diffuso dalla Chiesa di Roma è un sentimento religioso inorganico, è insieme pubblico fondato su scritti testamentari e dogmi tutelati da un ceto separato dai cittadini, il Clero ed è privato perché vissuto in un rapporto personale tra l'individuo e ‘Dio’.

Da ciò si deduce che la comunità in cui domina l’attuale Cristianesimo non è organica, perché gli uomini sono separatamente cittadini e religiosi. Invece il sentimento religioso organico è insieme soggettivo perché impegna la singola persona ed è pubblico poiché basato esclusivamente sull'Amore fraterno che sovrasta dogmi e leggi decretate dalla nostra ignoranza.


Con l’operoso «amare pensando» si supera la scissione tra il cittadino e lo Stato, tra il fedele e la Chiesa; si supera la crisi di ogni popolo perché il sentimento religioso organico privo di dogmi si identifica con le istituzioni civili e religiose come avveniva nella antica Grecia e come si ripropone con Lo Stato provvidente.

Lo Stato provvidente, Sommo Bene da perseguire, comprende una comunità organica di persone le quali sono cittadini e religiosi insieme, liberi attraverso l’amore nella propria moltitudine; così si realizza la vera democrazia che esclude sia l’oppressione della comunità sull'individuo sia l'ingerenza del singolo uomo sulla comunità. È la religione dell’amore predicata da Gesù che porta ad essere liberi, uniti e felici.


Gesù, ebreo che si rivolge agli ebrei, è costretto a presentarsi come Messia, a fondare il cristianesimo, a operare miracoli, a istituire un sacerdozio per conservare il suo insegnamento privo di dogmi perché egli predica non tanto il rispetto di leggi, ma l'Amore.


L'Amore è superiore a ogni legge e al dovere perché il comportamento fondato sull'amore non ha leggi a cui ubbidire. Così l'amore è l’unione di ciò che è apparentemente separato, è l’unità tra l’uomo e Dio ottenuta dopo l'esperienza terribile della separazione; è l'unità di tutti gli uomini con la provvidente natura.


Un sentimento religioso privo di dogmi era quello dell'Ellade antica dove il sacerdote svolgeva anche una funzione pubblica. Il cittadino greco si identificava nella vita dello Stato e della Chiesa.
La religione predicata da Gesù fondata sull’amore e sull'unità degli aspetti razionali e sensibili dell'uomo era molto vicina al mondo greco, capace di godere della natura e di vivere la vita religiosa in comunanza con quella politica; questa unione totale tra l’uomo e Dio si è persa con la morte di Cristo. La scissione tra uomo e Dio è avvenuto nell'ambiente giudaico dove il 'Dio' di Mosè, fornendo le tavole dei comandamenti, divenuti legge, si è scisso dall’uomo, ha così influenzato la dottrina cristiana che, “dimentica” dell’insegnamento originario di Gesù fondato sull’Amore fraterno, si è sviluppata e si è trasformata in senso ecclesiastico e dogmatico.


La Chiesa di Roma deve rigenerarsi nel magistero di Gesù che, insieme a questa Dottrina, insegna come l’Amore rende l’uomo libero nella sua moltitudine. Essa deve riproporsi con un Clero dinamico custode della verità teologica e fisica assoluta e diretto protagonista della storia anche politica della nazione in cui opera essendo divulgatore della “filosofia” di "dio", di quell’«amare pensando» che alimenta il sentimento religioso: l’Amore fraterno o universale privo di leggi e falsi dogmi.

La Chiesa di Roma deve accogliere le scoperte dell’arte per rigenerare l’insegnamento di Gesù, «senza venir meno a propri principi e alla propria autonomia».

L’arte, infatti, rappresentando l’espressione teologica di Benedetto XVI cioè quell’«amare pensando» in cui l’azione di "dio" e di ogni uomo operoso anticipa qualsiasi pensiero, ha visualizzato e ha dato fondamrnto scientifico all’Amore pratico di Gesù riscontrato nell’increato Pensiero della coscienza umana.

È l’«amare pensando» che esprimendo La “filosofia” di “dio”, della natura e della vita, si pone come insegnamento teologico pratico della Chiesa di Roma che permea quello teoretico profuso da "Lo Stato provvidente" durante la fase di scolarizzazione dei suoi cittadini, desiderosi di affrontare la “Rivoluzione di Dio” della Bellezza e dell’Amore che caratterizzerà il terzo millennio. Intanto, per disegnare l’alba del nuovo giorno che verrà, la Chiesa di Roma deve farsi carico della scoperta dell’“amore assoluto”, deve far propria “La Dottrina della Ragione” e comunicare la lieta notizia:

L’increato “dio” dell’Energia incarnato nel creativo Dio del Pensiero, nell’uomo reale del terzo millennio giustiziere dei peccati e misericordioso verso i peccatori, è ritornato e resterà per sempre con noi”.

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L’uomo reale entra nella storia


Il lettore di questa Dottrina, così come il suo autore, non avrebbe mai immaginato che una semplice indagine, mirata a rappresentare il “tempo” dei sentimenti, avrebbe permesso a tutti di compiere il viaggio razionale della rivelazione di Dio e dell’uomo.


L’uomo, finalmente osserva l’increato "dio" dell’Energia posto nel buio del limitatamente piccolo dell’universo, rivela l’increato Dio del Pensiero della coscienza umana, scopre se stesso il creativo Dio del Pensiero e da uomo reale del terzo millennio si pone nella luce dell’immensamente grande dell’universo per rigenerare l’uomo apparente giunto al bivio che può segnare la fine della sua storia.


L’uomo apparente prima di personificare il creativo Dio del Pensiero, l’uomo reale, ha attraversato la fase primitiva o teologica della ragione caratterizzata, a livello planetario, da innumerevoli credenze e divinità, tutte riconducibili all’uso limitato della ragione visiva che cerca di esprimere la percezione non visiva più autorevole dell’increato Dio del Pensiero testimoniato da ogni coscienza umana.

L’uomo, dopo la fase teologica e la comparsa della scienza fisica che ha portato la ragione visiva ai suoi estremi limiti scoprendo la madre di “dio”: l’Energia, ha superato la fase metafisica della ragione, caratterizzata dalla filosofia dialettica soggettiva.

L’uomo con una mirata ricerca artistica ha scoperto e rappresentato l’increato "dio" dell’Energia, rendendolo visibile, comprensibile e limpido in tutti i suoi misteri.

Superata la fase teologica e metafisica, l'uomo, scoperto "dio", dà inizio alla fase fisica della ragione caratterizzata dalla filosofia dialettica oggettiva che ha come riferimento la rappresentazione di "dio".


Per superare le prime due fasi della storia ed entrare in quella fisica della ragione, l’uomo ha espresso ordinatamente e principalmente cinque vie della conoscenza: l'arte, l’architettura, la teologia, la filosofia e la scienza fisica. L’“oggetto” della ricerca delle cinque vie è sempre "dio" anche se sono diversi i vocaboli che lo distinguono: forma per l’arte e per l’architettura, “dio” per la teologia naturale, Assoluto per la filosofia e spaziotempo assoluto per la scienza fisica.

In ogni periodo della razionalità apparente, cioè prima che il creativo Dio del Pensiero personificato dall’uomo reale del terzo millennio entrasse nella storia (1/12/2012), l’uomo coglie il modo soggettivo per esprimere l’Io puro dell’increato Dio del Pensiero testimoniato dalla coscienza umana e, secondo una maggiore o minore sensibilità espressiva, si sviluppa l'ordine di successione delle vie della conoscenza: l'arte, l’architettura, la teologia, la filosofia e la scienza fisica.


L'arte è l’espressione in cui l’Io puro increato del Pensiero, è accolta con immediatezza attraverso l'intuizione sensibile. Nell'arte, infatti, una determinata sensibilità si configura in maniera tale da lasciare trasparire l’Io puro del Pensiero. Non tutte le vie della conoscenza sono ugualmente adeguate a esprimere l’Io puro (Dio). Nel caso dell'arte si assiste a un processo evolutivo di natura percettiva tramite il quale si perviene a una sempre maggiore consapevolezza rappresentativa dell’Io puro o idea pura di Dio, per quanto questa espressione sia consentita dalla sensibilità percettiva.

I momenti fondamentali di tale processo evolutivo coincidono con le cinque grandi determinazioni o fasi della Storia dell’Arteche hanno portato alla scoperta rappresentativa dell’increato “dio” dell’Energia e alla rivelazione dell’increato Dio del Pensiero.


L’architettura sin dalle sue origini è l’espressione rappresentativa in cui l’idea pura del Dio Pensiero della coscienza, è accolta sia con l’immediatezza dell'intuizione sensibile, sia con profonda riflessione.

Essa rappresentando su ampia scala la libertà e la bellezza delle due divinità, dell’“idea assoluta” increata dell'Energia ("dio") e l’idea pura increata del Pensiero (Dio), ha permesso all’artista-architetto, colpito dalla quinta determinazione dell’arte, di riflettere sostando all’interno dello spaziotempo naturale e architettonicamente rappresentato dal quale ha dedotto decisive considerazioni utili alla scoperta di "dio".


La teologia cristiana ha accolto intuitivamente l’idea pura increata del Pensiero (Dio), testimoniata da ogni coscienza umana e con irrazionale riflessione continua a personificarla nel “trascendente” 'Dio' della fede nonostante che Gesù di Nazareth l’abbia riportato sulla Terra.

La teologia cristiana non considera l’unità fisica e teologica tra il corpo e l’anima, tra i due diversi aspetti di ogni rappresentazione: l’aspetto visibile, “materiale” ed esteriore del “corpo”, riferito a un ristretto campo di onde riflesse dello spettro elettromagnetico e l’aspetto invisibile, “spirituale” e interiore dell’“anima”, riferito alle stesse increate “idee assolute” dell’Energia (“particelle”) che configurano il “corpo”.

L’increato "dio" dell’Energia è il «motore», il “corpo” e l’“anima” di ogni configurazione fisica e vivente esistente nell’universo; è lo “spirito santo”, parola (spazio) e verbo (tempo) incarnato che, con i liberi principi rappresentativi dell’“amore”, diviene increato Dio, nel Pensiero dell’uomo.

Questa unità teologica smentisce l’esistenza di divinità trascendenti nelle diverse fedi religiose; l’increato "dio" dell’Energia, testimoniato da incommensurabili e armoniose “idee assolute”, non trascende l’esistenza umana, è palpabile ed esprimibile dall’uomo il quale, finalmente, è consapevole dell’unità teologica tra “corpo” e “anima”.


Se l’arte può celebrare con le sue cinque determinazioni il coinvolgimento percettivo della coscienza umana, che ha segnato il suo percorso evolutivo storico-artistico sino alla rivelazione dell’idea pura del Pensiero (Dio) che essa stessa testimonia, non può vantare ciò la filosofia dialettica soggettiva (arte di ragionare priva di rappresentazione). Essa, essendo un prodotto della ragione impura che basandosi sulla parola e il verbo si riferisce all'apparente natura, non evidenzia un percorso evolutivo percettivo in crescita che stimola la rappresentazione dello spaziotempo polare della coscienza (ragione pura) e, quindi, di Dio.

Le diverse argomentazioni filosofiche che si riflettono sul mondo fenomenico, si sono storicamente succedute per la specifica determinazione intuitiva/espressiva del singolo filosofo e non per l’evoluzione percettiva della sensibilità legata alla rappresentazione.

Se l’arte può datare con l’evoluzione della sensibilità rappresentativa l’ingresso nella storia del creativo Dio della ragione personificato dall’uomo reale del terzo millennio, ciò è negato alla filosofia dialettica espressiva anche contemporanea che non potendo convertire in parola e verbo lo spaziotempo fisico e quindi l’Energia in Pensiero appartiene già al passato.
Viceversa la filosofia dialettica oggettiva, riferita alla rappresentazione polare di "dio", segna un taglio netto con il passato; con essa i filosofi e i teologi avendo a disposizione la rappresentazione dello spaziotempo relativo e assoluto, oltre a dialogare tra loro, diffondono «conoscenze certe dal valore sicuro» “dialogando” direttamente e assiduamente con “dio”.
Ai nuovi “Teo/filosofi”, divulgatori della parola e del verbo “amare” di "dio", sono dati i compiti di approfondire ciò che l’arte ha rappresentato e di verificare ciò che la fisica sperimenta.

La neonata filosofia dialettica oggettiva, madre della futura filosofia della scienza, riscontra la sua origine nell’arte reale, che ha condiviso le scoperte della scienza fisica: la madre ENERGIA (E = m x e2) e l’unificato SPAZIOTEMPO. Essa non è una filosofia ma, è la filosofia definitiva condivisibile ed esprimibile da tutti.


La filosofia dialettica oggettiva, rappresentata da "dio" ed espressa dall’uomo, si pone all'apice del pensiero occidentale. Essa, semplificata dalla rappresentazione, deve considerarsi come la concezione filosofica e teologica definitiva rispetto alla quale sono possibili soltanto chiarimenti specifici e non può essere superata da un nuovo PENSIERO, perché non si può immaginare un’ENERGIA alternativa e uno SPAZIOTEMPO diverso da quello che rappresenta "dio", noi e il nostro universo.

È evidente, soltanto conoscendo "dio" padre nostro e dell’universo, la sua “filosofia”, i liberi principi fisici della libera rappresentazione fisica e dell’espressione umana, la dialettica etica/estetica del buon governo estrapolata dalla polarità di "dio", che si può portare a compimento quel puro atto d’“amore assoluto” e vivere nel Sommo Bene, mentre non si può fare altrettanto con altri principi decretati dalla nostra ignoranza.


Senza mezzi termini, la filosofia dialettica oggettiva non è suscettibile di nuovi sviluppi né di contrapposti pensieri giacché è espressamente dedotta e verificata dagli opposti spaziotemporali, futuro e passato, che rappresentano "dio". Essa, infatti, è un "sistema razionale chiuso " irradiante nei principi riscontrati nello stesso "dio" cioè nell’infinito che si rappresenta in modo finito; perciò la filosofia dialettica oggettiva, è anche un "sistema aperto" infinito espresso dal creativo finito uomo reale del terzo millennio.

La filosofia dialettica oggettiva, che concilia definitivamente i due infiniti finiti della natura e della mente, "dio" e l’uomo, chiude il percorso rappresentativo della rivelazione artistica iniziato quattromila anni fa e completa La Conoscenza Generale della Natura con la quale le invisibili “idee assolute” dell’Energia (“dio”) convertite in “idee pure” del Pensiero (Dio), risplendono, attraverso l’uomo reale, nella luce dell’immensamente grande dell’universo e liberamente proseguono il loro cammino diventando visibili, belle e seducenti per la famiglia, per la comunità civile e religiosa e per Lo Stato provvidente.

Affinché l’"amore assoluto" o “idea pura” dell’Energia ("dio") e l’Amore puro o idea pura del Pensiero (Dio), diventino protagonisti diretti della storia, deve manifestarsi nell’Io Assoluto, nella vita etica ed estetica del dinamico e operoso uomo reale, il quale fondendo il soggetto (l’Io dall’Amore puro del Pensiero) e l’oggetto (l’“amore assoluto” dell'Energia), realizza il vero Paradiso: Lo Stato provvidente, Sommo Bene.

L’uomo reale, dopo aver conosciuto visivamente "dio", trascende culturalmente il divenire apparente e, risalendo al terzo e ultimo livello dell’“amore assoluto” quello primigenio e indifferenziato de La conoscenza priva di paradossi, gioisce nel suo Paradiso fonte universale di ispirazioni pratiche di vita, condivisibili da tutti perché verificate dalla rappresentazione lo stesso "dio".

Il saggio uomo reale, dopo aver riconosciuto nei particolari visibili della natura, l’universale “amore assoluto” di “dio”, non si contrappone al finito apparente trascurandolo, ma è lo stesso finito apparente che è osservato come prezioso universale; si testimonia così la pienezza dialettica rappresentativa ed espressiva che fonde i due finiti/infiniti, “dio” e l’uomo il quale, finalmente, esprimendo con la ragione l’Io dall’Amore puro e assoluto scioglie il finito nell'infinito senza perderne i confini.


“L’idealismo di "dio" e Dio è dentro di me e il realismo de Lo Stato provvidente è fuori di me”.

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Mi auguro che l’esposizione della trattazione sia chiara; sono certo della sua coerenza perché i suoi contenuti derivano esclusivamente dalla sperimentazione grafica delle entità naturali ENERGIA, SPAZIO e TEMPO che tradotte in PENSIERO, PAROLA e VERBO non cambiano significato.

Su questa verità assoluta invito tutti a interagire con La Dottrina, attenendosi al Principio dell’esatta conoscenza (PENSIERO = ENERGIA) scaturito dall’unico "dio":

Tesi - Per l’esatta conoscenza tutte le espressioni del PENSIERO devono coincidere con la rappresentazione dell’increato "dio" dell’ENERGIA, sorgente originaria di ogni rappresentazione e conoscenza.

Consegue che:

Antitesi - Se la PAROLA e il VERBO di un concetto non riscontrano la loro rappresentazione SPAZIOTEMPORALE in "dio", il concetto stesso è inammissibile: può esistere soltanto nella mente irrazionale dell’uomo.

In sintesi:

Sintesi - Per l’esatta conoscenza ogni spaziotempo rappresentato ha la sua espressione lessicale viceversa ogni espressione lessicale ha il suo spaziotempo rappresentato.

Questo principio spiana il percorso della trascendenza culturale che porta l’uomo a personificare Dio e a vivere in armonia, spensieratamente libero e felice nella sua moltitudine. Inoltre questa Dottrina da cui è scaturita la filosofia dialettica oggettiva, rappresentata da "dio" ed espressa dall'uomo, verifica, integra e unifica le verità intuitive espresse: dalle religioni del credo con la fede nell'unico Dio (Cattolica, Ebraica, Islamica), dalle filosofie orientali (induista, buddista, cinese) e da tutta la filosofia dialettica soggettiva antica, moderna e contemporanea priva di rappresentazione, cosicché questa Dottrina è da ritenersi la madre di tutte le filosofie e religioni.

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Questa Dottrina è priva di note bibliografiche per tre motivi:


Primo motivo: le conoscenze filosofiche, teologiche e fisiche di base per questa specifica ricerca rappresentativa fanno parte delle conoscenze acquisite, consolidate che ogni individuo apprende in età adolescenziale e con la scolarizzazione; mentre le conoscenze artistiche e la loro evoluziome derivano direttamente dall’esperienza dell’autore.


Secondo motivo: per conoscere "dio" e l’uomo si è percorso «la via del buon senso» sperimentando con la rappresentazione unicamente le Entità certe esistenti in natura ENERGIA, SPAZIO e TEMPO.
La verifica dei concetti riportati nella Dottrina è data dalla loro stessa rappresentazione poiché:
“Se i concetti si riscontrano nella rappresentazione dello spaziotempo assoluto o polare di "dio", essi sono veri, razionali; se non si riscontrano nella rappresentazione dello spaziotempo polare o assoluto di "dio" essi non sono veri, sono irrazionali: inammissibili”.


Terzo motivo: “ La Dottrina della ragione” non può essere supportata da filosofi attuali o del passato, appartenenti alla tradizionale filosofia dialettica soggettiva (arte di ragionare non supportata dalla rappresentazione) il loro PENSIERO espresso con la PAROLA e il VERBO è indeterminato, perché non supportato dal “pensiero” rappresentativo di "dio" configurato dall’ENERGIASPAZIOTEMPO. Invece questo insegnamento è determinato perché supportato dalla neonata filosofia dialettica oggettiva che è l’arte di ragionare, riflettendo sulla rappresentazione polare di "dio".


In conclusione è la filosofia dialettica oggettiva che potrà verificare la filosofia dialettica soggettiva per recuperare le verità già dette e passate inosservate.

La filosofia dialettica oggettiva pone "dio" al vertice del vocabolario e tutti i termini espressivi e rappresentativi della natura ben distinti e relazionati riscontrano in esso la loro sorgente comune; infatti, il termine unico Energiaspaziotempo che rappresenta "dio", pur scindendosi nella moltitudine dei termini del nostro nuovo dizionario non cambia il significato espresso (Energia = movimento), rappresentato (spazio = quantità) e testimoniato (tempo = qualità). Da adesso in poi c’è soltanto un autore “architetto e artista”, “fisico”, “filosofo” e “teologo” primordiale che non è necessario mettere in nota per giustificare le nostre dissertazioni perché esso è "dio": il nostro amico fedele, “ispiratore e verificatore” diretto.

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Autore

Raffaele Baglivi, da studente di Architettura presso l’Università “La Sapienza” di Roma, inizia una ricerca per rendere visibile l’invisibile spaziotempo della natura; i risultati conseguiti diventano oggetto della tesi teorica titolata “Viaggio nello spaziotempo della natura” con la quale si laurea.

Architetto e artista, coniuga la sua attività professionale con la ricerca, sperimentando rappresentativamente lo spaziotempo in tutti i suoi aspetti fisici, filosofici e teologici.

Numerose le opere artistiche e architettoniche attraverso le quali verifica la ricerca raccolta nell’inedito La “suprema ricerca” dell’Arte, in parte pubblicata nel volume Lo scrigno della Conoscenza assoluta (Congedo Editore 2010).

Nel 2012, con l’inedito “l’Arte scopre l’Invisibile“ e nel 2013, con l’inedito “La dottrina della ragione” la ricerca sfocia nel progetto ambizioso de “Lo Stato provvidente” che vede protagonista l’uomo reale del terzo millennio giustiziere dei peccati e diretto protagonista della storia.

Con “Lo Stato provvidente” l’architetto rende reale il fine teologico della ricerca artistica e, con la divulgazione dei siti www.ladottrinadellaragione.it, www.lafilosofiadellanatura.it e www.filosofiaesteticaapplicata.it, rende pratico il suo impegno sociale, ravvisando il Nuovo umanesimo e la Nuova Evangelizzazione della quale si ha estrema necessità.

Dopo aver dato soluzione all’indeterminazione creativa e ai paradossi della Conoscenza e dell’esistenza umana, l’architetto artista sta preparando una mostra pittorica sull’invisibile. In questa mostra le vie della conoscenza, l’arte, la fisica, la filosofia, la teologia e l’architettura si fondono insieme in un itinerario pieno di emozioni, sensazioni e sentimenti, raccontate con la parola e il verbo di "dio": amare.